Il giorno dopo il referendum – Un commento “a caldo”

Martedì 22 settembre 2020, giorno dopo il referendum sulla riduzione dei parlamentari: c’è chi si sveglia malinconicamente intontito, chi euforico; la maggior parte forse non lo sa nemmeno.

Quale il commento? Avete presente la sala, quando l’oratore ha terminato la sua eterna relazione, ed il moderatore, spietato, chiede al pubblico chi voglia intervenire… per rompere il ghiaccio? Silenzio, teste voltate dall’altra parte, qualcuno che fischietta…
Va beh, cominciano noi, buttando sul tavolo il risultato: 70% i Sì, 30 % i No. C’era da aspettarselo. La domanda referendaria era facile, la risposta scontata: volete ridurre il numero dei fannulloni? Una bella sforbiciata e via… L’attacco alla democrazia parlamentare viene da lontano, anni in cui era sistematica (e pure giustificata, purtroppo) la critica continua alla “casta”, alle auto blu, ai privilegi. Una pubblicità che partiti e politici hanno ignorato, sottovalutata, usata per attaccare l’avversario del momento. Una politica miope che ha guardato ed inseguito il voto subito, quello utile giorno per giorno, senza mai alzare occhi e programmi ad un futuro di più ampio respiro…

Il referendum, voluto da campioni dell’antipolitica, gente eletta su una piattaforma digitale inalberando gigantesche forbici, non poteva che far presa su Cittadini stanchi, disillusi, arrabbiati. Ad una tale, formidabile armata inutile contrapporre sofisticate ragioni su democrazia e rappresentanza… tanto più che alcuni costituzionalisti si sono prestati a dar loro manforte (e ce ne sfugge il perché).

Che i No mobilitassero centinaia di altri Costituzionalisti, intellettuali, movimenti come le Sardine, Associazioni quali l’Anpi, il mondo cattolico, alcuni partiti, non è stato sufficiente.
Ci sono stati silenzi inaspettati, cambi di bandiera, imbarazzi ed attacchi, come nelle più classiche guerre civili, però in tono minore, perché l’epidemia ha coperto ogni altra iniziativa, ma anche per una sorta di cattiva coscienza che ha sottaciuto le ragioni del Sì per molti mesi, quasi ci si vergognasse di intraprendere una battaglia su basi tanto fragili: l’odio ed il rancore per la casta. Gli stessi promotori sapevano che non avrebbero retto a lungo inalberando soltanto un paio di forbici. Non importa, riconosciamo che l’esercito avversario ha saputo scegliere il campo ed il giorno adatti… Chapeau.

Questa è la democrazia, magari imperfetta, ma l’unica forma di governo che ci piace e che hanno voluta i nostri Padri costituenti.
Abbiamo avuto compagni di lotta (si diceva così un tempo) generosi e preparati. Molti che erano indecisi si sono uniti lungo la strada, elaborando il proprio pensiero, informandosi, vincendo la facile propaganda, convincendosi con la ragione. In poco tempo abbiamo risalito la china che appariva troppo erta, raggiungendo risultati oltre ogni aspettativa sino a poche settimane prima. Ci siamo arricchiti nel maneggiare una volta di più quella formidabile, saggia, lungimirante Carta costituzionale, che molti vorrebbero strappare, gettare via, o rendere inoffensiva. La difesa dei più deboli, una scuola migliore, la giustizia, il lavoro, l’ambiente trovano nella Costituzione indirizzi e linee d’azione che in tanti vorrebbero sminuire o disperdere.

In questo modo va letta la vittoria dei Sì: l’erosione della democrazia parlamentare, la scomparsa dei rappresentanti votati da noi, un Parlamento vuoto, inutile, sostituito da pochi fantocci votati on-line o nominati dai capi-partito, manovrati dai soliti “padroni del vapore” globali. Non avverrà tutto in un giorno, intendiamoci, ma questa pare la tendenza. Un lento scivolare su un piano inclinato e viscido, al termine del quale ci sono i regimi illiberali, quelli che censurano, chiudono i giornali, bastonano gli oppositori.
Un quadro fosco, distopico? Non troppo, visto da una più distante prospettiva. Chi c’era al termine della guerra, chi visse le speranze e le illusioni della neonata democrazia, il crescere del Paese, le battaglie sindacali e politiche, con un entusiasmo oggi inimmaginabile… ebbene, queste generazioni possiedono il metro per giudicare quanti passi indietro si stiano facendo ora.

Nazionalismi, fascismi, odi prendono il posto del dialogo, magari impetuoso ma teso al bene comune. Recriminazioni da vecchio, dirà qualcuno… oppure sguardo più maturo? Chissà.
E mentre tutto ciò avviene, e scorre, abbiamo fascisti che alzano la testa, giovani che li combattono che finiscono in carcere al loro posto (copione già visto e sperimentato), altri giovani che muoiono in mare sulle nostre coste, in un affastellarsi di notizie che ci lasciano stremati e ormai indifferenti.

Peccato.
Avrei voluto iniziare questo commento con una frase che dicesse quanto sia stata bella questa consapevole battaglia per il No. Mentre la stavo formando nella mente è giunto un “WhatsApp” da un carissimo amico, iscritto all’Anpi; era quella che cercavo. Usata nell’incipit, la ripeto qui: “Quando si combatte una buona battaglia si può anche perdere, ma non si è mai sconfitti… Resisteremo.”
Grazie Angelo, grazie a tutti. Ai prossimi incontri, a nuove lotte, per la Democrazia e la Costituzione.

Mario Beiletti