La Costituzione spagnola

Questa piccola rubrica, senza troppe pretese, ambisce all’obiettivo di rendere tutti un po’ più partecipi della storia contemporanea di questa città, troppo spesso considerata irrilevante o povera di note degne di essere ricordate

Allegoria della Costituzione spagnola del 1812 di Francisco Goya

La preparazione e l’organizzazione della “Vendita d’Ivrea” fu sufficientemente studiata e articolata: i carbonari eporediesi non solo riuscirono a raccogliere l’eredità liberale che la generazione giacobina era riuscita ad impiantare, se pur con molta fatica e inizialmente con scarsi risultati, ad Ivrea, ma seppero rilanciare quest’ideale conferendogli una forma ben precisa: la Costituzione spagnola.
«L’obiettivo era una carta costituzionale che garantisse le libertà fondamentali, che sancisse la divisione tra potere esecutivo, potere legislativo e potere giudiziario e che obbligasse i regnanti a rispettare le leggi emanate da un Parlamento eletto dai cittadini» scrivono Marco Novarino e Matteo Barbiero nel loro libro Massoni del Canavese. Presenza e presenze in Piemonte e in Italia.

Il suo raggiungimento avrebbe richiesto, tuttavia, due atti preliminari: la conquista del potere in città e l’abdicazione del re Vittorio Emanuele I a favore del giovane erede al trono sabaudo Carlo Alberto di Savoia, principe di Carignano. Come si può infatti leggere in una lettera inviata dal conte Palma l’11 marzo 1821 all’avvocato Marocchetti di Biella: «La Parola adottata è costituzione spagnola e guerra alli austriaci».
Ottenere l’abdicazione del re sarebbe stato compito dei carbonari e rivoluzionari di stanza nel capoluogo piemontese. Ivrea avrebbe giocato un ruolo di supporto, di rovesciamento del vecchio governo, di propaganda e di arruolamento. La bandiera tricolore carbonara, Rosso Bleu e nera sarebbe dovuta sventolare in ogni città del piemonte, Ivrea compresa. La Vendita eporediese riuscì in quest’intento: l’audacia si mescolò con un po’ d’astuzia e la mancanza di determinazione da parte delle istituzioni concesse al conte Alerino Palma di Cesnola di guidare «il furor delle menti segrete» alla conquista della città dalle rosse torri.

Andrea Bertolino