Ivrea ricorda le vittime dell’immigrazione. Cittadini presenti. Amministrazione non pervenuta.

Ricorre oggi la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Ad Ivrea le iniziative dell’Osservatorio Migranti e delle associazioni aderenti alla rete “Non in mio nome” sono state anticipate al 1 ottobre. Buona la partecipazione di cittadine e cittadini. Assente l’amministrazione comunale.

La “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione” è stata istituita con la legge 45 del 2016. Nel primo articolo recita “La Repubblica riconosce il giorno 3 ottobre quale Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, al fine di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria” e segue all’art. 2 “In occasione della Giornata nazionale sono organizzati in tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all’integrazione e all’accoglienza. In occasione della Giornata nazionale le istituzioni della Repubblica, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono apposite iniziative, nelle scuole di ogni ordine e grado, anche in coordinamento con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore, al fine di sensibilizzare e di formare i giovani sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza.
Ma nonostante i dettami di legge e quelli morali … quest’anno non è stato possibile per l’Osservatorio Migranti entrare nelle scuole primarie e secondarie per “sensibilizzare e formare i giovani sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza” questo aspetto educativo, infatti, non è considerato una priorità per la neo-assessora leghista all’istruzione di Ivrea. Occorre dire che l’amministrazione eporediese tutta ha brillato per la sua assenza. Nemmeno il sindaco si è visto, nonostante più volte abbia dichiarato la sua apertura al tema dell’accoglienza. La partecipazione di cittadine e cittadini è stata invece buona a partire dalla presenza in piazza Nazionale dove ha avuto inizio la manifestazione con letture diverse fino all’Oratorio San Giuseppe dove ci sono state le testimonianze di migranti ospiti nell’eporediese e di operatrici di Medici Senza Frontiere.

Ha aperto la manifestazione in piazza Ferruccio Nazionale Armando Michelizza dell’Osservatorio Migranti, ricordando le motivazioni della scelta del 3 ottobre per questa giornata della memoria. Il 3 ottobre del 2013 un’imbarcazione carica di migranti in maggioranza eritrei, è affondata a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa. Si è trattato del naufragio più grave accertato in termini di perdite di vite umane: 368 morti, altri venti presunti, 155 superstiti, di cui 41 bambini.  Michelizza ha voluto poi ricordare anche le vittime delle migrazioni italiane del secolo scorso e di fine ottocento, ricordare i nostri nonni, bisnonni, trisavoli che andarono per il mondo a cercare condizioni sopportabili di vita per sé, per i figli, per chi lasciavano a casa. Ricordare che anche gli italiani sono stati migranti e vittime della migrazione.

Vittime delle migrazioni italiane

24 agosto 1880Piroscafo italiano “Ortigia”. Affonda al largo della costa argentina per speronamento accidentale con un mercantile, 149 morti.
Nel 1884, sulla nave italiana “Brazzo” con 1333 passeggeri a bordo, scoppia il colera. Venne respinta a cannonate a Montevideo.
Nel 1888 sulla nave italiana “Carlo Raggio” con 1851 emigranti italiani, ci saranno 18 vittime per fame.
17 marzo 1891Bastimento inglese “Utopia”, partito da Trieste con scalo a Napoli. Urta contro una corazzata nello stretto di Gibilterra e affonda: 576 vittime, in prevalenza italiani provenienti da Campania, Abruzzo e Calabria.
4 luglio 1898Nave francese “Bourgogne” affondata al largo della Nuova Scozia 549 morti, per lo più emigranti italiani.
4 agosto 1906Piroscafo italiano “Sirio” affondato davanti a Capo Palos (Spagna). Vittime stimate 293, in gran parte italiani, ma la cifra è incerta perché erano molti i clandestini a bordo, per lo più emigrati italiani senza documenti.
25 ottobre 1927Piroscafo italiano “Principessa Mafalda”, affondato ad 80 miglia dalla costa del Brasile: 314 morti secondo le autorità fasciste italiane del tempo, 657 secondo dati riportati dai giornali sudamericani, tutti italiani, per lo più piemontesi, liguri e veneti. Fu ricordato come il Titanic italiano.
E siamo stati migranti clandestini anche nel dopoguerra …
In Val d’Isère, ad esempio, per raggiungere Bourg-Saint-Maurice, nel settembre 1946 arrivavano in media 300 clandestini al giorno, con punte di più di 500 migranti.
In Val di Susa il Comune di Giaglione dovette chiedere aiuto alla prefettura di Torino non avendo più risorse per seppellire quanti morivano nel disperato tentativo di valicare le Alpi.
Nel 1948 il «Bollettino quindicinale dell’emigrazione» scriveva che quotidianamente in quel luogo passavano illegalmente in Francia «molto più di cento emigranti» e «due o tre al mese, almeno», secondo un rapporto di un agente del Servizio di informazioni militare, non ce la facevano. Cambiano gli anni, cambiano le nazionalità, ma le storie sono le stesse.

Andrea Gaudino di Acmos ha ricordato invece le vittime del caporalato in Italia nella sola estate 2018, con nomi e cognomi, età e nazionalità, perché non rimangano solo numeri “astratti”: Soumaila Sacko, Mali 29 anni, Anxela Mecani, Albania 20 anni, Amadou Balde, Guinea 23 anni, Ceeay Aladje, Gambia 20 anni, Moussa Kande, Gambia 27 anni, sconosciuto … Joseph Isaac Ismel Awuku, Ghana 24 anni, Ebere Ujunwa, Nigeria 21 anni, Bafoudi Cammara, Guinea 22 anni, Alagie Ceesay, Gambia 24 anni, Alasanna Darboe, Gambia 28 anni, Eric Kwarteng, Ghana 32 anni, Romanus Mbeke, Nigeria 28 anni, Dioumana Djire, Mali 36 anni, Lhassan Goultaine, Marocco 39 anni, Anane Kwase, Ghana 34 anni, Moussa Toure, Mali 21 anni, Lahcen Haddouch, Marocco 41 anni.

Le testimonianze

Dopo la lettura della poesia “L’ora. Dal profondo del mediterraneo” tratta da “La nonviolenza è in cammino” di Peppe Sini del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, declamata da Pierangelo Monti, del MIR-MN Piemonte e Valle d’Aosta, e del discorso di Sir Thomas More di William Skakespeare in difesa dei migranti, letto da Cadigia Perini, della rete NON IN MIO NOME, è partito il corteo silenzioso fino all’oratorio San Giuseppe dove abbiamo ascoltato le toccanti testimonianze di tre ragazzi africani arrivati in Italia dopo aver attraversato prima il deserto e poi il mediterraneo in un viaggio fatto di paure, maltrattamenti fisici e psichici.

Ragazzi che hanno lasciato il loro paese alla legittima ricerca di un futuro, non solo migliore, ma anche semplicemente di un futuro. Come nel loro pieno diritto sancito anche dalla Dichiarazione Universali dei Diritti Umani, art. 13 “1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.” E che nel suo preambolo recita “il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo“. Le successive testimonianze delle operatrici di Medici senza frontiere hanno confermato, se mai ce ne fosse bisogno, le condizioni di costrizione e prostrazione nelle quali sono costretti i migranti buttati nel Mediterraneo da loro soccorsi. E accanto ai racconti drammatici del recupero in mare, con la dolorosa scelta di dover salvare per primi non i più gravi ma coloro che hanno speranza di sopravvivere, le operatrici di MSF hanno voluto rimarcare più volte che tutte le Ong, come loro, operano in mare seguendo strettamente ed unicamente gli ordini della Guardia Costiera, questo per respingere le becere accuse di presunti profitti e interessi particolari di queste organizzazioni umanitarie.

L’incontro è terminato con la testimonianza di una famiglia siriana accolta a Ivrea dalla parrocchia del Sacro Cuore del Borghetto con il progetto “Corridoi umanitari – Mediterranean Hope” promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), insieme alla Tavola Valdese e alla Comunità di Sant’Egidio. Un progetto che dimostra la possibilità di un’accoglienza umana. I Corridoi umanitari hanno infatti l’obiettivo di evitare i viaggi della morte e le conseguenti tragedie in mare; contrastare il business dei trafficanti di esseri umani; concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, donne sole, malati, persone con disabilità) un ingresso regolare nel nostro paese.

Se i migranti hanno avuto vita difficile, sono stati rifiutati e maltrattati nei secoli scorsi, già ai tempi di Shakespeare … e oggi siamo allo stesso punto, vuol dire che non c’è speranza di civile convinvenza e reciproco scambio fra esseri umani provenienti da paesi diversi se vi è la povertà di mezzo? Vuol dire che è innato nell’umanità un primitivo egoismo che né cultura né conoscenza riescono a sconfiggere?
Noi che eravamo in piazza lunedì, che eravamo in piazza a fine agosto, in più di 400, che abbiamo firmato in più di 300 una lettera aperta al sindaco Sertoli perché Ivrea rimanga città di accoglienza, pensiamo di no. E sempre ci impegneremo per sconfiggere quel “privimitivo egoismo” che fa aver paura degli ultimi anziché dei primi in testa che realmente mettono a rischio il nostro ben-essere.

c.p.