E a morire non riuscirò mai

Dicessi che Fausto Mesolella non è più tra noi commetterei un grosso errore. Dicessi che è morto commetterei un parziale errore. Quel che posso forse dire è che Fausto Mesolella ha chiuso gli occhi e non li ha più riaperti.
Il chitarrista nato a Caserta il 17 febbraio del 1953, se n’è andato colpito da un malore.
Tra le tantissime collaborazioni a cui rese il dono della sua musica, io lo conobbi per quella con Alessandro Mannarino, cantautore che Fausto tanto ammirava e glorificava, dimostrandosi a volte chitarrista turnista, a volte padre, nonno, fratello, insegnante ma soprattutto amico.
In uno straziante messaggio d’addio postato su Facebook, Alessandro mostra a tutti quanto fossero legati oltre il rapporto professionale che li univa sul palco.
E la vita, per i curiosi, riserva sempre sorprese nuove. E la vita è ‘na catena, riecheggia nella mia testa. E la vita è bella perché ad ogni fine corrisponde ogniqualvolta un inizio. Come le stagioni, i fiori, gli amori ed i libri.
La scomparsa (quanto meno a livello anagrafico) di Fausto ha suscitato in me una ricerca che, come una porta che ne apre un’altra, e che ne apre un’altra, che ne apre un’altra, mi ha condotto a Stefano Benni. Ed ecco la fine di qualcosa, qualcuno, che mi conduce ad un nuovo inizio.
Stavo ascoltando una canzone dal titolo “Quello che non voglio”, cantata e suonata da Fausto alla trasmissione Roxy Bar dell’amico storico Red Ronnie. E dico “Acciderboli! Allora, oltre a suonare benissimo, scriveva anche benissimo! Questa canzone è stupenda. Potrebbe averla scritta tranquillamente De Andrè. È inspiegabilmente nel suo stile!!!”. Spulciando su internet, vengo poi a scoprire che la canzone era stata scritta sì per De Andrè, ma da Stefano Benni, poeta nostrano (tra l’altro molto prolifico sotto ogni punto di vista). E dico “Wow!”. E scopro che Mesolella ha pubblicato un disco dal nome “Canto Stefano” in cui canta le poesie di Stefano. “Wow!” una seconda volta.
Non c’è arte più nobile che congiungere la bellezza in un punto comune di collisione. La musica di Fausto che si abbraccia alla poesia di Stefano è UNO SPETTACOLO che non necessita di una mia personale omelia a prefazione nel dovervela spiegare.
A voi posteri l’ardua sentenza.

-Quello che non voglio (Stefano Benni)-
Io non voglio morir cantante
Se al buon sonno del padrone
Servirà la mia canzone
A gola storta voglio cantare
Ringhio di porco e romanze nere
Voglio svegliarvi col fiato ansante
Io non voglio morir cantante

Io non voglio morire poeta
Di ogni passione sceglier la dieta
Gioie, amorini e dolori piccini
Da imbalsamare dentro il rimario
Della giuria al valor letterario
Coda di sangue ha la mia cometa
Io non voglio morir poeta

Io non voglio morir artista
Accucciato come un vecchio cane
Sotto il trono del re di danari
Tra leccaculi e cortigiane
Che alle mie rughe voglion rubare
Fiori di gelo, dolore e fame
Li accechi il fuoco della mia vista
Io non voglio morire artista

Io non voglio morire attore
Dentro allo schermo di un paradiso
Crocefisso a un finto sorriso
Di morti in ghingheri e ribelli servili
Re dello schermo, generale dei vili
Ti sto davanti e voi belle signore
Guardate la scena dove gli mangio il cuore
Perché non voglio morire attore

E io non voglio morire libero
Se i begli alberi del mio giardino
Annaffia il sangue del mio vicino
Meglio la peste che l’ipocrita danza
Di vostra santa beneficenza
Chiudete la cella lasciatemi stare
Di libertà vostra non voglio morire

Io non voglio far altro che vivere
Tra una corda e l’altra saltando
Dentro la cassa di una viola da gamba
Voglio ascoltare le voci di fuori
Ringhio di porco voce di dama
Tamburo indio amore che chiama
E voci spezzate di cento popoli
Che dalla mia terra non voglio scacciare
Io voglio vivere, non ho altro da fare

Io non voglio che mi ricordiate
Nel trionfo, ma nella mia sera
Nelle cose che dissi tremando
In ciò che suonai con paura
Povere genti che ai menestrelli credete
Dimenticarvi di me non potrete
E io di voi scordarmi non posso
Dentro un tramonto feroce e rosso
Dentro un cielo di sangue e vino
Ascoltate come sembra il primo
L’ultimo accordo che io imparai
Io non voglio, non voglio morire
E a morire non riuscirò mai

Dicessi che Fausto Mesolella non è più tra noi commetterei un grosso errore. E infatti, non lo dico.

Riccardo Bonsanto