Abitare il Sogno della Grande Azienda: una giornata speciale nel quartiere Bellavista

Sabato 26 settembre il quartiere Bellavista è stato teatro di un evento off del Festival dell’Architettura dal titolo “Abitare il Sogno della Grande Azienda”, organizzato dall’Archivio Storico Olivetti, con la collaborazione dell’associazione Bellavista Viva.
La giornata è iniziata con una passeggiata nel quartiere a cura degli architetti Daniele Boltri e Enrico Papa, aperta a tutta la cittadinanza ed è proseguita nel pomeriggio con una serie di interventi davvero interessanti. Ha aperto il pomeriggio Fabio Stella, studente in Pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistico-ambientale, coadiuvato dall’architetto Luca Lazzarin e dalla professoressa di Sociologia del Territorio Silvia Crivello, presentando le interviste ai proprietari di case olivettiane progettate dall’ UCCD (Ufficio Consulenza Case Dipendenti), frutto del suo tirocinio formativo. Un progetto a cura dell’Associazione Archivio Storico Olivetti in collaborazione con il Dipartimento Inter-ateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio del Politecnico di Torino. Nei mesi di giugno e luglio un campione di proprietari e/o inquilini di 27 case ubicate nelle zone di Monte Ferrando, San Grato e Crist, sono stati invitati a partecipare ad una intervista che prevedeva una griglia di domande volte a ricostruire “i profili degli abitanti per analizzare la domanda abitativa da loro espressa nel passato, indagando quel dialogo tra committenti e progettisti della fabbrica Olivetti, che certamente ha riversato dentro il progetto significati, obiettivi, bisogni e desideri, idee e risultati concreti diversificati, rispetto alle istanze di partenza”. L’intervista era divisa in quattro parti: biografia dell’abitazione, caratteri urbanistici e architettonici dell’abitazione, una parte socio-piscologica sul rapporto tra valore dell’edificio e interazione col quartiere e un’ultima parte sul rapporto con la città attuale. I dati elaborati diventeranno la tesi di laurea di Fabio Stella e magari, chissà, anche qualcos’altro. Si sta già pensando di andare avanti includendo altre abitazioni oltre a quelle i cui proprietari non erano disponibili al momento delle interviste.
Il pomeriggio è proseguito con un intervento del professor Alessandro Portelli dell’Università La Sapienza di Roma su “Fonti orali e territorio: per una memoria che guarda al futuro”. Il professor Portelli, docente di letteratura americana è da sempre appassionato di raccolta di storie da fonti orali e ha scritto moltissimi testi che indagano il rapporto tra memoria, racconto e testimonianza in questo tipo di fonte. Il suo discorso ha impreziosito una giornata già assai ricca, grazie anche alla sua notevole simpatia. In particolare ha offerto uno spunto di riflessione sulla differenza fra racconto e testimonianza (narrare di sé o riportare ciò che si è visto, detto in molta sintesi) e sull’importanza di non lasciarsi guidare da percorsi eccessivamente strutturati e rigidi, a favore invece di un approccio più svincolato e libero di seguire l’interlocutore.
A fine pomeriggio l’inaugurazione della mostra di fotografie alle case Olivetti del fotografo Paolo Mazzo, già autore delle foto contenute nel libro Le case Olivetti a Ivrea, di Carlo Olmo, Patrizia Bonifazio e Luca Lazzarini, edizioni Il Mulino, presentato ad Ivrea nel gennaio 2019, ora esposte davanti al centro civico di Bellavista in Piazza I Maggio.
Vivendo io, da inquilina, in una delle case olivettiane in questione ho avuto la fortuna di poter partecipare direttamente a questo progetto di interviste, quindi è stato per me particolarmente coinvolgente vederlo finalmente raccontato al pubblico. E come membro del Laboratorio di Drammaturgia “Ritratti al Futuro”, condotto dall’attrice e drammaturga Laura Curino, ho anche avuto l’ulteriore piacere di poter concludere la giornata rappresentando, accompagnata alla fisarmonica dal maestro Massimo Marino, il mio racconto Papillons – centrato sulla figura dell’Architetto Emilio Tarpino, direttore dell’UCCD tra la fine degli anni ’40 e la fine degli anni ‘60.
Una giornata intensa, partecipata e un progetto che vuole andare avanti, estendersi e farsi sempre più vivo e vitale. Per la città, da poco insignita del titolo di Patrimonio Unesco dell’Umanità per le sue architetture industriali del XX secolo, credo che l’aver coinvolto la cittadinanza nel racconto attivo di ciò che quelle architetture, non solo industriali, hanno significato e continuano a significare, sia una mossa davvero intelligente, in grado di poter rendere attuale e condivisa ancora oggi quell’esperienza, evitando che venga relegata in un museo di cimeli impolverati a cui guardare con sterile nostalgia.

 

Lisa Gino