Il 14 dicembre se ne è andato Ricky Mantoan

Lui e il Branco Selvaggio, musicisti di un’epoca senza uguali

Ricky MantoanNon lo conoscevo personalmente né avevo mai avuto occasione di parlargli direttamente, però era un personaggio che mi ha sempre colpito. Mi piaceva, punto e basta.
Per me i musicisti sono marziani che sanno dominare gli strumenti traendone emozioni. Per i chitarristi poi ho sempre nutrito una sorta di venerazione. Senza intendermi di musica ho sempre amato i loro suoni, quelle dita che arpeggiano sulle corde, quelle dita che danzano, che pizzicano e fanno vibrare le note. Ho sempre amato la chitarra e ho sempre visto i chitarristi come dei viaggiatori capaci di portarci lontano nel mondo fascinoso della musica. La chitarra è un’icona che attraversa il tempo e chi la sa suonare è un cavaliere del palcoscenico. Noi sotto il palco, noi spettatori guardiamo all’insù, ascoltiamo, battiamo le mani, balliamo, partecipiamo ritmando con i piedi, accendendo un balenio di gioia negli occhi. Ai musicisti ho sempre detto grazie. Ci hanno regalato momenti indimenticabili, sono stati la colonna sonora della nostra gioventù. In più Ricky mi piaceva anche perché ha sempre portato i capelli lunghi, refrattario alla volubilità delle mode, fedele alla criniera come a una bandiera, come al segno inequivocabile di un’epoca che ci ha fatto veramente sognare.
Noi ragazzi del 68, l’epoca dove i fermenti musicali e i gruppi beat e rock producevano canzoni capolavoro di livello internazionale. C’erano i Beatles, in quegli anni, e i Rolling Stones e Bob Dylan e Woodstock e gli ideali giovanili che sembravano capaci di redimere il mondo e curarne le ferite. E qui da noi c’erano i complessi che l’onda beat aveva fatto nascere come funghi, c’erano i Rokes e L’Equipe 84 e poi, nella nostra dimensione di casa, nati in terra di provincia, c’erano i complessi che hanno scandito i nostri sabati e le nostre domeniche spensierate. E tra di questi c’era Ricky con gli MG e poi, più tardi, c’era Ricky con il Branco Selvaggio.
Sotto il palco di quelle esibizioni spesso c’ero anch’io. Le sale allora si riempivano nel contatto vivo tra pubblico e musicisti. Niente dj, ma chitarre e batterie e uomini con gli stivali a suonarle direttamente.
E’ stata una stagione lunga e felice. Io guardavo e ascoltavo e sognavo.
Soprattutto la musica del Branco Selvaggio mi piaceva tantissimo. Era la musica che la nostra generazione ha amato incondizionatamente. Io ero a Rueglio negli anni 70-80 e il Branco risaliva la Valchiusella per fare, ogni tanto, dei concerti nel nostro piccolo paese. Io li guardavo ammirato: erano il suono della California che attraversava l’oceano, erano il country che si faceva strada nell’anima, erano le canzoni che io volevo sentire e poi c’era anche quella chitarra elettrica, che sembrava un tavolino, dietro cui Ricky si sedeva infilando un dito in un cilindro di metallo e scorrendolo sulle corde. Immagini, canzoni, ricordi.
Quanti di noi, sotto quei palcoscenici hanno ballato, intrecciato flirt, vissuto gli stilemi di un’epoca irripetibile, quanti di noi si sono affezionati ai volti di questi nostri amici, a quei gesti che provenivano dal palco, quanti di noi hanno fantasticato sulla bellezza delle chitarre e dei loro suoni. Poi Ricky, naturalmente, ha fatto crescere sempre di più le sue passioni, suonando con i Byrds, scrivendo canzoni, facendo concerti importanti anche all’estero, sperimentando infine nuovi strumenti come l’arpa celtica e nuove sonorità. Recentemente aveva ottenuto un’ultima meritatissima consacrazione suonando con Zucchero. E’ diventato quello che, senza enfasi, potrebbe definirsi una rockstar. Senza enfasi, appunto, perché della rockstar di classe lui aveva soprattutto la modestia. Lo si capiva guardandolo, osservandolo mentre si muoveva. Quest’estate ero al concerto che il Branco ha tenuto qui a Ivrea, come serata di chiusura della manifestazione culturale che si tiene ogni anno in città. Avevo una telecamera in mano, non mia, una telecamera solo da provare e così avevo fatto qualche ripresa, tenendo fermo Ricky nell’inquadratura. Mentre filmavo ho maturato l’idea che mi sarebbe piaciuto girare un video proprio su di lui e sulla sua ricca storia e so che se, a breve, lo avessi interpellato mi avrebbe detto di sì, mettendomi subito a mio agio. Ho cullato questa idea per un po’ di tempo aspettando il momento opportuno per incontrarlo. Invece, quello che ho incontrato è stato il suo manifesto funebre.
Il suo nome appiccicato a un muro, un nome che è proprio il suo anche se tu non ci vuoi credere. Poi tutto è andato velocemente. C’è la data di un funerale e c’è il ritrovarsi di una folla di amici davanti al solco di una fossa. Davanti a quelle zolle rimosse, ci sono tanti di quei volti che ho ammirato da sotto il palco. Sono lì, inevitabilmente invecchiati e con i capelli grigi, grigi come il velo di nebbia che indugia all’intorno. Fa freddo, certo, e la terra bruna è molto umida, ma il colore dei ricordi è caldo e la musica di Ricky un regalo dolce dentro di me.

Pierangelo Scala

Il video del Branco Selvaggio a Ivrea Estate 2016

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Branco Selvaggio in concerto – Ivrea Estate 8/9/ 2016
Ricky Mantoan – Luciano Costa – Beppe D’Angelo – Dario Zara
Live concerto presso il Cortile del Museo di Ivrea 8 settembre 2016