Aristofane tra il Peloponneso e la Grande Guerra

La Pace di Aristofane tra la pace di Nicia a quella di Versailles, dal 421 a.c. al 1919 d.c.

Martedì 30 ottobre, al Teatro Giacosa di Ivrea, in occasione del centenario del termine della prima guerra mondiale nel 1918, ufficializzata in seguito con la firma del trattato di Versailles (1919, che avrebbe dovuto sancire ed assicurare la pace futura), i ragazzi della compagnia teatrale del liceo Carlo Botta, Le voci di Dioniso, hanno portato sul palco la commedia ‘’La Pace’’ diretta da Tommaso Massimo Rotella, resa contemporanea dal professore di lettere Matteo Giacone.
La commedia greca originale di Aristofane viene messa in scena nel 421 a.C. in occasione della dichiarata pace di Nicia; una rappresentazione all’insegna della tranquillità e speranza futura. Stanco della belligeranza il contadino Trigeo, a cavallo di un enorme scarafaggio, vola in cielo per interrogare gli dei sulla grande guerra che da dieci anni devasta la Grecia, con lo scopo di liberare la Pace, rinchiusa dietro pesanti battenti. La imprigionarono gli uomini, con la crudeltà, egoismo, egocentrismo, prese di posizioni non giustificate; l’uomo contro l’uomo, e gli uomini stessi dovranno salvarla. Tuttavia al suo arrivo Trigeo non viene accolto dagli dei, essi infatti, adirati con l’umanità, decisero di voltar loro le spalle. Ad attenderlo sono Ermes, il portinaio posto di guardia alla Pace, e Polemos, dio della guerra deciso a radere al suolo tutte le città greche guerrafondaie. Corrompendo in seguito il guardiano con doni e promesse irrealizzabili, Trigeo riesce nel suo intento e, recuperando la chiave necessaria, schiude le porte alla tanto attesa Pace, e libertà. Il protagonista ottiene addirittura la mano di Opora, dea del raccolto, come pegno per impegnarsi ad evitare il ripetersi della guerra. E’ la fine del commercio per i produttori di armi, corazze, elmi, che indignati protestano.
Nello spettacolo vero e proprio la commedia greca viene rappresentata in classe da alunni nel 1915 che, trovandosi decimati di giorno in giorno, decidono di inscenarla al fine di manifestare la loro vicinanza ai compagni chiamati a combattere al fronte all’insegna del servizio militare obbligatorio. Oggi i ragazzi assenti all’appello delle lezioni sono cinque; la loro storia viene narrata al pubblico da essi stessi, seguiti dalla comparsa di crocifissi, eretti uno ad uno sul palcoscenico, accompagnati da un canto melanconico: morti nel fiore dei vent’anni. E’ la storia di Filippo, nato il 7 maggio 1897; sognava una vita tranquilla dopo gli studi, accanto all’amore che avrebbe incontrato. Morto a ventun’anni al suo primo attacco sulle doline del Carso. Gli alunni richiamati erano Conterio Giuseppe, Pastore Carlo, Piea Lorenzo, Rasario Mario e Robatto Filippo (resi noti grazie all’excursus nell’archivio storico del Liceo Botta).
Storie accadute, persone vissute; drammatica quotidianità passata intervallata dalla comicità che tuttavia lascia in bocca allo spettatore un gusto amaro per la veridicità e contemporaneità degli avvenimenti rappresentati con cotanta ilarità e simpatia. Eppure è davvero storia passata? Milioni di uomini non muoiono ogni giorno nella guerre in corso? La Corea del nord e gli Stati Uniti non sono forse sull’orlo di una guerra? O è già in corso? L’Ucraina e la Russia non stanno forse combattendo la Guerra del Donbass? Nelle Filippine il gruppo terroristico Maute, affiliato all’Isis, non ha forse dichiarato la città di Marawi territorio dello stato islamico? In Mali, e in altri ventotto Paesi africani, non stanno forse accadendo scontri tra esercito e gruppi ribelli? La guerra non sarà in Occidente, per ora, ma di certo fiorisce ogni giorno nel mondo.
Lo spettacolo termina in un crescendo di voci e musica da far rabbrividire il pubblico in sala. Entrando uno ad uno sul palcoscenico, gli attori pronunciano ognuno una frase riguardante il panorama mondiale odierno: ‘Ad oggi nel mondo sono circa settanta gli stati coinvolti nelle guerre’, ‘Le nazioni che possono dirsi davvero in condizioni pacifiche sono all’incirca venti’, ‘Muoiono quotidianamente nel mondo quindici mila bambini’, ‘I decessi provocati dalla prima guerra mondiale ammontano a diciotto milioni di persone’, ‘Gli italiani deceduti durante la grande guerra furono un milione e cinquecento mila’.
Le parole ripetute in una litania incessante, accompagnate dalla musica in crescendo, creano un’atmosfera soffocante, si è sopraffatti dall’improvvisa realizzazione di quanto accaduto, e quanto ancora sta accadendo. E si riflette; quanta fortuna abbiamo noi, tutti noi, nati e vissuti sotto condizioni pacifiche, a cui magari neanche importa che le abitazioni, e le scuole, e gli ospedali di gente come noi vengano abbattuti dai radar nemici.
Una scena sola della rappresentazione mi colpì in particolare, seppur insignificante a primo impatto; vede protagonista una giovane cantora chiamata per celebrare le nozze di Trigeo e Opora. Alla richiesta di intonare una ballata con protagonista la Pace ella non riesce. Alle lamentele dei neosposi risponde “Ho sempre cantato di guerra, alla pace non sono abituata”.

Annalisa Mecchia