Il “dopo Friday for future”: qual è la situazione delle acque eporediesi?

Le manifestazioni globali di piazza hanno richiamato l’attenzione sull’importanza dell’ambiente e dei cambiamenti climatici, ma l’impegno dev’essere quotidiano e anche locale. In questa direzione si muove la petizione di Legambiente per il Lago San Michele sottoscritta da quattrocento persone. Sul “Contratto di Fiume” e le centrali idroelettriche, infine, un ragionamento

In Italia il 2018 è stato l’anno più caldo mai registrato dal 1800, secondo i dati rilevati e analizzati dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR); il 15 marzo 2019 si è tenuta una delle più recenti e importanti manifestazioni di piazza globali sul tema del riscaldamento climatico; sono, infine, all’onor di cronoca quotidiana gli incendi che spuntano a macchia di leopardo in Valchiusella, a Cuorgné, Borgiallo e Santa Elisabetta a causa della siccità prolungata che ha interessato tutto il Piemonte.
Sia che si guardi al Pianeta Terra nel suo insieme o si aprano le pagine di qualunque giornale locale il tema ambientale sta diventando uno degli argomenti preponderanti e di maggior attenzione mediatica e politica, tanto da spingere il Partito Democratico del continente meno sostenibile del mondo (parliamo ovviamente del Nord America e, più in particolare, degli Stati Uniti d’America) a presentare una nuova agenda progressista già battezzata Green New Deal, un programma che prova a declinare una transizione radicale verso utilizzo di fonti rinnovabili di energia al 100% nel solco di investimenti che possano al contempo incidere sulla riduzione della diseguaglianza sociale.
Il tema ambientale è ampio, complesso, ma trasversale in quanto riguarda tutti e tocca alcuni tra gli interessi economici più potenti e produttori di conflitti per il controllo delle risorse (petrolio e gasdotti in primis).
Anche nel territorio canavesano la corsa ad accaparrarsi risorse naturali rischia di produrre (o nel migliore dei casi ad aggravare) danni al nostro ecosistema con conseguenze inimmaginabili per il nostro stile di vita e per l’ambiente. Per fare un esempio evidente e d’attualità, il cosiddetto “semaforo ecologico” ha già prodotto i suoi primi effetti a Ivrea: non passa settimana senza che venga annunciato un “blocco dei diesel” per evitare che il particolato di 90.000 veicoli che transitano quotidianamente nel capoluogo canavesano aggravi la qualità dell’aria che respiriamo.
Altrettanto importante, ma meno percepito come problema, riguarda invece la qualità delle acque del nostro territorio, sia per quanto riguarda il fiume Dora Baltea che i laghi eporediesi.

Un momento dell’edizione 2019 della Festa di Primavera

Più di 400 firme raccolte a sostegno della petizione per il Lago San Michele

«Come gruppo di cittadini chiediamo al Comune di Ivrea l’attivazione di un progetto di risanamento delle acque del Lago San Michele». Con queste parole comincia il testo della petizione che Legambiente ha presentato ai cittadini durante la partecipatissima Festa di Primavera al Parco della Polveriera di domenica 31 marzo (gli organizzatori hanno stimato dalle 2.500 alle 3.000 presenze); una petizione che è già stata sottoscritta da più di 400 persone e che Legambiente si farà ora carico di presentare al Consiglio Comunale d’Ivrea per ottenere un impiego da parte dell’amministrazione ad intervenire sul problema dei cianobatteri rossi. Il testo della petizione chiede che il Comune si attivi per sollecitare SMAT e ARPA all’adempimento dei loro doveri, sia per quanto riguarda il progetto di fognatura in Canton Gabriel sia l’aspetto del monitoraggio della qualità dell’acqua. La petizione chiede altresì «che si definisca una convenzione con la proprietà del lago per poter effettuare il monitoraggio e gli interventi di risanamento. Nel caso ciò non fosse possibile che si valuti la demanializzazione del Lago San Michele».
Il lago San Michele, infatti si trova nella paradossale condizione in cui il fondale risulterebbe appartenere ad un privato e l’acqua, in base alla legge Galli, sarebbe pubblica. Questa contraddizione fa sì che il Comune non possa intervenire direttamente, nemmeno per avviare un’opera di bonifica.

Il contratto di Fiume: il perpetuarsi di un equivoco

La situazione dei laghi eporediesi richiede attenzione da parte delle amministrazioni locali, ma è facile immaginare che questa non farà altro che crescere vista la recente ripresa dei lavori del protocollo d’intesa per la realizzazione di un “Parco dei 5 Laghi“, un progetto interrotosi durante la seconda giunta Della Pepa e rianimato dall’amministrazione Sertoli.
Ben più complicata e mediaticamente meno coperta è l’attenzione per lo stato di salute del fiume Dora Baltea. Le associazioni ambientaliste denunciano da anni lo stato di sfruttamento della principale risorsa idrica del territorio attraverso la costruzione di centrali idroelettriche. Da Quincinetto a Ivrea, nell’arco di circa 15 km di fiume, sarebbero almeno 7 le centrali in funzione e ne è in programma un’ottava a Quassolo appartenente alla società Edison. È da aggiungere, inoltre, il fatto che in alcuni tratti di fiume, soprattutto nelle zone in cui il corso viene deviato in canali artificiali, la portata della Dora scenda sino al “minimo critico”, al deflusso minimo vitale, ovvero il minimo stabilito per legge per impedire al fiume di prosciugarsi.
Proprio per porre un freno a questa “corsa all’oro blu” le associazioni ambientaliste in passato avevano cominciato a parlare dell’esigenza di un Contratto di Fiume, ovvero di un accordo tra i vari comuni che insistono sulla Dora Baltea per stabilire regole e parametri limite per la costruzione di centrali idroelettriche.
Nel settembre 2017, dopo un primo periodo d’incubazione e sperimentazione durato dal 2007 al 2013, viene presentato in Canavese il progetto Eau Concert 2, nato dalla collaborazione tra Francia e Italia e che vede come capofila il Syndicat Mixte Interdépartemental d’Aménagement du Chéran per parte francese e la Regione Piemonte e il BIM Dora Baltea Canavesana per parte italiana. Il progetto, che si pone «l’obiettivo di ripristinare e proteggere gli ecosistemi acquatici transfrontalieri e potenziarne i servizi ecosistemici», nasce grazie al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale denominato “Interreg Alcotra“, grazie al quale vengono stanziati 2 milioni di euro (2.049.884 € per la precisione) di cui 895 mila al partner italiano.
Questi soldi vengono attinti dal fondo europeo per raggiungere numerose finalità: valorizzare e salvaguardare le sponde degli ecosistemi fluviali, attuare progetti di manutenzione del territorio, monitorare gli ecosistemi, sperimentare modelli colturali sostenibili e competitivi, sensibilizzare e promuovere tante altre attività racchiuse all’interno di quelle che vengono definite “linee d’azione“.
Il caso vuole che queste linee d’azione altro non siano che varie declinazioni di quello che è stato battezzato, appunto, un “Contratto di Fiume della Dora Baltea“. Il problema, in tutto questo, è che all’interno di questo “Contratto” non vi è traccia di azioni radicali che possano preservare la salute del fiume o limitare la costruzione di nuove centrali idroelettriche. Del resto non c’è di che meravigliarsi in quanto il BIM (Bacino Imbrifero della Dora Baltea), ovvero il consorzio che riunisce 27 comuni canavesani che lo compongono, ha «per scopo» (parole testuali dell’articolo 4 dello statuto del BIM) «l’attribuzione ad un fondo comune Consorziale delle somme derivanti dal sovracanone che i concessionari di grandi derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice sono obbligati al pagamento».
In altri termini lo stesso consorzio BIM che riceve “sovracanoni” dalle centrali idroelettriche è promotore di un Contratto di Fiume finanziato con Fondi Europei che dovrebbe “tutelare” la salute delle acque della Dora Baltea.

Lodevole l’aver dato vita ad un progetto attraverso l’utilizzo di Fondi Europei per tutelare la biodiversità e proteggere gli ecosistemi acquatici, ma questo obiettivo non potrà mai essere raggiunto fin tanto che si continuerà a trattare la risorsa naturale (in questo caso la Dora Baltea) alla stregua di una risorsa economica da cui trarre un profitto. Serve un Contratto di Fiume più incisivo e che scriva nero su bianco che di centrali idroelettriche la Dora ne sopporta già a sufficienza.

Andrea Bertolino