Il passo avanti dei Comuni nell’affrontare un “bel problema”

Sono 72 i Comuni che in Canavese entrano a far parte di una specie di SPRAR diffuso

I titoli sono vagamente terrorizzanti come se si trattasse di una invasione. Dicono che appena poche settimane dopo gli accordi con la Prefettura che ponevano un tetto al numero di persone da accogliere (520 per il Consorzio InReTe e 188 per il CISS AC) ne giungerebbero altri 500.
Si fa fatica a capire che riguarderebbero i Comuni che non hanno saputo, o voluto, assumersi la responsabilità di partecipare, unendosi fra di loro, alla gestione di questo bel problema.
Che si tratti di un problema non c’è dubbio, perché l’incontro di diversità può produrre crescita, come spesso è avvenuto nella storia, ma è comunque faticoso, richiede studio, impegno, lavoro.
E’ però un problema bello perché, sarebbe ora di accorgersene, può rimediare all’invecchiamento delle nostre comunità ed allo spopolamento di paesi e borgate, soprattutto quelle periferiche.
Lo dicono i demografi, lo rileva un recente studio della CGIL del Canavese, lo dicono i cartelli che fioriscono sulle case “Vendesi” e “Affittasi”, lo dicono i prati e i boschi abbandonati e in degrado che, prima o poi procureranno qualche inconveniente ambientale.
Il nostro Osservatorio lo scrisse a maggio di un anno fa a tutti i Sindaci dei Comuni riuniti nei tre consorzi del Canavese (InReTe, CISS AC e CISS38).

In una lettera ai Sindaci e ai presidenti dei tre consorzi lanciammo un appello che partiva da alcune considerazioni:
– Siamo un Paese (e continente) d’immigrazione e durerà decenni: non passa presto;
– Non è un dramma: abbiamo bisogno di giovani e chi arriva lo è;
– Occorre un grande lavoro di accrescimento delle capacità delle persone che arrivano (formazione, studio, attività, creazione di relazioni);
– L’azione di crescita di questo capitale umano che arriva alla ricerca di una vita migliore, portando speranze e aspettative, non può realizzarsi senza il coinvolgimento delle comunità locali.
L’appello era ad abbandonare l’atteggiamento, che diversi amministratori locali, avevano assunto di protesta verso la Prefettura che spediva decine di persone nei paesi senza il loro coinvolgimento e nemmeno informazione, ma solo sulla base di disponibilità di cooperative, associazioni, albergatori.
Era l’invito a passare alla assunzione di ruolo e responsabilità, non per evitare l’inevitabile, ma per gestire il “bel problema”, anche perché la gestione in atto era, in moltissimi, troppi casi, scandalosa.
Era evidente che molti “gestori” si erano improvvisati tali fiutando un’attività lucrosa; molte situazioni erano offensive della dignità degli ospitati e foriera di reazioni xenofobe da parte delle comunità in cui si erano insediate.
Finalmente a fine anno i due consorzi, CISS AC e InReTe, e i loro 72 Comuni, hanno firmato una convenzione con la Prefettura e quindi con lo Stato: si impegnano a partecipare alla gestione di questo bel problema.

E’ un passo culturale e politico, cioè di scelta, di grandissimo valore: si passa dal “speriamo che non mi tocchi, non mi interessa” al “mi interessa, voglio partecipare”.
Non si può escludere che vi siano retro pensieri del tipo “così limitiamo il numero degli arrivi” e c’è stato un Sindaco che ha dichiarato che nel suo Comune non ci sono strutture di accoglienza, come se l’accoglienza fosse un fatto di muri, caserme, alberghi o conventi e non processi di costruzione di relazioni soprattutto interpersonali.
In ogni caso è un passo enorme: nel 2001, alla nascita del PNA Programma Nazionale Asilo (prima non c’era nulla) in Piemonte furono quattro i Comuni che volontariamente aderirono: Torino, Alice Bel Colle, Ivrea e Chiesanuova e da lì nacque lo SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati).
Oggi sono 72 Comuni nel Canavese che entrano in gioco in un sistema che diventerà, finalmente, uno SPRAR diffuso. Ma non solo in Canavese, anche in Val Pellice, in bassa e alta Val di Susa, in provincia di Torino sono ormai più di cento i Comuni che hanno fatto un passo avanti.

Forse stiamo capendo che siamo un Paese (e un continente) di immigrazione e forse, prima o poi, ci daremo una politica per l’immigrazione, che vuol dire come fare perché questo movimento inarrestabile (se non colmando gli squilibri) possa almeno essere fattore di crescita per chi migra e per chi riceve; come possa essere fattore di cooperazione: le rimesse dei migranti, il loro ritorno con accresciute capacità sono molto più efficaci per la crescita di quelle comunità di molti programmi di aiuto della cooperazione fra Stati.
Forse, prima o poi, speriamo non troppo tardi, ci daremo una politica per l’immigrazione che non sia ossessionata dalla sicurezza e che non concepisca quasi solo muri reali e virtuali: fondi dati alla Turchia o alla Libia perché costruiscano loro i muri che noi ci vergogniamo a tirar su.
Per arrivare a questo il ruolo delle comunità locali, dei Comuni, è essenziale: i governi centrali da soli non ce la fanno.

Insomma la strada è lunga e molti ancora si rifiutano di percorrerla: per esempio molti, non tutti, i Comuni del CISS 38 che, restando alla finestra lasciano che la gestione in quei territori sia fatta da Prefettura con cooperative, associazioni e albergatori,
La strada oltre che lunga è difficoltosa: InReTe e CISS AC dovranno definire un bando e svolgere una selezione per avviare dal luglio prossimo la nuova gestione. I contenuti del bando saranno fondamentali per una accoglienza che sia davvero rispettosa delle persone e delle loro aspettative, capace di creare relazioni con le comunità, garantire studio e formazione a partire dalla conoscenza della lingua e non solo, dovranno costruire un sistema di controllo e rendicontazione che faccia spendere bene i soldi e tagli le unghie ai troppi furbi, un sistema che porti ricadute anche economiche nelle comunità accoglienti e formi professionalità preziose.

Migranti IvreaInsomma è una impresa affascinante e difficile: è una impresa che va sostenuta.
Ora gli amministratori locali hanno accettato la sfida, tocca alla “società civile” sostenere e partecipare a questa partita che può essere un partita decisiva per questo territorio.
Può il Canavese essere un grande laboratorio per realizzare la crescita del capitale umano che le migrazioni portano qui?
Possiamo anche copiare (nobile arte) le esperienze diverse e interessanti di Pettinengo, Ormea, Badolato, Riace e di altri borghi ancora
Questo suggerivamo, quasi un anno fa, ai Sindaci del Canavese.
Molti di loro hanno fatto un passo: occorre sostenerli.
Può essere il momento di chiamare a raccolta quanti non si rassegnano a veder morire i nostri borghi e allo sciupio di risorse umane e materiali?
Permane sullo sfondo un incubo: bisognerebbe eliminare i dinieghi (i rifiuti) che colpiscono più della metà delle domande di protezione e che preannunciano clandestinità ed emarginazione.

L’Osservatorio ha fatto una proposta sensata l’abbiamo presentata alla competente commissione del Consiglio Comunale di Ivrea che dovrebbe portarla alla discussione in Consiglio.
E’ difficile impegnarsi in un percorso di crescita (e anche progettarlo) se sai che al termine c’è una spada di Damocle che può dirti “non hai diritto di stare qui, vai via!
Sta nascendo, su questo, un coordinamento fra associazioni, cooperative vere, persone, si chiama SenzaAsilo (www.senzaasilo.org) si riunisce a Torino.
Andando sul sito potete trovare i moduli per aderire: come singole persone e/o come associazioni.
Fatelo! È il primo contributo a una buona causa.
E poi potete aderire al nostro osservatorio scrivendo a [email protected]

Osservatorio Migranti
persone e associazioni per la difesa dei diritti
e delle potenzialità dei richiedenti asilo e protezione