Nell’Eporediese la povertà diventa endemica

Dall’inizio della crisi ad oggi i dati del Consorzio In.Re.Te registrano un significativo aumento delle “assistenze economiche”. Il nuovo “Reddito di Inclusione” ormai apre agli ultra 55enni, considerati a rischio povertà. Le politiche sociali “reggono” ancora, ma potrebbero essere intaccate dalle politiche amministrative?

Grafico che sintetizza l’andamento della povertà e le entrate annue giunte al Consorzio In.Re.Te dal 2009 al 2016

Nonostante annunci speranzosi e proclami altisonanti di una ripresa economica in atto, il danno inferto dalla crisi cominciata nel 2008 è ancora lontano dall’essere risolto. Questa “sofferenza” sul territorio canavesano ha assunto, nel corso degli anni, diverse facce, alcune più macroscopiche (serrande abbassate per i centri cittadini, carenza di posti di lavoro, incuranza diffusa), altre meno “sistemiche” e più legate alla vita quotidiana di tutti, ma ugualmente significative (carrelli della spesa meno pieni o uscite a mangiare fuori casa più sporadiche, tanto per fare due esempi). Tra gli innumerevoli effetti, tuttavia, uno in particolare è andato via via consolidandosi, a dimostrazione di quanto l’intero territorio stia ancora “soffrendo” le ripercussioni di questa crisi mai interrotta: la povertà tra le fasce sociali più deboli.

I numeri della povertà secondo il Consorzio In.Re.Te

Già i dati della Caritas eporediese denunciavano l’aumento di questo fenomeno e, ora, anche quelli di In.Re.Te (il consorzio che raggruppa i servizi sociali di 51 comuni del territorio, con Ivrea capofila) confermano questa tendenza. Come illustrato nel grafico, dal 2009 al 2016 il numero di persone richiedenti assistenza economica è aumentato, passando dall’essere al di sotto delle mille unità annuali alle 1.200 in maniera continuativa, raggiungendo picchi di quasi 1.600 persone nel 2010 e 2014. Inoltre, dal 2011 al 2015 sono state erogate una media di 800 “borse amiche” annuali (ovvero borse contenenti alimenti a famiglie, minori, disoccupati o anziani).
E questi dati sottostimano la reale entità della povertà sul territorio anche perché il consorzio In.Re.Te. ha subito, nel corso degli anni, pesanti tagli al bilancio, passando dai circa 10 milioni del 2009 ai 7 registrati nel 2016. Tre milioni in meno rispetto a una decina d’anni fa che si traducono in una minore capacità di intrevento sociale.

La realtà supera i numeri

L’andamento della curva della povertà sembrerebbe diminuire nell’ultimo triennio (pur restando sopra le 1.200 unità), ma in questo caso il dato risulta fuorviante. Il programma sociale denominato SIA (Sostegno per l’Inclusione Attiva), attualmente mutato in ReI (Reddito per l’Inclusione), ha posto dei vincoli significativi al numero di persone in grado di accedere a questi servizi. A metà settembre, infatti, di 446 domande presentate a In.Re.Te. solo 202 hanno avuto una seppur modesta risposta; le altre (più del 50%) sono state respinte, a riprova del fatto che la richiesta di “aiuto” sia superiore all’erogazione dei benefici offerti dal settore pubblico. Come se non bastasse, le trasformazioni sociali maggiori quando si parla di povertà non sono tanto quantitative, ma qualitative. «Alla povertà economica» spiega, infatti, Maria Grazia Binda, responsabile area territoriale del consorzio «si affianca una povertà educativa. Come Consorzio abbiamo preso atto dell’aumento del disagio relazionale di molte persone e di conflitti intrafamiliari. È sicuramente la cosa che più colpisce e i disagi relazionali sono oggi molto più evidenti di diversi anni fa».

Il Reddito di Inclusione apre ai disoccupati oltre i 55 anni

Il Reddito di Inclusione (ReI) è partito ufficialmente il 2 novembre di quest’anno e presenta dei passi avanti rispetto al precedente SIA, per quanto l’impianto concettuale di fondo, ovvero l’unione di un sostegno economico moderato con un progetto vincolante in grado di “attivare” la persona, sia rimasto lo stesso. Tre sono le novità di rilievo: la durata massima del beneficio (si passa da 1 anno del SIA ai 18 mesi del ReI), l’importo erogato (sale da 80€ a 187€ fino ad un massimo di 485€ per nuclei familiari oltre i 5 componenti) e, cosa più importante, l’estensione del servizio ai disoccupati oltre i 55 anni d’età.
Quest’ultima novità è preoccupante, perché sottintende questo: se esci dal mondo del lavoro a quell’età diventi un soggetto a rischio povertà, in quanto non risulti abbastanza anziano per la pensione e difficilmente sarai “riassorbito” nel mondo del lavoro.

L’esito delle amministrative eporediesi potrebbe intaccare le politiche sociali?

Ellade Peller

«Non voglio neanche pensarla questa cosa» afferma Ellade Peller, presidente del consorzio. Il fatto che Ivrea sia stata governata  da partiti di centro-sinistra da più di trent’anni a questa parte ha inciso positivamente sulla tenuta delle politiche sociali erogate dal Consorzio, soprattutto a livello di fondi garantiti a livello comunale. Che il centro-sinistra eporediese non goda oggi di buona salute è sotto gli occhi di tutti e il timore che il testimone della città possa passare ad altre forze politiche è più che mai concreto. Anche se questo scenario dovesse verificarsi, tuttavia, Peller non ha dubbi: «Ivrea ha avuto una storia politica di un certo tipo, ma soprattutto una storia sociale di un certo tipo, come la storia degli Olivetti insegna. Mi sembra che questo sia un patrimonio acquisito e la dimostrazione arriva dai Comuni che in questi anni di tagli hanno retto e non hanno diminuito la loro quota al Consorzio. Fino al 2010/2011 le risorse maggiori provenivano dalla Regione, mentre oggi arrivano proprio dai Comuni, con una media procapite di 30,54€».

C’è da augurarsi che la presidente Peller abbia ragione, perché va ancora di moda il mantra “né di destra, né di sinistra” che in molti casi accompagna l’ideologia competitiva (secondo la quale vincono i migliori e chi resta indietro è colpevole, destinatario al massimo della compassione sociale) a scapito di politiche per la ricerca dell’eguaglianza sociale.
E la povertà che si sta consolidando nel Canavese è, purtroppo, ben lontana dall’essere “post-ideologica”.

Andrea Bertolino

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