Le “botteghe” al tempo del Coronavirus

Cosa significa, per un commerciante, lavorare con “consegne a domicilio”? Due testimonianze dirette: la bottega Meliloto di Debora Noro e l’enoteca Vino e Dintorni, di Ciro Lubrano

Utile? Privilegiata?
Dal Meliloto (bottega per alimentarsi e vivere secondo natura) di Debora Noro

In questi giorni in cui consegno spese il mio stato d’animo oscilla tra sentirmi privilegiata e sentirmi utile. Privilegiata perché in qualche modo il Meliloto (il mio negozio in via Arduino) può continuare a vivere. Privilegiata perché io sono al mio posto di lavoro e tutti i miei colleghi non ci sono. Privilegiata perché posso andare in giro, vedere i doni della primavera.
Mi sento utile perché i miei clienti possono continuare ad avere i prodotti di cui godono normalmente, posso garantire loro almeno quel piccolo attimo di normalità.
In questo modo di lavorare ci si sente più soli, in negozio non viene quasi nessuno, le consegne a volte sono impersonali, lascio la scatola e loro mi lasciano i soldi, altri invece ti accolgono con un affetto che riempie il cuore. C’è chi mi ha donato dei fiori del proprio giardino, chi dei dolcetti appena sfornati, anche bottiglie di vino! E questi doni spesso sono ciò che di più simile a un po’ di calore umano io abbia avuto da un mese e mezzo a questa parte.
A volte, mentre consegni ci sei solo tu e ti senti un sopravvissuto.
Io le consegne le faccio gratis, a volte sono così piccole che non giustificano nemmeno le spese del viaggio, ma non me la sento di rifiutare, mi sembra un dovere farlo comunque, spero sempre che il mio piccolo sacrificio verrà apprezzato e ricordato più avanti, quando tutto tornerà come prima.

Debora Noro

Come ce la caviamo e se ce la caviamo.
Dall’Enoteca Vino & Dintorni di Ciro Lubrano

E’ un tempo strano quello che stiamo vivendo, una crisi pazzesca cui non eravamo abituati è dire banalmente poco ma è, volente o nolente, una sfida che dobbiamo raccogliere. Ognuno facendo la sua parte, nel piccolo come nel grande, ognuno con la coscienza che però difficilmente, DOPO, si tornerà a essere quelli di prima. Noi piccoli imprenditori, i negozi di vicinato, i ristoranti, le associazioni no-profit,  i promotori di eventi culturali, le scuole di musica, di teatro e di danza etcetera TUTTI navighiamo a vista, siamo speranzosi, aspettiamo che finisca ma poi, DOPO, sarà tutto differente.
Oggi tutti (esagero come iperbole) facciamo consegne a domicilio; tutti ci rimettiamo un po’ di soldi in stress, carburante, limiamo la nostra marginalità e tutti, quasi tutti, sappiamo benissimo che non potremmo continuare all’infinito.
Lo facciamo per cercare di CAVARCELA in qualche modo ma coscienti che, DOPO, di noi si dimenticheranno in fretta tutti.
Noi offriamo un servizio, soprattutto per cavarcela e poi per coccolare la nostra clientela vecchia e nuova con un attività che, di questi tempi, risulta essere gradita ai più e soprattutto … ob torto collo, è l’unica cosa che possiamo fare. D’altronde giustamente oggi gli EROI sono medici, infermieri, barellieri etc. etc. – chi lavora nella logistica, i farmacisti.
Noi non siamo eroi, siamo sempre gli stessi, quelli che a cominciare dalla famosa legge del compagno Bersani (io sono comunista eh, mi è simpatico, ma compagno di chi? – se si aprisse oggi una disamina di quel decreto – lo brucerei dialetticamente in mezzora), per legge SI DEVONO ACCONTENTARE DELLE BRICIOLE.
Il grosso ovviamente è appannaggio dei centri commerciali, dei 10-20-40 ipermercati che una costante deregulation ha fatto crescere dappertutto.  E c’è anche chi dice “sarebbe meglio farne aprire ancora altri”.
Per legge, dicevo, NOI DOBBIAMO ACCONTENTARCI DELLE BRICIOLE, anche se poi dobbiamo subire lo strapotere, la prepotenza del nemico numero uno, LA BUROCRAZIA ITALIANA.
E lo dice uno, normalmente ottimista e pieno di voglia di fare, che pur di non accontentarsi delle briciole – ha investito più volte nella propria attività, oggi faccio consegne a domicilio ma poi … anche su questo potremmo aprire un distinguo, delle domande che rimarranno sempre senza risposta. Una sola: perchè un corriere, che raggiunge chi vuole e dove vuole (privati, professionisti etc.), inizia e termina il suo lavoro dicendo solo da quale sede è partito e a me, piccolo pirla, la legge mi chiede di tracciare tutti gli spostamenti da casa al negozio, tutti gli indirizzi dove faccio consegna, il ritorno in negozio e il rientro a casa? Non basterebbe, visto che si tratta di autocertificazione con rischi penali per le dichiarazioni mendaci, dire che io negozio tal dei tali, visto che la legge me lo consente, faccio CONSEGNE A DOMICILIO? Non basta affatto perché siamo in Italia, mica il virus ha cambiato il modus operandi, mica il virus ci ha cambiati né si possa sperare che ci migliori.
Dunque sì, come sto strombazzando ai quattro venti, io ho fatto e farò fino alla fine di aprile CONSEGNE A DOMICILIO. Mi capita, da circa un mese, di consegnare a Bairo, a Cesnola, a Bollengo, …  a Mercenasco e mi faccio dei giri in completa solitudine passando in paesi deserti, fabbriche chiuse per la pandemia, tante fabbriche dismesse e abbandonate e, tra un posto e l’altro, attraverso spesso porzioni di Canavese dove la natura è bellissima, prepotentemente è scoppiata la primavera, c’è un calore, una luce, dei colori e dei profumi ammalianti che però, attualmente, non possiamo neanche goderci.
Ecco anche questo significa CONSEGNE A DOMICILIO.
Ce la caviamo, ma DOPO sarà tutta un’altra storia.

Ciro Lubrano