Il ragazzo che amava gli alberi di Pino Petruzzelli all’IIS Olivetti

Si è concluso il 17 novembre “Volontariando”, il progetto avviato a febbraio che ha viste coinvolte associazioni, scuole e altre realtà territoriali

Venerdì 17 novembre l’IIS Olivetti di Ivrea ha ospitato lo spettacolo teatrale “Il ragazzo che amava gli alberi” di e con l’attore-autore Pino Petruzzelli. Era la giornata conclusiva del progetto “Volontariando”, partito a febbraio, che ha promosso il volontariato attraverso le molte associazioni dell’eporediese, articolato su più piani e volto a rendere la scuola un ambiente integrato con esigenze e bisogni del territorio, sia dal punto di vista professionale e culturale, sia da quello dello spirito di cittadinanza e prossimità. A coordinare le attività il Forum del Volontariato e il CSV (Centro Servizi Volontariato), enti che con le loro competenze e specificità puntano sulla relazione fra scuola e mondo del volontariato. Ogni associazione ha partecipato ad almeno due incontri con le classi del terzo e quarto anno, nelle quali ha raccontato, ciascuno nel suo specifico, che cosa significa fare volontariato, di cosa ci si occupa e come.
Alla fine di ogni incontro erano previsti momenti di lavoro insieme, nei quali si creavano slogan, utili a promuovere le varie attività, a partire da quanto si era raccontato. Anche Rosse Torri ha volentieri partecipato ed è stato interessante, seppur a tratti piuttosto deprimente, scoprire che, tranne in casi di chiara notorietà (es: croce rossa), le attività svolte erano praticamente sconosciute e che l’idea di dedicare tempo gratuitamente per fare qualcosa non fa parte del bagaglio di possibilità prese in considerazione dai nostri giovani. Il loro tempo libero, studio a parte, nei racconti, era scandito tra uscite con gli amici (andare in giro per locali) e attività squisitamente solitarie, tipo la fotografia e i giochi on line. Certo il volontariato in un ambito come quello di Rosse Torri, cioè cultura e informazione, è difficile da immaginare, ed è proprio per questo che è stato importante esserci: far capire che una comunità non ha solo bisogno di qualcuno che si occupi dei malati, degli anziani o dei più deboli, in generale, ma anche di chi si prende cura del patrimonio culturale, per alimentarlo, ampliarlo, renderlo fruibile e farlo conoscere, insomma per far sì che diventi davvero di tutti e alla portata di tutti. Molti ragazzi avevano una idea di volontariato esclusivamente legata alla necessità di aiuto, di soccorso, in casi particolari e non immaginavano potessero esserci associazioni che si occupano di altri temi, ma soprattutto associazioni che hanno lo scopo di far incontrare le persone e di farle interagire dal vivo.

Ed eccoci quindi giunti al momento finale: la scuola ha scelto di ospitare, appunto, uno spettacolo teatrale, l’interazione dal vivo più vecchia del mondo, e la scelta è caduta sul lavoro portato in scena da Pino Petruzzelli, “Il ragazzo che amava gli alberi”, che racconta la storia di un professore e di Rachid, un suo allievo marocchino, arrivato in Italia su un barcone e con una passione per gli alberi, mai visti nel deserto del Marocco. Lo spettacolo non è pensato appositamente per le scuole, va normalmente in scena in teatro (Non ho mai capito il teatro per ragazzi. Come se ci potesse essere una bistecca per ragazzi o un risotto per ragazzi- il teatro se si è capaci a farlo, lo si capisce a qualsiasi età, Shakespeare docet), dunque gli studenti si trovano di fronte ad un testo drammatico puro, con una forma di narrazione poetica. L’autore e attore ha infatti scelto di usare la scrittura intersecando lingua parlata e lingua poetica, per un racconto in prima persona, recitato in maniera colloquiale e scorrevole, nonostante gli scalini ostici della costruzione metrica dei versi, che, intercalati a tratti, rendono la storia più profonda proprio grazie al loro modo dissestato di percorrere il reale. Non facile. L’orecchio barcolla, inciampa e corre, a ritmo alternato. E non c’è lieto fine, anzi, c’è una storia nel suo ordinario sflilacciarsi fino a cadere nell’oblio, così come spesso capita. Il professore promette di prendersi cura di quel suo alunno dalla vita difficile, ingaggia battaglia, ma poi arriva l’estate, ci sono le vacanze e gli impegni, e il trasloco, e questo e quell’altro…e il momento è passato e Rachid con esso. Ci si può dimenticare anche di qualcosa o di qualcuno che si ritiene importante. Il tempo ci trascina velocemente tra un attimo e l’altro e il suo scorrere spesso diventa spazio non più percorribile. Un’ora insieme a Rachid e lo si lascia andare anche noi, verso dove non si sa. Ma l’importante è averlo incontrato, aver aperto per lui la porta verso un futuro possibile, e la porta in noi verso il voler conoscere senza pregiudizi.
Una storia difficile da raccontare, così come è difficile raccontare le nostre mancanze, le debolezze. Difficile immaginare le vite degli altri, incontrarle davvero e rimanervi accanto. Bello voler raccontare ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato. Senza scusanti, senza alibi. Solo perché, qualche volta, è così che vanno le cose. Non lascia però amarezza, anzi, riappacifica col nostro essere umani e fragili e allo stesso tempo insegna che, anche se solo per poco, basta sapersi accostare a qualcuno senza farsi disturbare da troppi rumori di fondo.
Per quanto riguarda i linguaggio non così lineare da seguire, come ha voluto rimarcare lo stesso Pino Petruzzelli durante il dibattito con i ragazzi a fine spettacolo, esso è una precisa scelta artistica e stilistica. Imparare, studiare, conoscere, fare uno sforzo, è fondamentale, per non essere sfruttati dal potere di turno che ci vuole asserviti e spenti, per poterci controllare meglio. Dalla curiosità di una parola può nascere un percorso che ci porta lontani da dove avremmo immaginato o pensato di poter andare. Alzare l’asticella, non abbassarla per rendere le cose più facili: questo forse è teatro per ragazzi. Se proprio vogliamo ne esista uno. Ed è stato ancora più significativo che ad ospitare questo lavoro fosse l’auditorium dell’Istituto dedicato a Camillo Olivetti, con tutto ciò che quel nome ha voluto dire in termini di sviluppo e complessità per questo territorio.

Lisa Gino