Quando la zuppa stava al suo posto

Con una petizione oltre cinquemila persone tra genitori, insegnanti e comuni cittadini chiedono chiarezza su vassoi in plastica e cibi “inadatti”, e il ritorno ai piatti da lavare.

Ad occhio e croce cinque tonnellate di plastica prodotta da settembre a oggi. Urca, si chiederà il nostro gentile pubblico più attento alle questioni ambientali, dove? In quale metropoli, sito, discarica abusiva? Niente di tutto questo. Il triste primato va alle mense delle scuole di Ivrea dove, a partire per l’appunto dall’inizio dell’anno scolastico, si sono sostituiti i piatti lavabili con vassoi a scomparti, in plastica non compostabile “usa e getta”.
Non solo. Senza alcun coinvolgimento della Commissione mensa è stato modificato il menù, abolendo tutti i primi “liquidi” (minestre, zuppe, passati di verdura o di legumi) indispensabili per una dieta sana ed equilibrata, ma, ahinoi, non scodellabili nei suddetti vassoi, i cui scomparti non abbastanza profondi provocano la “tracimazione” delle minestre da uno scomparto all’altro.
Risultato: l’accumulo evidente di immotivate montagne di plastica e, soprattutto, l’impossibilità, per le/gli insegnanti, di continuare a svolgere correttamente il proprio ruolo di educatrici/educatori e non, si badi bene, di fornitura di nozioni. Qui si tratta di bambine e bambini. Qui si formano individui. Si costruisce il futuro. Mica robetta. E come caspita si fa a insegnare (oggi più come mai, mentre la pandemia ci ricorda che qualche errore lo abbiamo commesso, che non abbiamo affatto rispettato il pianeta che abitiamo) a queste future cittadine e cittadini del mondo che la natura va rispettata, che è bello e sano andare in bicicletta, che il cibo non deve essere sprecato, che mangiare bene è importante se poi, appena ci giriamo dall’altra parte, razzoliamo piuttosto maluccio?
Deve essere stato proprio il non volersi girare dall’altra parte che ha fatto sì che un gruppo di insegnanti della scuola primaria (tra le quali Alessandra Ferraro, Clotilde Buratti, Rosanna Zordan, Roberta Schincariol) ha deciso di inviare, lo scorso 15 ottobre, una prima lettera al responsabile dell’Ufficio Scuole del Comune di Ivrea Giovanni Repetto.
Il 21 ottobre arriva la risposta nella quale tra le altre cose Repetto informa le insegnanti  di aver “già esposto alcune motivazioni sul perché dell’organizzazione del servizio di refezione scolastica nelle passate riunioni con i dirigenti scolastici e i loro collaboratori (…) Le soluzioni  come potete immaginare non sono semplici , perché la situazione è complessa e molto articolata, dovendo prendere in esame diversi bisogni spesso contrapposti, ma vi assicuro che anche il fattore sostenibilità ecologica è preso in esame; così come prima di fare determinate scelte ci siamo consultati con il dipartimento di igiene e nutrizione dell’ASL”. Si informano inoltre le insegnanti che “il vassoio può essere differenziato nella raccolta della plastica “a patto che vengano eliminati tutti i residui di cibo” oppure “nel caso in cui non vi siano le condizioni per poter pulire correttamente il vassoio (…) nell’indifferenziata. Le posate non costituiscono un imballaggio e vanno inserite nella raccolta differenziata”.
Al sindaco di Ivrea Stefano Sertoli arriva intanto una petizione firmata da cinquemila persone nella quale gli si chiede che si ponga “fine a questo sconsiderato ed inutile utilizzo di stoviglie di plastica usa e getta e si torni ad utilizzare al più presto i piatti lavabili” (cosa che già avviene in molti Comuni limitrofi!). Infine, in un articolo su La Stampa dello scorso 3 gennaio l’Assessora ai Sistema Educativi Giorgia Povolo precisava che il passaggio alle stoviglie usa e getta (così come le modifiche al menù che hanno determinato l’eliminazione dei primi liquidi) “si è reso necessario a causa delle norme anti-Covid  e che, dovendo mangiare nelle aule in quanto i refettori non possono essere utilizzati “per questioni logistiche e di igiene si è valutato, insieme ai dirigenti scolastici e alla ditta che gestisce il servizio, di affidarci ai vassoi usa e getta che si riciclano (…) Ci sono vassoi preformati lavabili e riutilizzabili, realizzati con altri materiali che non possono essere riciclati. Dovremmo acquistarne 1600 per un investimento di circa 25mila euro. Però a quel punto diventerebbe una soluzione definitiva da utilizzare anche post Covid”.

Insomma, nulla di sostanzioso o sostanziale rispetto alle richieste precise, chiare e motivate di chi ha firmato la petizione e che Alessandra Ferraro ancora una volta riassume:

1) Interrompere immediatamente l’uso dei vassoi di plastica monouso che producono ogni giorno, enormi quantità di materiale plastico. Al momento i dati aggiornati, con la ripresa della scuola secondaria di primo grado, dicono che ogni settimana escono dalle nostre mense circa 250/260 chilogrammi di plastica. Da sottolineare che se questa plastica non è sufficientemente pulita, il riciclaggio non è fattibile e la plastica quindi viene considerata rifiuto indifferenziato!

2) Ripristino dei PIATTI lavabili in lavastoviglie, perché non vi è alcun legame tra le norme igieniche da rispettare e la modalità (esattamente identica a quella precedente ) in cui viene somministrato il cibo. Quasi tutti i Comuni limitrofi hanno continuato a servire i pasti nei piatti lavabili.

3) NON vogliamo che il Comune acquisti vassoi di plastica lavabili: non vi è alcun sensato motivo di spendere soldi pubblici per l’acquisto di vassoi di plastica lavabili perché I PIATTI LAVABILI ci sono già’!!!! Inoltre, se questi nuovi vassoi venissero acquistati e messi in uso sarebbe impossibile far ritorno al menù equilibrato e rispettoso delle indicazioni nutrizionali nazionali, poiché in questi vassoi come in quelli “usa e getta”, è impossibile servire pietanze liquide come minestre, passati di verdura, zuppe.

a cura di Simonetta Valenti