Jacobins, au revoir

Questa piccola rubrica, senza troppe pretese, ambisce all’obiettivo di rendere tutti un po’ più partecipi della storia contemporanea di questa città, troppo spesso considerata irrilevante o povera di note degne di essere ricordate

 

Pillole di Storia Eporediese

Pillole di Storia Eporediese

I quattro mesi di Governo Provvisorio Repubblicano piemontese cessarono il 2 aprile 1799, non appena venne dichiarata, da parte dei francesi, guerra all’Austria. Venne istituito un Commissario Civile francese con pieni poteri che organizzò e dettò una diversa linea politica contraddistinta da una centralizzazione dei poteri.
La guerra avvolse nuovamente le terre piemontesi, il governo subì una brusca sferzata in chiave autoritaria e i giacobini eporediesi, quasi abbandonati a loro stessi, dovettero arrangiarsi come meglio poterono. La situazione emersa nel documento relativo allo stato della società in territorio canavesano aveva descritto una situazione a dir poco drammatica, caratterizzata da miseria, lotta per l’acquisizione di ricchezze, assenza di igiene pubblica e personalismo politico fondato sull’opportunismo: il piccolo baluardo giacobino a Ivrea non avrebbe resistito a lungo.
Il 1° maggio 1799, infatti, l’Ivrea repubblicana terminò bruscamente con l’episodio della presa della Castiglia, un forte militare scarsamente difeso e conquistato, nell’arco di poche ore, da un pugno ridicolo di contro-rivoluzionari, a riprova della scarsa reattività e organizzazione dei Municipalisti giacobini. La
reazione spazzò via, senza spargimenti di sangue, i pavidi giacobini eporediesi, alcuni dei quali sarebbero tornati sulla scena politica pochi mesi dopo, ma sotto l’austera e intrattabile volontà dell’imminente imperatore: Napoleone Bonaparte.
L’insoddisfacente e inconcludente periodo giacobino lascia l’amaro in bocca a chi, come il sottoscritto, ha potuto seguirli un po’ più da vicino. Ci si domanderà: fu tutto vano?
Nel gennaio 1799 il dottore Marco Antonio Morello, durante un’adunanza patriottica, pronunciò le seguenti parole: «Conoscete adunque, o Cittadini, e studiate i vostri doveri. Conoscete i diritti che vi competono, conoscete la vostra Libertà. Presso di Voi risiede la Sovranità, voi siete che disponete di voi medesimi. La legge è la vostra volontà e non è se non quella a cui voi siete soggetti. I vostri rappresentanti non ne sono che gli interpreti».
Sapere che principi democratici riuscirono a far breccia nell’animo di alcuni abitanti della città d’Ivrea non può che farci pensare che no, l’esperienza giacobina non fu, in fin dei conti, del tutto vana.

Andrea Bertolino | 25/05/2016