In sordina a Torino il processo d’appello per i morti di amianto in Olivetti

Più attenzione e partecipazione possono ostacolare la tentazione di “nascondere la polvere sotto il tappeto”

È in corso presso la Corte d’Appello del Tribunale di Torino il processo di secondo grado per i morti di amianto in Olivetti, che meno di un anno fa vide la condanna ad Ivrea di imputati eccellenti come Carlo e Franco De Benedetti e Corrado Passera.
Al momento sono calendarizzate udienze fino ai primi di marzo, e l’ipotesi della Corte è di arrivare a sentenza dopo Pasqua.
Nel corso dell’udienza del 21 febbraio la Procura ha sostanzialmente chiesto condanne per gli imputati in linea con il processo di primo grado, mentre nell’udienza precedente la Corte ha rigettato una serie di nuovi documenti, presentati soprattutto dalla pubblica accusa, che avrebbero probabilmente rafforzato proprio l’impianto accusatorio.

Corte d’Appello Torino

Questo processo si è aperto in sordina, forse anche perché si tiene a Torino e non ad Ivrea, e tutto fa pensare che l’attenzione si ravviverà solo a ridosso della sentenza, con un’attenzione magari maggiore sui media nazionali che nell’opinione pubblica eporediese.
Si ripropone una disattenzione colpevole già vista nell’aula magna del Gramsci: in fondo il concentrarsi sugli imputati eccellenti e la distanza dal Tribunale di Torino rappresentano dei buoni alibi per molti.
D’altronde nella maxi aula della Corte d’Appello di Torino va in scena uno spettacolo irreale: poco pubblico, tra cui alcuni animatori dello sportello Cgil e uno storico dirigente della Cisl in pensione, la Fiom è l’unica parte civile presente in prima persona, ma la parte del leone la fa un vero e proprio esercito di avvocati difensori, dal Pisapia di turno, che difende Carlo De Benedetti, ad alcuni professionisti eporediesi.

La tesi è abbastanza semplice: l’Olivetti era un’azienda modello anche in tema di salute, i mesoteliomi possono essere stati contratti in mille altre maniere e quindi… nessun colpevole, tutti assolti!
E non si tratta di un incubo, ma di una delle possibili conclusioni: anche per questo meno distrazione e più partecipazione possono essere un antidoto alla tentazione di nascondere la polvere sotto il tappeto. E dare la colpa al destino cinico e baro.

Federico Bellono