Michelizza: “Quella di Canestri Senza Reti è una storia che merita di essere conosciuta”

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Armando Michelizza sulla storia della manifestazione sportiva Canestri Senza Reti, giunta quest’anno alla diciannovesima edizione che si chiuderà il 30 dicembre

Può darsi che mi sbagli e mi sia sfuggita una più approfondita presentazione del torneo “Canestri Senza Reti” giunto alla 19ma edizione. Questo torneo ha una storia che, credo, meriti di essere conosciuta anche dai giovani e giovanissimi che non possono avere una memoria diretta. Merita di essere conosciuta in questo tempo che, a me pare, è caratterizzato dal rinascere di nazionalismi e di creazione di nemici utili alla deresponsabilizzazione e ad autoassoluzioni.
Il torneo nasce a Ivrea perché nella nostra città operava il “Comitato di solidarietà con i popoli della ex Yugoslavia”. Un comitato nato fin dai primi anni di quella terribile guerra voluta e condotta dai nazionalismi che offuscarono la cultura e coscienza di molte persone di Serbia, Croazia, Bosnia, Slovenia, Montenegro e Kossovo.
Nazionalismi che in quel caso usarono e strumentalizzarono anche l’appartenenza religiosa (in quel caso quella cristiana cattolica o ortodossa) per “giustificare” la distruzione di realtà di preziosa convivenza quali erano, per citare solo tre casi, Mostar, Dubrovnik e Sarajevo.
A Ivrea e dintorni operava dunque un comitato di solidarietà con molte persone, con associazioni confessionali e laiche, enti locali piccoli e più grandi.
Operava per contrastare l’odio che veniva seminato, per mantenere fili di dialogo, per aiutare concretamente e senza partigianeria se non il rifiuto del conflitto armato e distruttivo.
E non era difficile trovare vittime dell’odio e amanti del dialogo, da aiutare, in ogni “campo avverso” artificiosamente creato dai nazionalismi.
Fra le “anime” del comitato mi piace ricordare Enrico Levati, che non è più con noi, e il Vescovo Bettazzi che, fortunatamente, ci fa ancora compagnia. Ma erano davvero tante le persone impegnate.
Quel lavoro ha prodotto importanti risultati, e forse ne dimentico qualcuno:
–  Un lungo scambio di studenti delle nostre scuole con quelle di Mostar in Bosnia
–  Un sostegno all’orfanotrofio di Mladnost vicino a Kraguievac in Serbia
–  L’accoglienza di 70 profughi dal Kossovo dal giugno ’99 a Ivrea e dintorni dove, dopo venti anni, alcuni vivono ancor oggi
–  Il torneo “Canestri senza Reti” che si chiama così per dire la voglia di togliere confini, barriere, muri, reti appunto. Quelli che si stanno pericolosamente e insensatamente ricostruendo.
L’accoglienza dei profughi dal Kossovo produsse l’esperienza del Programma Nazionale Asilo e poi dello SPRAR – Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati – che l’attuale governo vuole snaturare.
La richiesta di giovani ragazzi serbi di poter venire a giocare con giovani di altri Paesi, produsse il torneo arrivato ora alla 19a edizione.
Sembrava una impresa impossibile esaudire quella loro richiesta: la guerra appena finita, i visti, la giovanissima età, i viaggi, l’ospitalità, i costi.
Eppure…come si poteva dire di no? Per la Yugoslavia, che non c’era più, il basket era stato lo sport che aveva dato più lustro, quello più praticato, giocavano assieme montenegrini, serbi, croati e bosniaci, sloveni, in nazionale e nelle squadre di club.
Prima della guerra.
In quella domanda c’era, forse, anche la voglia di dimenticare gli orrori, gli odi, di ricominciare, di ricominciare con cose che sembrano un gioco, ma sono occasioni di incontro con altro, con altri.
E anche grazie agli amici di Lettera 22, si aprirono le porte delle case di tante famiglie, ad ospitare giovani che arrivavano da una guerra appena finita, con ferite che se non si vedevano sul corpo, da qualche parte della testa aspettavano di ricevere speranza di futuro.
E la persona che entra in casa e siede a tavola è sempre diversa da quella immaginata leggendo il giornale o guardando la televisione.
Racconto questa storia perché il bel torneo di cui la città va giustamente orgogliosa in campo sportivo e a livello nazionale, è frutto, soprattutto, di empatia e solidarietà.
E anche perché, la bestia del nazionalismo e della creazione del nemico, sta attecchendo in casa nostra e auguro a tutti noi di non disperare: abbiamo cultura e storia per difendere la nostra umanità, se non voltiamo lo sguardo altrove.

Con molti auguri

Armando Michelizza

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