Carcere di Ivrea: attivarsi subito per una reale e partecipata relazione città-carcere

Una nuova lettera nella quale 37 detenuti denunciano tre tentativi di impiccagione e diversi atti di autolesionismo e chiedono che il loro «grido di aiuto venga ascoltato da qualcuno»

«Tre tentativi di impiccagione negli ultimi venti giorni», diversi «fatti di autolesionismo gravi per cercare in tutti i modi di essere trasferiti» sono denunciati in una lettera inviata a infoaut.org (pubblicata il 20 febbraio scorso) da “37 detenuti di diverse nazionalità del carcere di Ivrea”. Detenuti che, in apertura della lettera (qui il testo integrale), «vogliono cercare di far capire le condizioni di vita in cui siamo costretti a sottostare, premettendo che è giusto pagare i propri errori, ma non è giusto perdere la propria dignità, essere neutralizzati e non poter accedere a nessun programma riabilitativo». E concludono chiedendo «un serio e imminente intervento, ma questa volta con prospettive di sviluppo, e non con restrizioni a causa della segnalazione fornita», ringraziando infoaut.org (il sito che, con la pubblicazione di una lettera firmata di due detenuti, ha fatto emergere la vicenda del pestaggio del 25 ottobre scorso nella Casa Circondariale di Ivrea) per l’impegno e «sperando che il nostro grido di aiuto venga ascoltato da qualcuno».
Le condizioni interne al carcere eporediese, se si esclude la chiusura delle celle usate per le “punizioni” (la “liscia” e “l’acquario”) disposta dal DAP [Dipartimento Amministrazione Penitenziaria ndr], sembrano non vedere alcun significativo miglioramento, nonostante le visite di parlamentari, consiglieri regionali, garanti (nazionale e piemontese) per i diritti dei detenuti, degli ispettori del DAP , nonostante le relazioni negative, l’interrogazione parlamentare, la risposta del ministero, l’incontro dei responsabili con la commissione comunale di Ivrea.
Ed è proprio dal Comune di Ivrea, quanto meno perché si tratta (come riconoscono sempre, a parole, amministrazione Della Pepa e consiglio comunale) della situazione di un quartiere della città, che ci si aspetterebbe una più forte e chiara iniziativa.
Perché è vero che, nell’ambito del progetto “via d’uscita” c’è un recente “protocollo d’intesa fra il Comune e la Casa Circondariale di Ivrea per lo svolgimento di attività volontarie e gratuite di pubblica utilità di legatoria e restauro libri e documenti presso la Biblioteca Civica di Ivrea” che consentirebbe ad alcuni semiliberi o in”art. 21” di svolgere lavori socialmente utili.
Ed è vero che la Regione Piemonte ha attivato i “Buoni per Servizi al Lavoro” per “favorire l’inserimento occupazionale di disoccupati e soggetti svantaggiati e, fra questi, persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, compresi i condannati in condizione di detenzione a non più di sei mesi dalla fine della pena o ammesse a misure alternative di detenzione e al lavoro esterno”.
E c’è anche una risposta del DAP (che ipotizza di “dotare l’Istituto di una efficiente Sala regia”) alla richiesta dei Garanti dei detenuti del Piemonte «di un efficiente e capillare sistema di video-sorveglianza, anche al fine di dare base concreta all’attivazione della “sorveglianza dinamica”» nel carcere di Ivrea.
Ma ciò che non si manifesta, e neppure si intravede, è l’assunzione del problema da parte del Comune e, più in generale, della comunità eporediese.
La questione è semplice: il carcere di Ivrea è diventato per i detenuti uno dei peggiori d’Italia. Un fatto accertato e suffragato da ormai diverse e indiscutibili relazioni e testimonianze. Ma non si avverte per questo né uno scatto di orgoglio per la tradizione civile della città, né di indignazione (quanto meno per il veder vanificato il lavoro fatto in tanti anni nella città), né segnali di vicinanza e di sensibilità per la condizione dei detenuti.
E non è stato un bel segnale, nella seduta del consiglio comunale del 13 febbraio scorso, il rinvio (seppur per questioni di tempo dedicato) della discussione della mozione sul carcere (che aveva per oggetto “Non è giustificabile che il carcere di Ivrea sia definito ‘uno dei peggiori di tutta Italia’”, (qui il testo integrale della mozione) presentata dai consiglieri Alberto Tognoli (della Lista dei Cittadini) e Francesco Comotto (di Viviamo Ivrea) per impegnare “il Sindaco e la Giunta: – ad attivarsi immediatamente presso tutte le Istituzioni competenti al fine di affrontare e risolvere nei tempi più solleciti le emergenze che coinvolgono tutti coloro che vivono nella Casa Circondariale; – a riattivare un canale di comunicazione con l’Amministrazione Penitenziaria programmando nel tempo visite periodiche da parte dei Consiglieri Comunali e degli Assessori”.
Il degrado delle condizioni del carcere eporediese oggi può ancora essere fermato. Ma è subito necessaria grande attenzione a ciò che avviene dentro le mura del carcere e alla dignità di tutti i detenuti e, insieme, lo sviluppo di vecchie e nuove iniziative che consentano un rapporto città-carcere continuativo, reale ed efficace. Altrimenti non stupiamoci se poi il carcere restituisce, con la sua recidiva al 70%, solo altro carcere.

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