Normalizzata e ridimensionata AEG coop in assemblea per rinnovare gli amministratori

Giovedì 17 maggio, alle ore 18, all’Officina H di Ivrea, l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio 2017, l’elezione del CdA e del Collegio Sindacale del prossimo triennio e decidere in merito a una transazione sull’azione di responsabilità avviata contro l’ex presidente.

La narrazione di Andrea Ardissone, presidente di AEG coop, nella lettera ai soci che presenta il bilancio dell’esercizio 2017 della storica “cooperativa del Gas” eporediese è (com’è ovvio che sia) molto positiva. Non solo per l’anno passato, ma per «il ciclo triennale della gestione legata alla mia Presidenza», scrive Ardissone elencando una serie di indicatori positivi: lo scambio mutualistico passato in tre anni dal 13% al 62%, l’indebitamente finanziario netto sceso «da 19,1 milioni di Euro (fine 2014) a 7,3 milioni di Euro (fine 2017)» mentre «la cessione del business dei Grandi Clienti ha ridotto il profilo di rischio della Cooperativa». Meno positivo il «risultato finale negativo per 1,4 milioni di Euro» dell’esercizio 2017 e conseguente riduzione dei benefici ai soci in termini di sconti sul gas (consumato per il 68% da soci) e su energia elettrica (consumata per il 38% da soci).
Il riferimento al triennio passato da parte del presidente Ardissone è però d’obbligo perché l’assemblea dei soci della AEG coop di giovedì 17 maggio dovrà non solo occuparsi dell’approvazione del bilancio dell’anno 2017 e degli altri adempimenti connessi (tra cui i compensi agli amministratori e ai Sindaci della società), ma anche del rinnovo per i prossimi tre anni del Consiglio d’Amministrazione e del Collegio sindacale.
A competere per il CdA due liste: “Rinnoviamoci”, guidata da Antonio Castiello (con Alberto Dini, Antonio Potenza, Paolo Gianoglio Vercellino e Giuseppe Andriolo) e Futuro 1901” guidata da Andrea Ardissone (con Massimo Sosso, Barbara Gallo, Alessandro Sabolo e Alberto Zambolin). Mentre sono cinque i candidati al Collegio Sindacale (Paolo Giovanni Coda Negozio, Paolo Debernardi, Calogero Terranova, Manuel Mantovani e Carlo Federico Goldoni).
Con il sistema elettorale istituito nel 2015, la lista per il CdA che avrà ottenuto più voti occuperà cinque posti nel nuovo Consiglio, mentre i restanti due posti spetteranno ai due più votati della lista perdente. Per il Collegio Sindacale, essendo i candidati solamente cinque, saranno i voti ottenuti da ciascuno a decidere quali saranno i tre membri effettivi e i due supplenti.
L’assemblea dei soci di giovedì deciderà quindi chi guiderà AEG coop nel prossimo triennio, ma la competizione non appare tesa, né una lista appare alternativa all’altra.
Ardissone con “Futuro 1901” (composta dai consiglieri d’amministrazione uscenti ad eccezione di Natalina Buscaglia sostituita da Barbara Gallo) chiede una conferma, perché «c’è ancora molto lavoro da svolgere per ridare alla Cooperativa il ruolo che merita nei confronti dei propri Soci e di tutta la società canavesana», convinto che «il futuro della Cooperativa dipende poi in gran parte dallo sviluppo del contesto canavesano, per questo (…) oggi abbiamo deciso di guidare e rendere così possibile l’operazione della Fabbrica di Mattoni Rossi, per dare un segnale di discontinuità rispetto ad una prassi diffusa di passività e rassegnazione che ha preso il sopravvento negli ultimi anni».
Dal canto suo la lista “Rinnoviamoci” con Castiello (consigliere uscente di minoranza) dichiara subito che «non vuole contrapporsi in modo frontale alla maggioranza uscente in una logica di scontro; riconosce anzi il lavoro fatto per mettere in sicurezza i conti, per ridurre i rischi e per riorganizzare l’azienda», ma ritiene che «non si sia avviata nessuna discussione vera per ridefinire una strategia che renda AEG Cooperativa meno fragile, protesa al futuro nel campo energetico, più attenta ai soci e al territorio in cui opera». E per questo si candida a «portare in Consiglio di Amministrazione nuova linfa ed energia, con un’attenzione specifica per i soci».
Appare evidente già da queste dichiarazioni che il voto dell’assemblea dei soci non potrà provocare alcuno scossone alla direzione imboccata tre anni fa dalla cooperativa AEG.
Un ultimo punto all’ordine del giorno, la “proposta per transigere azione di responsabilità nei confronti dell’ex Presidente” è in sostanza la richiesta all’assemblea dei soci di pronunciarsi sulla possibilità di cessare l’azione giudiziaria (verificati i costi che comporta) nei confronti dell’ex presidente Ivan Pescarin (che peraltro ha chiamato in causa due sindaci dell’AEG) e giungere a una transazione sulle responsabilità per la vicenda del fallimento Tradecom (oggetto centrale dell’infuocata assemblea del 2015 che segnò il cambio dell’amministrazione e degli indirizzi della cooperativa).

Chiusa l’anomalia eporediese di un’azienda vissuta come “bene comune locale”.

Sarebbe una vera sorpresa rivedere, giovedì 17 maggio, il salone dell’Officina H brulicante di soci, ma quasi certamente non sarà cosi perché l’AEG coop che va all’assemblea non è più la stessa di qualche anno fa. Oggi è una normale (o normalizzata) piccola azienda del territorio.
I suoi soci sono ancora quasi ventimila, vende ancora energia (gas e metano), è ancora presente nella vita del territorio, ma è sempre meno socialmente sentita come “bene comune locale”, sul cui ruolo e sulle prospettive, ancora pochi anni fa, si animavano partecipazione e passioni (e anche, inevitabilmente, manovre e manovrine della politica locale e dei “professionisti dell’amministrare”).
La “grande alleanza” (tra PD, destre, notabili e “mondo dei professionisti”) che tre anni fa stravinse il “referendum sulla gestione Pescarin” [vedi varieventuali n. 13 del primo luglio 2015] e l’amministrazione Ardissone (nel 2015 presentava così la sua lista: “con competenze fresche e riconosciute, maturate proprio negli ambiti giusti: cooperazione, amministrazione, impresa, finanza”) che di quella “grande alleanza” fu l’espressione, ha messo fine a questa “anomalia eporediese”, probabilmente in maniera definitiva.
Può darsi che non potesse andare diversamente, può pure darsi che AEG intervenga nel territorio e forse anche in modo più strutturale (vedi l’acquisto della “Fabbrica di mattoni rossi”), ma sembra ormai improbabile che possa essere ancora percepita come un “bene comune locale” e attivare passioni e partecipazione della comunità locale. Passione e partecipazione che sarebbero tanto più necessarie oggi per orientare un intervento significativo, qual è questo del riuso della “Fabbrica di mattoni rossi”, e non lasciare che si riduca alle prevedibili consuete ricette, avanzate da “agenzie specializzate”, di improbabili “incubatori”, “startup” et similia.
Al di là della narrazione del presidente Ardissone (peraltro sostanzialmente condivisa dalla lista concorrente “Rinnoviamoci”) resta poi la perdita d’esercizio di 1,4 milioni di euro e un calo dei ricavi complessivi (che, per effetto della cessione del settore dei “grandi clienti” passano da 236 milioni di euro del 2016 a 28 nel 2017). E perciò quella che appare oggi è un’azienda, di 23 dipendenti in totale (compresi un dirigente e tre quadri), decisamente più piccola, con il solo punto di forza costituito dalla proprietà di AEG Reti Distribuzione, che potrebbe avere difficoltà a realizzare i margini necessari per offrire prezzi (anche con sconti ai soci) e servizi economicamente competitivi in un settore, quello della vendita dell’energia, che vede grossi e medi operatori molto aggressivi.
Infine, una nota a margine: era apparsa subito una mera ripicca strumentale “l’azione di responsabilità” avviata contro Pescarin, indicato come “unico responsabile” degli effetti su AEG del fallimento Tradecom. Un’azione che si spiegava con la volontà di rimarcare la completa rottura con la lunga (15 anni) presidenza dello stesso Pescarin, ma era evidentemente poco credibile come tentativo di recuperare da questi una somma che anche lontanamente si avvicinasse al danno determinato ad AEG coop dal fallimento Tradecom. Viene da chiedersi come mai, raggiunto lo scopo, legali e commercialisti AEG abbiano dovuto impiegare tre anni per capire quanto fosse “più la spesa che l’impresa”. A meno che, pensando male, non si tratti di una manovra di distrazione per riportare l’attenzione sulla vicenda Tradecom e avvalorare così l’immagine di “salvatori della cooperativa” degli amministratori attuali. Magari sorvolando sui risultati della loro gestione e giustificando con quella vicenda qualsiasi ritardo e passaggio critico. Ma, appunto, solo pensando male.

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