Il Piemonte diventa arancione ma le medie rimangono chiuse

Da oggi, domenica 29 novembre, la nostra regione è passata da rossa ad arancione, via libera a tutto il commercio, le aziende erano già aperte, ma le scuole dalla seconda media in su rimangono chiuse. Scelta scellerata e ingiustificata che ha sollevato le proteste degli studenti, delle famiglie e degli insegnanti.

Secondo i parametri ministeriali si attenua l’infiammazione di Piemonte, Lombardia e Calabria che dal 29 novembre passano in zona arancione (intendiamoci la situazione rimane molto critica, con gli ospedali e operatori senza respiro, con il numero dei contagiati e purtroppo dei deceduti molto alto). Per effetto di questa “promozione”, in Lombardia e Calabria, come previsto dal Dpcm del 3 novembre, gli studenti di seconda e terza media da lunedì 30 novembre tornano alle lezioni in presenza. Con grande sollievo e felicità loro, delle famiglie e dei professori. Il Piemonte invece gela i ragazzi. La giunta Cirio ha deciso infatti di modificare le regole e mantiene chiuse le II e III medie. Sarà difficile spiegare a ragazzini di 12-14 anni perché i “colleghi” lombardi potranno tornare nelle aule e loro invece dovranno continuare con la faticosa didattica a distanza (DAD) e con un orario scolastico ridotto. Il presidente della Regione Piemonte dovrà spiegare a loro, agli insegnanti e ai genitori, soprattutto alle madri che sono le prime a venir penalizzate sul lavoro per il carico di cura dei figli, il perché di questa decisione. Finora non l’ha fatto.
Cirio è riuscito solo a dire che si è trattato di “una scelta dolorosa ma necessaria poiché riaprire la scuola non è una priorità: è la priorità. E proprio per questo è fondamentale farlo in sicurezza, per non rischiare di dover richiudere fra un mese”. Ed ha continuano, pensando di rassicurare ragazzi, famiglie e insegnanti, informando che “con l’Ufficio scolastico regionale verrà modificato il calendario scolastico, in modo da recuperare i giorni persi in presenza”.
Nulla viene detto sulle modalità. Come si possono recuperare i giorni persi? Mandando a scuola i ragazzi la domenica? Organizzando corsi serali? Qualcosa di simile pur inverosimile, si parla infatti di utilizzare le vacanze pasquali, 25 aprile, primo maggio…

La scuola è “la” priorità, Cirio dixit

Come si fa a dar credito a questa affermazione? Infatti per quanto a Cirio dispiacesse tenere le ultime classi delle medie chiuse le sue prime dichiarazioni sul passaggio del Piemonte dal rosso all’arancione non sono state affatto dedicate alla scuola, in cima al comunicato regionale si legge infatti: “Una notizia positiva che è il frutto di tanti sacrifici dei piemontesi e del grande lavoro dal nostro sistema sanitario. Un passo importante, perché permetterà a molte nostre attività commerciali di riaprire, ma che dobbiamo vivere con grande senso di responsabilità.”

Le aziende non hanno più chiuso dopo l’apertura post prima fase della pandemia, ora riapre tutto il commercio e il problema sono le scuole?

Ma perché in Piemonte non si aprono le seconde e terze medie?

La giunta regionale porta a giustificazione alcuni dati: dal 26 ottobre al 22 novembre i casi di positività nelle fasce 11-13 e 14-18 anni si sono dimezzati, da 483 a 218 ogni 100 mila. Come dire che con le scuole chiuse si sono dimezzati i contagi. Peccato che la flessione è stata simile nella fascia 6-10 anni (da 243 a 153 casi) nonostante le scuole elementari non abbiano mai chiuso. E’ evidente che i contagi dei ragazzi e degli insegnanti nella maggior parte dei casi, non sono dovuti a mancate precauzioni nelle scuole, ma da fattori esterni primo fra tutti il trasporto pubblico locale ancora oggi totalmente inadeguato alla situazione. Lo si è detto in tutti i modi e da più fronti: è inutile avere scuole super organizzate per evitare il contagio fra i ragazzi (e gli insegnanti) e poi far viaggiare gli studenti ammassati sui mezzi pubblici. E di chi è la responsabilità del trasporto pubblico locale? Non è forse delle Regioni?
Anche di questo dobbiamo ringraziare la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, il contentino al centro-destra federalista, con la quale si sono trasferiti dal governo centrale alle regioni non solo le competenze in materia sanitaria ma anche, fra le altre, i trasporti. E il risultato è sotto gli occhi di tutti in entrambi i settori: la sanità è in ginocchio, i trasporti fermi al secolo scorso.

Caro Cirio ti scrivo …

In queste ultime ore, da quando si è saputo che le scuole non riaprivano, il presidente Cirio sta ricevendo tante le “letterine”. C’è quella di Anita, studentessa della 2D della scuola media Italo Calvino di Torino, che dal 6 novembre attrezzata di tavolino, computer, cellulare per la connessione e mascherina d’ordinanza, segue le lezioni online davanti al suo istituto. “Presente! La scuola in presenza è un diritto! Priorità alla scuola“, si può leggere sui cartelli davanti accanto alla postazione.  Alla sua protesta si sono aggiunti altri studenti anche di altre scuole che al venerdì si spostano in piazza Castello per portare il loro “NO alla DAD” davanti al palazzo della Regione. Scrive Anita: “Presidente Cirio, mi spiace che Lei abbia preso la decisione di tenere chiuse le scuole medie. (…) Mi sento presa in giro. L’altro giorno in piazza Castello è venuto a trovarci e ha sostenuto me e i miei compagni. Ci ha detto: «Bravi, vorrei che i miei figli fossero qui con voi a protestare». Con questa scelta, invece, si è rimangiato il suo sostegno. La didattica a distanza non può sostituire le lezioni in presenza – continua Anita – i professori sono i nostri maestri di vita sia nel bene che nel male, quindi per favore vi chiedo di nuovo di riaprire la scuola. Altrimenti ci rubate il futuro e ci rendete ignoranti.
E poi c’è la lettera aperta di Chiara Saraceno ed Elsa Fornero (sì proprio lei):  “Gentile Presidente Cirio – scrivono le due prof – ci rallegriamo per il passaggio della nostra regione dalla zona rossa a quella arancione: decisione che ricompensa i sacrifici di molti cittadini. Ma non possiamo non esprimere il nostro disappunto (di più, la nostra contrarietà) al fatto che la scuola continui a essere la grande abbandonata di questa pandemia. E rifiutando l’affermazione di Cirio continua la lettera “una follia riaprire ora le scuole” replicano al presidente che “Una follia, a noi pare, è abbandonare una parte notevole degli adolescenti in una fase che è cruciale per plasmare la loro vita. Ci debbono essere delle ragioni molto serie per questa decisione, Presidente. Ma Lei le ha spiegate solo superficialmente e, ci consenta, in modo tutt’altro che convincente.

Scuola italiana a macchia di leopardo, ma qual è la situazione in Europa?

Nella sua lettera Anita fa anche riferimento alla situazione nel resto d’Europa: “Altrove in Europa hanno fatto altre scelte: hanno chiuso tutto ma non la scuola. Qui invece avviene il contrario: riapre quasi tutto tranne che la scuola.
Infatti in Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Grecia, e altri paesi le scuole sono aperte. Pur con tutte le difficoltà viene riconosciuto ai ragazzi il diritto universale alla scuola. La DAD infatti oltre che difettosa, se non deleteria, per la formazione dei ragazzi, non è uno strumento democratico. Tante sono le discriminanti sociali (spazio nelle case, possibilità di avere un computer per figlio), e geografici (divario digitale fra città e paesi periferici, tra nord e sud).
Guardando ad esempio alla Francia, nostra “regione” vicina, vediamo che tutte le scuole di ogni ordine e grado sono aperte. Le lezioni online sono previste solo per i ragazzi in quarantena (con registrazione così da poterle seguire anche non in diretta). E tra le altre misure (distanziamento, mascherine, disinfettante) è prevista l’areazione di 15 minuti ogni 2 ore nei locali in cui si svolgono le lezioni.
Questo vuol dire vedere la scuola come “la” priorità, o al massimo seconda solo alla sanità.

Diamo significato alla parola “priorità”

Se la scuola fosse veramente una priorità si sarebbero dovute fare, non da oggi, ma dall’inizio dell’estate solo tre “semplici” cose:

  • adeguare le strutture scolastiche
  • potenziare il corpo insegnante e i tutti lavoratori della scuola
  • potenziare il trasporto pubblico in termini di mezzi e addetti.

All’adeguamento delle strutture scolastiche han contribuito in molti casi, con una buona dose di lavoro volontario e inventiva, tanti insegnanti e dirigenti scolastici, e pure genitori. Per il resto non si può che registrare un colpevole ritardo e l’inadeguatezza delle scelte sia a livello centrale sia regionale. Basta citare un paio di episodi:

  • concorsi per docenti in piena pandemia anziché assunzione per titoli delle migliaia di precari che da anni insegnano nelle scuole italiane
  • autobus che prendono fuoco, autisti dei mezzi che devono dividersi fra la guida e le attività di controllo dei passeggeri (uso mascherina) che spesso sfociano in rissa per la riluttanza del fenomeno di turno ad indossare la mascherina, anziché potenziamento dei mezzi e nuove assunzioni di personale

I tagli nella scuola e nella sanità operati con pari demerito dai governi centrali e regionali di centro-sinistra e centro-destra hanno depotenziato due sistemi vitali: salute e formazione. C’è voluta una pandemia perché arrivassero a tutte le orecchie e agli occhi di tutti le grida di allarme lanciate da almeno una ventina di anni dal personale sanitario e da quello della scuola. Ma si è stati passivi, si è lasciato privatizzare la salute e impoverire la scuola, il luogo dove crescono le nuove generazioni, quasi senza batter ciglio, pochi gli oppositori al disfacimento. Ora è chiaro che il livello di depauperamento dei due settori ha reso complicato in pochi mesi portarli al livello minimo necessario per contrastare una pandemia di queste dimensioni, ma non averci nemmeno provato è grave. “La situazione è grave ma non seria” (Ennio Flaviano)

Cadigia Perini