A tu per tu – Riccardo intervista Riccardo

Venerdì 6 marzo 2020 è stato pubblicato da Seahorse Recordings “Siamo soli, io e te”, l’album d’esordio di Riccardo Bonsanto, giovane cantautore eporediese.

Un disco che vede la partecipazione di musicisti di fama nazionale come Maurizio Brunod, uno tra i più noti chitarristi del panorama jazzistico e d’avanguardia italiano, e musicisti di fama internazionale come il Maestro Gidon Kremer e la violoncellista Giedre Dirvanauskaitė.
L’intera produzione di “Siamo soli, io e te” è stata curata da Matteo Tradardi.
Inoltre, da martedì 17 marzo, è disponibile su YouTube il video ufficiale del singolo “Non rimane che poesia”.
https://www.youtube.com/watch?v=t-5kEn45NaQ

L’idea di questa autointervista si è palesata in me ancor prima della quarantena forzata. Per cui no, non sto diventando matto e no, non ho un amico immaginario con cui discutere.
Il principale motivo è l’evidenza, alla luce del sole, del non aver fuori dalla mia porta la fila di giornalisti pronti a intervistarmi. Colpa del #iorestoacasa direte voi (e in effetti l’autocertificazione non allude tra gli stati di necessità al “sto andando a intervistare Riccardo Bonsanto”); ma neanche la casella di posta, ad oggi, pullula di richieste.
Detto ciò, ringalluzzito e ringalluzziti da questa farcitura di premesse, vi auguro una buona lettura. Amen.

Possiamo iniziare?
Assolutamente sì! Mi raccomando, domande semplici.

Bene, partiamo dall’ABC. Nome e cognome?
È un’intervista o un interrogatorio?

Cinquanta e cinquanta.
Ok, l’importante è di esserne a conoscenza fin da subito.
Secondo quanto mi dice il documento d’identità, nome: Riccardo Bonsanto.

Età?
Ahimè… 26!

Ahimè?
Sì, ma non perché io sia scontento dell’età che ho, ma mi spaventa il tempo che avanza inesorabile. Hai presente quella sensazione che provi quando sei in spiaggia e provi a chiudere in un pugno una manciata di sabbia? Ecco cosa provo. L’altro ieri avevo 20 anni e non mi facevo così tante domande sulla digestione o sulla regolarità del sonno. Sono diventato intollerante al “forever young”, e a tutti quelli che dicono che l’importante sia sentirsi giovani dentro, mi imbarazzano terribilmente! La gioventù, come per i protagonisti della Bohème di Henry Murger, è una stagione della vita che passa e svanisce per sempre.
È paradossale… non temo la morte, ma il fluire del tempo sì.

Beh, profondo come pensiero… Attualmente dove vivi?
In condominio. Pian terreno. Mi piacerebbe assai vivere a Parigi, possibilmente in un micro alloggetto con l’indispensabile, vista Tour Eiffel; ma visti i costi, ad oggi, rischierei di avere un monolocale all’aperto direttamente sulla Senna. Sotto un ponte.

Passiamo alle cose serie.
Non aspettavo altro. Contanti o carta di credito?

Venerdì 6 marzo è uscito il tuo primo disco di inediti intitolato “Siamo soli, io e te”. Parlacene.
Mi auguro, parlandone, di sbanalizzare le domande che finora mi hai posto. (ride).
Esatto! Il 6 marzo è finalmente, o per qualcuno purtroppo, uscito questo album per me molto importante. Un lungo cammino in cui ho raccolto nove canzoni, le quali mi hanno accompagnato fedelmente in questi anni passati a suonare in giro.

Il titolo ha un significato particolare? Vorrei che ci spiegassi anche della virgola che separa i due periodi.
La punteggiatura ha per me un ruolo molto importante, l’ho compreso e interiorizzato nel tempo inciampandoci sopra. Anche i testi delle canzoni, in fase di stesura li costello di virgole e punti. Molti autori di testi non lo fanno. Ma i silenzi, le pause… hanno musicalità… Non trovi? Il classico esempio è quello della nonna. «Vado a mangiare, nonna» anziché «Vado a mangiare nonna». La differenza ti fa passare da nipote gentile a cannibale…
Per quanto riguarda il titolo, ha sì un significato particolare e come direbbero gli anglosassoni “multitasking”; l’essere soli in questo caso ha diversi punti prospettici: io e te guardandomi allo specchio, o io e te guardandoti negli occhi?

Nel pieno dell’allerta coronavirus la solitudine può ritornare a essere un tema importante?
Non ne ho idea se sia o meno un tema importante, oggi. Il brano Siamo soli, io e te lo scrissi circa quattro anni fa e Dissipatio H.G. invece, circa due…
Era un tema che mi toccava particolarmente, ma non perché io soffra a sentirmi solo; io cerco e difendo la mia solitudine e spingo le persone con cui ho a che fare a ritagliarsi quanto più tempo riescano a sopportare per stare con loro stessi. Non sono un credente, ma ammiro quei religiosi momenti di raccoglimento. La religione è servita a indirizzare, a spiegare, a far tornare le persone a interiorizzarsi… ma ormai non ne sono più in grado. Questo mondo moderno ti prosciuga ogni briciola di pensiero. Dio è morto, asseriva Nietzsche.

Dissipatio H.G. non sapevo cosa fosse o cosa volesse dire. Ho scoperto essere un romanzo che, a suo modo, ha anche avuto buon successo.
Dissipatio Humani Generis è un capolavoro letterario! E Guido Morselli, credo abbia patito le pene dell’inferno a non aver raggiunto la notorietà che meritava. Ho letto il suo diario… una persona molto sensibile ma arguta. E infatti ha fatto la fine che ha fatto. Inghiottito da questa cieca e sorda società senza scrupoli. Figurarsi oggigiorno, dove il valore di ogni cosa va in base alle stellette delle recensioni, ai likes o agli stream; tutti indici tra l’altro dopabili da siti che previo pagamento svolgono la mansione truffaldina. Siamo sorretti dal nulla più assoluto.

E in questo frangente mi sembra di capire che ti senti un po’ il Guido Morselli della musica, o sbaglio?
Da un punto di vista sì, e da un punto di vista no. Non ho la presunzione di credermi a un livello tale. Sicuramente, arrivarci vicino, è un obiettivo che mi pongo. Ci sono giornate in cui il senso di frustrazione è paragonabile al suo stato d’animo. Ho in mente stampata una sua citazione “Tutto è inutile. Ho lavorato senza mai un risultato; ho oziato, la mia vita si è svolta nella identica maniera. Ho pregato, non ho ottenuto nulla; ho bestemmiato, non ho ottenuto nulla”.

Mi sorprendi. Alterni tematiche importanti, discorsi seri a un’ironia talvolta pungente, talvolta frivola.
Colpa di Woody Allen.

Mi sembra di capire, quindi, che la tua passione si muove dalla musica alla letteratura, fino ad arrivare al cinema. Qualche altra passione?
Ultimamente sono attratto dalla pittura e dalla cucina. Il problema è che quando m’intestardisco su di un preciso argomento finisco a comprarmi sfilze di libri. A scuola sono stato uno studente svogliato, mi sono ritrovato studioso finiti i giorni scolastici. L’erudizione fa più per me… Poi non so perché, ma ho da sempre sofferto di questo spirito anarcoide. Pensavo con gli anni si affievolisse, e invece…

Ho trovato molto interessante il libretto del disco, dove avete scattato le fotografie?
Al magazzino di mio padre. Il luogo era perfetto per il senso che volevo trasparisse. Una desolazione tra ferro arrugginito e vecchi oggetti in disuso destinati allo smaltimento. Il grande merito va ad Alessandro Franzetti, un fotografo a parer mio eccezionale. Un artista nel vero senso della parola. Non lo direi non lo pensassi veramente. Il meglio lo tira fuori quando ha carta bianca, ha una visione unica! In alcuni momenti, forse, sono stato troppo invadente per via delle mie esigenze, ma abbiamo raggiunto ottimi risultati! E mi auguro sia ancora disponibile in futuro a collaborare! Si è creata una sana amicizia.

Mi viene da dire che anche il video di “Non rimane che poesia” sia stato girato nello stesso magazzino. Di chi è stata l’idea?
Esatto. Squadra che vince non si cambia. L’idea è interamente mia, ma frizionata dal lavoro dei giovanissimi Gabriele Stefanelli e Filippo Cimadamore. Avevo tutto chiaro, scritto su carta. Loro hanno saputo dare quel tono di freschezza adatta al 2020. Il giorno in cui abbiamo girato ci siamo divertiti come matti. Tutti i figuranti, persone a me care, hanno contribuito oltre che al video, a una giornata spassosa.

Cosa si prova ad avere un Maestro del calibro di Gidon Kremer nel disco?
Un sogno. Nel vero senso della parola. E si sa, nell’universo onirico tutto può succedere.

Quali sono le prossime novità?
Il futuro è una carta coperta. (ride)

Ultimissima domanda e ti congedo, cosa pensi della musica attuale?
Faccio valere il mio diritto all’astensione. Ti concedo una domanda bonus!

Vada per il bonus! In dieci parole convinci i lettori ad ascoltare il tuo disco!
Lettori cari, supportate questo disco affinché il prossimo sia migliore!

Grazie Riccardo! Ciao.
Ciao!

Siamo soli, io e te è disponibile su tutte le principali piattaforme streaming (Spotify, Itunes, Deezer, YouTube ecc…), inoltre è possibile acquistare la copia fisica durante i concerti o facendo richiesta a: [email protected]
Siamo soli, io e te
Arrangiamenti di Maurizio Brunod
Enrico Caruso adding production, mix e master
Registrato presso Il Pollaio di Piergiorgio Miotto (Ronco Biellese)
Un progetto Musicarte di Matteo Tradardi
Riccardo Bonsanto, voce
Maurizio Brunod, chitarre di Aldo Illotta e Mirko Borghino,amplificatori Artesound ed effetti Fattoria Mendoza
Marco Bellafiore, contrabbasso
Massimo Marino, fisarmonica
Piergiorgio Miotto, tromba
Un ringraziamento speciale al Maestro Gidon Kremer e alla violoncellista Giedre Dirvanauskaite per la straordinaria partecipazione in Arawak, dedicata ad Alfredo.