I bambini al tempo del Coronavirus

Ludovico, Letizia, la scuola finita per finta e i pigiama party

Sono Chiara e sono mamma di due splendide creature di 13 anni e 11 che frequentano la seconda media e la quinta elementare. Sono sposata e di mestiere faccio l’insegnante di inglese presso una scuola media di Ivrea. Mi piace cantare e faccio parte di un coro.
Beh, ai nostri figli non si è reso necessario spiegare la questione Coronavirus perché, essendo grandi e seguendo con noi tutti giorni i telegiornali, ne erano perfettamente al corrente. la loro prima reazione è stata: “ la scuola è finitaaaaaaaaaa!!!”. Per cui dopo è stato difficile spiegare loro che, con la didattica a distanza, sarebbero ritornati la scuola e tutti gli impegni.
I ragazzi sono preoccupati di non tornare più a scuola e di non poter più vedere I loro amici. Sentono anche la mancanza dei nonni, ma cerchiamo, tramite videochiamate, di diminuire questa distanza.
Mi chiedi cosa manca loro… domanda difficile. In realtà I miei figli sono molto fortunati: intanto sono fratelli quindi si fanno compagnia tutti i giorni, giocano, litigano, condividono la scrivania, guardano Riverdale assieme. Poi però ci sono dei momenti tristi in cui pensano ai loro amici e soffrono perché non li possono vedere tutti I giorni. Sicuramente qualcosa è cambiato nel loro sentire, nel loro comportamento dal primo giorno a oggi. Intanto hanno la consapevolezza che devono fare i conti con la presenza costante l’uno dell’altra e dei genitori e condividere spazi, pranzi e cene e momenti di svago. Nello stesso tempo si sentono in vacanza ed è difficile riportarli al quotidiano impegno scolastico.
La sveglia suona presto per mio marito e per me, facciamo colazione e cominciamo a programmare il lavoro. I ragazzi hanno la sveglia puntata per le 8:30/9 (cerchiamo di dare una parvenza di giorno normale della settimana). Fanno colazione e poi cominciano con le lezioni online o con lo svolgimento dei compiti.
Pranziamo tutti assieme verso le 13, usciamo in cortile a giocare a palla o semplicemente a respirare e a prendere il sole. Dopodiché mio marito e io torniamo al lavoro. I ragazzi stanno ancora una mezz’ora fuori poi di nuovo anche loro al lavoro.
Alle ore 1830 è previsto un aperitivo in cortile con I vicini di casa, gli altri vicini sono tutti fuori in balcone o a distanza di sicurezza nel cortile. A volte cantiamo accompagnati dal suono di due chitarre, altre volte chiacchieriamo. Poi si comincia a preparare cena. Videochiamata con I nonni, un film assieme e poi tutti a nanna.
Se chiediamo loro quale sarà la prima cosa che vorrebbero fare “dopo” Ludovico vorrebbe organizzare un pigiama party e giocare ai videogiochi con I suoi amici, mentre Letizia vorrebbe organizzare un pranzo con gli amici e poi vorrebbe andare al parco a divertirsi. Purtroppo non è riuscita ad avere la festa di compleanno con I suoi amici e questo la sta facendo soffrire parecchio.
Io vorrei uscire ed incontrare tutti I miei amici e poi … vorrei incontrare la mia famiglia che vive lontano, e vorrei cantare a squarciagola con le mie amiche balenghe (il coro Voix Qui Dansent, n.d.r.) e con il coro del Quincy, vorrei rivedere I miei studenti e ridere con loro, vorrei prendere il caffè con le mie colleghe, insomma, vorrei ritornare alla normalità!
Mio marito vorrebbe preparare lo zaino e partire per un viaggio in montagna, dormire in tenda e fare lunghe escursioni. Di sicuro quello che manca è la normalità, lo scambio di saluti davanti alla scuola, i caffè con le amiche, la spesa nel negozietto vicino alla scuola, le giornate a scuola fra studenti e colleghi, i pomeriggi al parco, il gelato seduti sulla panchina, le passeggiate sul lungo Dora, le scampagnate, i giri in bici, i pranzi e le cene con gli amici, le prove del coro dove canto, I concerti, l’uscire di casa quando si vuole!
Ma questa quarantena ci ha permesso di riallacciare rapporti che sembravano perduti. Personalmente ho rivisto (sebbene solo via Skype) vecchie compagne di università, vecchi amici di scuola, amici che vivono in altre parti del mondo. E ho conosciuto I vicini di casa, persone squisite con le quali c’erano prima solo saluti cordiali e freddi, ora invece gli aperitivi serali ci hanno restituito quella umanità che sembrava impossibile. Quindi benvenuta quarantena, ma spero tu finisca presto!
Chiara

Beatrice, le focaccelle e la conquista del cartone (animato)

Mi chiamo Marta, ho 35 anni e una bimba di quasi 7 anni.
Partiamo col dire che mi ritengo molto fortunata perché nel nostro stesso cortile abitano mia mamma con suo marito e le mie sorelle quindicenni, il che rende le giornate più varie per entrambe. Anzi, direi per tutti. Credo molto nello spazio altrui, però, per cui non ci “invadiamo” da mattina a sera.
La mattina è nostra: la dedichiamo ad un lento risveglio, senza orari imposti da nessuno, coccole e libri. Colazione, nelle giornate di bel tempo, rigorosamente in giardino, così come il pranzo. Avendo più tempo del solito ci siamo lanciate con qualche preparazione speciale insieme, come i pancake, le focaccelle cotte in padella, la granola.
Beatrice è in prima primaria, per cui c’è anche il momento dedicato ai compiti, che lei preferisce fare prima di pranzo. Qui noto un calo dell’interesse. Sicuramente la perdita della quotidianità con i compagni e le maestre si fa sentire e il mio coinvolgimento è appena sufficiente come stimolo. Ma si fa, con calma e con le dovute pause.
Il pranzo lo facciamo con il resto della famiglia e il pomeriggio è un mix di giochi di vario genere e tipo: dalle Barbie alla settimana (o campana che dir si voglia), dai giochi di società al salto della corda. Mi sono arresa anche al cartone quotidiano, cosa che prima non accadeva, ma ritengo che alcune idee, in questo momento, possano essere decisamente riviste. Cerco soprattutto di fare in modo che scarichi un po’ dell’energia accumulata, con giochi di movimento e qualche esercizio di ginnastica con me.
La giornata la concludiamo nello stesso modo in cui la iniziamo: la lettura di una storia e le coccole.
Tutto sommato, comunque, sembra non accusare lo stress più di tanto e penso che molto sia dovuto anche al suo carattere per cui è sempre stata bene a casa, circondata dalla sua famiglia, dalle sue certezze.
Io sto patendo molto di più, invece. Mi mancano molto la mia vita sociale, il mio compagno e il mio lavoro, ma ringrazio di avere lei che mi dà la forza di reagire e di tentare di concentrarmi sul presente, senza troppe proiezioni future, come ci insegnano tutti i bambini.
Marta Calvetto

Francesca, la cucina e il nonno

Mia figlia Francesca ha sei anni e quest’anno ha iniziato la prima elementare.
Alla fine delle vacanze di Carnevale suo papà e io le abbiamo detto che non sarebbe tornata a scuola perché, purtroppo, dalla Cina sono rientrate delle persone che hanno portato con loro un virus monello che si contagia con gli starnuti, e i colpi di tosse e con le mani. E quindi che per proteggerci dovevamo stare tutti a casa. “Quindi – ci ha chiesto – non possiamo neanche andare dai nonni?” e noi le abbiamo spiegato che non potevamo, perché sono anziani e per loro è molto pericoloso. Alla fine la reazione di Franci è stata positiva perché noi due non siamo più andati a lavorare e questo per lei ha voluto dire più tempo insieme.
Adesso non ne parla più quotidianamente e non ci sembra preoccupata. Ogni tanto manifesta la voglia di tornare a scuola, per le maestre soprattutto, che le piacciono molto.
Senza ombra di dubbio le manca molto la relazione con gli altri bimbi. Inizia ad annoiarsi, anche se grazie alla sua fantasia inventa giochi parlando ad alta voce da sola.
La giornata tipo ovviamente è cambiata. Al mattino facciamo colazione insieme e questa è una cosa che prima non succedeva mai. Poi pianifichiamo i compiti da svolgere durante la settimana e sperimentiamo nuove ricette di cucina insieme. Questo le piace tantissimo! E non essendo io una gran cuoca abbiamo scoperto insieme
che è un bellissimo gioco.
Se le chiedo quale sarà la prima cosa che vuole fare quando finirà questo periodo mi dice rivedere le maestre e le sue amiche storiche e… andare al Cimitero a vedere il nonno.
Ebbene sì, ha detto anche questo. Durante questa reclusione, purtroppo da prima di Carnevale, Francesca non ha più potuto vedere il nonno ammalato, se non per videochiamata. Le avevamo spiegato che il nonno non stava tanto bene, ma lei chiedeva di andarlo a trovare e purtroppo questo non è stato possibile. Quando purtroppo è venuto a mancare abbiamo trovato un modo per dirglielo, leggendole una filastrocca che parlasse della morte del nonno.
Lei ci ha ascoltato attentamente e si è resa conto di cosa era successo. Ci ha posto alcune domande, a cui noi abbiamo risposto sinceramente, portandole ad esempio la storia degli esseri viventi che avevamo studiato insieme la settimana prima come compito per la scuola. Lei ha capito e si è rifugiata in camera sua, cosa che non fa mai.
Dopo un po’ è tornata e in un pianto di dolore, diverso dagli altri pianti, ci ha abbracciati e abbiamo pianto insieme.
L’unica frase che ha detto è stata: ” ma io non ho salutato il nonno”.
Allora le abbiamo proposto di fare il disegno di come ricorda il nonno e una piccola letterina che il papà le ha promesso che il giorno dopo gli avrebbe portato. E lei l’ha fatta con il cuore.
Mina Frons