Comdata. La difficile organizzazione del lavoro.

Non si è ancora stabilizzata la situazione in Comdata. Diversi i disagi e le preoccupazioni tra chi sta lavorando in sede, da casa e chi è stato messo in Fis.

A tre settimane dalla riapertura della sede di Ivrea di Comdata, dopo la forzata chiusura per l’obbligo di sanificare gli uffici a causa della positività al Sars-cov2 di alcuni dipendenti, l’organizzazione del lavoro non è ancora consolidata e crea non pochi disagi e preoccupazioni fra i lavoratori.

Numeri e criteri

I dati aggiornati ad oggi riportano che su un  totale di 1061 i dipendenti che lavorano da casa sono 673 con la previsione di inserimento a breve di ulteriori 23 lavoratori. Mentre sono 160 quelli che stanno lavorando in sede. Sommando i due numeri però non si raggiunge la piena occupazione della sede, ma già si sapeva, infatti l’azienda aveva comunicato nelle settimane scorse che a causa del calo dei volumi per la pandemia c’era lavoro solo per 760 sui 1061 totali. Praticamente siamo di fronte a più di 200 esuberi, non dichiarati esplicitamente, ma di fatto.

Il dato positivo è che il numero dei dipendenti che hanno ripreso il lavoro, chi da remoto chi in sede è aumentato, e anche una nuova commessa che dovrebbe coinvolgere 60 lavoratori, ma sono ancora in tanti in Fis a zero ore. I lavoratori lamentano anche poca trasparenza sui criteri di assegnazione del lavoro da remoto. Vi sono infatti lavoratori con i requisiti tecnici per poter lavorare da remoto (buona connessione e computer adeguato) che hanno dato la propria disponibilità da più di un mese ma che sono ancora in attesa di una risposta (nonostante i solleciti) e quindi al momento sono in Fis. Altri lavoratori hanno dato la disponibilità ma non hanno tutti i requisiti tecnici, hanno quindi chiesto all’azienda di metterli nelle condizioni di lavorare da casa. E’ stata chiesta anche la rotazione fra i lavoratori per alternare lavoro da casa e in sede, ma pare che le risorse aziendali (computer e chiavette per collegarsi alla rete) siano finite e la rotazione in sede richiederebbe la disponibilità di maggiori spazi (oltre alle postazioni a scacchiera, queste sono oggi utilizzate da un solo operatore, mentre pre-virus la stessa postazione veniva usata da operatori diversi, a seconda dei turni, solo la cuffia è personale).

Lavoro a distanza e controllo a distanza

Anche sulla riduzione dei volumi di lavoro, e conseguenti esuberi, vi sono delle perplessità da parte dei lavoratori. A fronte della dichiarazione di Comdata di lavoro sufficiente solo per tre quarti dei dipendenti, viene per contro chiesto a diversi lavoratori di fare straordinario (naturalmente non retribuito, con il Fis attivo non sarebbe possibile, ma come ore da recuperare).
E’ chiaro che per l’azienda è meglio far lavorare di più chi è già operativo piuttosto che “riattivare” altri lavoratori. Inoltre più basso è il numero più facile il controllo sulle prestazioni dei lavoratori. Controllo che Comdata annuncia “candidamente” ai dipendenti in una lettera datata 16 aprile: “a partire dai prossimi giorni vi daremo la possibilità di poter prendere visione dei vostri target e delle vostre performance quantitative e qualitative”. Una bella frase che pone in positivo (“vi daremo la possibilità”) un fatto negativo e non permesso dalla legge, cioè il controllo individuale. L’azienda può infatti registrare i dati di produzione solo aggregati per gruppi di almeno 6 persone. “Riscontriamo con disappunto le ultime scelte unilaterali da parte di Comdata. Il modo di operare dell’ Azienda è diventato la diffusione di comunicati senza avviare discussioni con i rappresentanti dei Lavoratori“, lamentano le Rsu. E nello stesso giorno le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom emettono un comunicato dove si legge: ”Diffidiamo l’Azienda dal procedere con tali modalità sul tema della privacy e del controllo individuale, in caso contrario attiveremo immediatamente tutti gli strumenti di legge previsti ed invitiamo il management a rivedere celermente i modelli relazionali e comunicativi. Comdata è una delle poche aziende con cui non si è riusciti a fare un accordo quadro sull’utilizzo dell’ammortizzatore sociale e si è particolarmente distinta nella vicenda del FIS usato per sovrascrivere le malattie”. Comdata intanto procede come da suoi programmi, occorrerà più di un comunicato per bloccare comportamenti aziendali irregolari.

L’Inps chiarisce “chi era in malattia non può essere messo in Fis”

Il comunicato delle segreterie delle Tlc evidenzia anche un altro punto che ha caratterizzato il comportamento di Comdata in tutte le sedi italiane in questo frangente. L’azienda ha messo in Fis il personale che era in malattia alla data di apertura dell’ammortizzatore sociale. L’Inps su sollecitazione della Slc-Cgil della Campania ha però chiarito in una nota ufficiale che l’ammortizzatore sociale per l’emergenza Covid-19 non può essere retroattivo nel caso dei lavoratori in malattia. Viene confermato quindi, come sostenevano i sindacati, che l’azienda non poteva estendere retroattivamente l’ammortizzatore sociale anche a tutti quei lavoratori che dal 9 al 23 marzo erano in malattia procurando loro un danno salariale (la malattia è retribuita al 100%, mentre il Fis copre al massimo l’80% dello stipendio). Anche a Ivrea ci sono stati casi di lavoratori con la malattia in corso e partita prima del 9 marzo che si sono visti mettere in Fis. A Ivrea attendono il pronunciamento dell’Inps regionale, ma il giudizio non potrà essere diverso: Comdata deve fare marcia indietro.

Cosa accadrà dal il 10 maggio?

Anche dopo l’odierna conference call fra azienda ed Rsu i lavoratori non hanno alcuna visibilità su cosa li attende dopo il 9 maggio, data di scadenza del Fis richiesto il 23 marzo con effetto retroattivo dal 9 marzo per nove settimane. I dipendenti sospesi dal lavoro rientreranno in sede con tutti i dovuti dispositivi (pare che ad oggi manchino ancora le mascherine), con gli spazi giusti (scrivanie a scacchiera) e tutte le accortezze necessarie per lavorare in assoluta sicurezza? O lavoreranno tutti da remoto? Al momento pur mancando meno di tre settimane i lavoratori non lo sanno, ma l’opzione più probabile è che il Fis venga prorogato. Diventa sempre più importante garantire la rotazione dei lavoratori in Fis e massimizzare il lavoro da remoto, punto in cui Comdata ha già dimostrato in passato non essere favorevole, occorre per questo una azione serrata delle organizzazioni sindacali. I lavoratori hanno infatti due priorità: la prima, irrinunciabile, è quella della garanzia di non ammalarsi e subito dopo, la garanzia del reddito pieno.

Cadigia Perini