Carcere Ivrea: cosa succede in corso Vercelli 165?

Ne parliamo con il garante comunale dei detenuti che sottolinea l’importanza della annunciata «apertura di una capiente “sezione semiliberi” e la sfida delle istituzioni e della comunità locale è di riempirla»

carcere_ivreaDopo le proteste di metà ottobre dei detenuti e il pestaggio di alcuni di loro il 25 ottobre (portato alla luce da lettere firmate di altri reclusi) e tutto ciò che ne è seguito (visita della consigliera regionale Frediani, volantinaggio e presidio dei centri sociali il 5 e il 13 novembre, qualche articolo in evidenza sui giornali, la scoperta che ben 13 denunce sono depositate in Procura a Ivrea per casi di casi di maltrattamenti di detenuti, l’ispezione disposta dal ministero sull’istituto eporediese), anche il Comune di Ivrea si è occupato di cosa accade nella Casa Circondariale di Ivrea.
Lo ha fatto con la Commissione Consiliare Servizi Sociali, convocata dalla sua presidente Erna Restivo, che si è riunita il 24 novembre con la partecipazione di consiglieri comunali, del garante dei diritti dei detenuti, dei rappresentanti di associazioni (Volontari penitenziari e Antigone), della direttrice, del responsabile delle attività educative, del comandante e ben quattro ispettori della polizia penitenziaria del carcere di Ivrea.
Importante per confermare l’attenzione della città al suo carcere, la riunione della commissione consiliare è stata anche l’occasione per rifare il punto sulle iniziative e i progetti del territorio che si propongono di offrire una prospettiva e un futuro alle persone detenute. Altrimenti la storia è già scritta: chi esce ritorna presto in carcere per nuovi reati (il 67% è l’attuale percentuale della “recidiva”).
Questo è il senso dei cantieri per lavori di manutenzione del Comune di Ivrea (avviati a luglio scorso si concluderanno il prossimo gennaio) con due detenuti del carcere eporediese. Come pure dei progetti, quale “Liberi di Lavorare” della Fondazione Ruffini (finanziato da Fondazione CRT), partito nell’aprile scorso,che realizza sei tirocini che si concluderanno nell’aprile 2017. Poi il progetto “Via d’uscita” (finanziato da Compagnia San Paolo) per il quale sono al lavoro due mediatori culturali nel carcere di Ivrea e già attivi due laboratori (uno sulla comunicazione ed un altro di cucina), mentre è in attesa di firma la convenzione per lavoro di pubblica utilità (rilegatura presso la biblioteca di Ivrea).
Anche il Comune di Borgiallo ha presentato un progetto di cantiere intercomunale che prevede l’inserimento di quattro persone a tempo parziale per un anno (per un totale di 260 giornate lavorative).
A facilitare l’inserimento sociale dei detenuti che hanno i requisiti per accedere al lavoro esterno, la notizia, giunta nella commissione consiliare, dell’apertura (attesa da anni) di una capiente sezione interna al carcere destinata proprio a chi durante il giorno esce per attività lavorative o di volontariato.
Intanto proseguono i contatti e le iniziative [il 9 dicembre un incontro al Castellazzo Assediato, vedi comunicato nella pagina ndr] dei Centri Sociali per rompere non lasciare soli detenuti e familiari del carcere eporediese
Degli sviluppi delle vicende di questi ultimi due mesi e della situazione attuale nel carcere di Ivrea, parliamo con Armando Michelizza, “Garante Comunale per i diritti delle persone private della libertà personale” di Ivrea
Come vanno le cose in Corso Vercelli 165?
Vanno che tre delle persone detenute che avevano partecipato alle proteste ricavandone lividi e contusioni sono state trasferite in altre carceri del Piemonte.
Loro e quelli rimasti a Ivrea sono stati tutti sentiti, più volte, dai garanti comunale e/o regionale.
Una componente dell’Ufficio Garante nazionale, l’avv. Emilia Rossi, ha incontrato il 22 novembre le persone detenute rimaste a Ivrea nonché la Direttrice e il Comandante, ispezionati i locali dove sono avvenuti gli scontri e dove erano ancora evidenti danneg¬giamenti e tracce di sangue.
La visita della Garante Nazionale è anche dovuta alla richiesta del Ministro Orlando di avere una relazione da parte del Garante Nazionale, in aggiunta a quella disposta dall’Amministrazione Peniten¬ziaria. Il Ministro deve ancora rispondere alla interpellanza della parlamentare Anna Rossomando.
Su “Il Risveglio Popolare” i volontari della Associazione Tino Beiletti hanno scritto: “(…) sappiamo che la violenza è il codice privilegiato della protesta e della repressione. I detenuti sono regolarmente soggetti a pressioni di ogni tipo, e le molte carenze dei servizi interni generano un malessere costante, che facilmente sfocia in atti violenti. Inoltre sono presenti in carcere persone con patologie mentali, con gravi disturbi dovuti all’uso di sostanze, che non dovrebbero stare in carcere ma in strutture sanitarie adeguate, a volte non è possibile instaurare un dialogo. Però la maggior parte di questi atti quotidiani sono lesioni su sé stessi, e questo purtroppo non fa notizia: restano dentro le mura del carcere. Sovente ci sentiamo impotenti di fronte a questa situazione”.
Proprio così. La violenza quotidiana, spesso su sé stessi non fa notizia. Può essere che le cose scritte nella ormai “famosa lettera” uscita dal carcere non siano esattamente rispondenti alla realtà, ma in due relazioni annuali al Consiglio Comunale avevo scritto di aver raccolto racconti di maltrattamenti e, in un caso, di aver segnalato alla Procura della Repubblica il racconto fattomi.
Sì, sembra che se non “si va sui giornali” la cosa non esista. E’ il ruolo positivo della stampa? Si, in attesa di una stampa più attenta.
La Commissione Servizi Sociali del Consiglio Comunale di Ivrea si è riunita il 24 novembre convocando, oltre ovviamente lei quale Garante comunale, anche la Direzione del carcere, rappresentanti dell’Associazione Volontari Penitenziari e di Antigone. Cosa ne è emerso?
E’ una commissione sempre molto attenta alla vita del “quartiere carcere”: ha realizzato l’incontro in carcere, nel novembre 2014, di Sindaco, Assessore e consiglieri comunali con una delegazione di persone detenute; ha portato due volte il Consiglio Comunale a discutere e prendere posizione su indirizzi ed eventi della nostra Casa Circondariale.
Ha registrato anche insuccessi, come quando non ha potuto ripetere l’incontro in carcere che pur aveva riscosso interesse e apprezzamento da parte di tutti, per una incomprensibile resistenza della Direzione. Ciò ricordato, si può valutare positivamente l’incontro. Intanto per una partecipazione mai così numerosa della “componente carcere”: direttrice, educatori al completo (purtroppo sono solo 3) comandante e quattro ispettori.
Segno che il Consiglio Comunale comincia ad essere considerato una possibile risorsa?
Credo proprio di sì. Nel merito vi è stato l’importante, e tanto atteso annuncio, che metà di un piano sarà adibito a persone “lavoranti” all’esterno.
Cosa significa?
Per i “non addetti ai lavori” occorre una spiegazione per valutare la cosa. La cosiddetta “sezione semiliberi”, ovvero “quelli che vanno fuori al mattino e rientrano la sera” perché fanno qualcosa fuori (lavoro, studio, volontariato) deve essere separata dalle altre sezioni. E’ una sezione a parte.
Il carcere di Ivrea (come molti altri) era stato progettato (fine anni ’70) senza prevedere la “sezione semiliberi”: a che serve? devono aver pensato, in galera si sta!
In tutti questi anni si è andati avanti con “soluzioni” di emergenza ricavando sette o otto posti nelle condizioni più difficili. Negli anni ’80 si era persino pensato a una sistemazione in città, ricavando dei locali in edifici “normali”. Ipotesi abbandonata quando si capì che si trattava, stando alle prescrizioni dell’amministrazione penitenziaria di allora, di costruire un minicarcere per la notte.
Ora, finalmente, si dice: una parte significativa trenta/quaranta posti (un quinto della capienza normale) del carcere sarà dedicato a persone che potranno vivere la giornata fuori.
Addirittura sproporzionato rispetto ai sei semiliberi attuali.
Al momento sì, ma non è cosa di poco conto. E’ una sfida, come ha giustamente rilevato l’Assessore Vino: diamoci il traguardo di arrivare a riempire la sezione semiliberi entro un anno e mezzo o due. Partiamo da sei/sette semiliberi (seppur in questi anni non siamo mai andati oltre le dieci persone) e arrivarci vuol dire modificare molto la stessa idea di carcere e di sicurezza. Come si dice “la quantità, a un certo punto, fa anche qualità”. Si modifica la condizione di chi ancora non è semilibero, ma i numeri gli possono far sperare che, prima di uscire, possa toccare anche a lui. Può sperare di uscire non “condannato” a rientrare presto, e questo cambia la vita già adesso e non solo in prospettiva. Vincere la sfida di avere quaranta persone che escono tutti i giorni a far qualcosa di utile invece di star lì a magonare (accupare in gergo) si può fare se tanta parte delle istituzioni e della comunità locale ci crede ed è disponibile. Un grande lavoro da fare.

a cura di ƒz

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