La storia sbarca a teatro

Tre appuntamenti con la storia al Teatro Giacosa alle ore 18

Si chiama Teatro e storia contemporanea la nuova rassegna del Teatro Giacosa nella inusuale formula degli “appuntamenti del venerdì” alle ore 18.
La storia che, come si sa, non va in linea retta, negli ultimi tempi segue un percorso veramente ingarbugliato, indecifrabile, anche incredibile. Le notizie ci bombardano dai giornali e dalle tv e ogni dramma viene cancellato dal dramma successivo. Fermarsi a pensare sembra impossibile, certo è un lusso. Il teatro può aiutarci a godere, per una volta, di questo lusso, guardando le cose da un altro punto di vista, con calma, con attenzione.

Aram Kian

Venerdì 10 febbraio Aram Kian ci ha parlato della grande faciloneria con cui vengono trattati tutti i “non bianchi”, equiparati subito ad arabi e, quindi, sospetti. Anche chi è italiano, come lui, nato in Italia ed educato nelle scuole italiane, viene chiamato Gheddafi dalla maestra, viene fermato prima di entrare in discoteca, viene minacciato dai poliziotti. Non sono fatti eccezionali, sono fatti quotidiani che ci dicono che non siamo ancora pronti per una società multiculturale e che l’ignoranza non è limitata a una fascia minoritaria della popolazione.
Lo spettacolo Mi chiamo Aram e sono italiano è stato scritto da Aram Kian insieme a Gabriele Vacis nel 2007 e dopo il debutto al Teatro Gobetti di Torino nella stagione dello Stabile torinese ha ininterrottamente portato le “storie da SynagoSyty” in giro per l’Italia, perchè poi le avventure giovanili a Sinago Milanese sono simili a gran parte della provincia italiana.
Originariamente lo spettacolo era arricchito da una scenografia, anche se snella, che nelle repliche seguenti per esigenze di portabilità è stata eliminata, a dimostrazione delle difficoltà di distribuzione del teatro odierno, ragion per cui proliferano le scene calcate da un solo attore o attrice accompagnati se va bene da una semplice sedia.
Aram è bravissimo nel tratteggiare da solo tutti i personaggi della storia (anche quelli femminili che nella prima versione erano interpretati da Francesca Porrini) che si snoda con accenti comici e drammatici dalle memorie della scuola elementare alla scelta della paternità fino al finale forse volutamente mancante: la storia non finisce perchè questa è la situazione attuale, che ci piaccia o no. Gli italiani figli di iraniani, come Aram, o irakeni (“non è la stessa cosa, erano in guerra tra loro”) o marocchini o siriani o indiani saranno sempre di più, non possiamo continuare a non vederli.

Alessandro Albertin

Il venerdì successivo 17 febbraio secondo appuntamento della serie con Il coraggio di dire no, di e con Alessandro Albertin.
La storia è quella, nota più che altro per lo sceneggiato televisivo interpretato da Zingaretti, di Giorgio Perlasca, italiano di Maserà nel padovano, che da fascista convinto si trova nel settembre 43 a Budapest per commercio e al momento di decidere da che parte stare sceglie la più difficile e rischiosa, quella dell’opposizione alla furia razzista e genocida dei nazisti. L’incredibile vicenda vede Perlasca spacciarsi prima per funzionario spagnolo, poi addirittura per Console che firma salvacondotti e ospita rifugiati ebrei nelle “case protette” dell’Ambasciata spagnola, in un continuo bluff sempre più spinto ma sempre più indispensabile. Alcuni vengono salvati mentre erano già sui treni in partenza per Auschwitz.
La capacità di Albertin di trasformarsi nei vari attori di quella che era una tragedia in divenire è impressionante e l’emozione passa rapidamente dal protagonista al singolo spettatore.
Ma Albertin non racconta solo una storia del passato, il contatto col pubblico parte all’inizio dalla nostra abitudine a commentare e “partecipare” ai fatti più disparati tramite i social come facebook , che ci chiedono solo un clic, un “mi piace”, e ci sentiamo a posto. Scegliere da che parte stare è un’altra cosa e spesso è anche scomoda e rimane nascosta. Come la vicenda di Perlasca che solo oltre quarant’anni dopo, nel 1987, venne conosciuta grazie a cocciute ebree ormai residenti in Israele che hanno voluto rintracciare il loro salvatore. Sono seguiti poi servizi televisivi e riconoscimenti anche internazionali e l’iscrizione come “giusto tra le Nazioni”.

 

Ultimo spettacolo in programma sarà il 10 marzo con Roberta Biagiarelli che racconta la storia vergognosa e incredibile di Srebrenica, il massacro a due passi da noi, nella recente guerra balcanica, della città “garantita” dalle Nazioni Unite. Uno spettacolo che spezza il cuore per una ferita ancora non sanata. Da non perdere.

Francesco Curzio

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