Asteroid City

Martedì 21 maggio : ore 15.00– 17.10–19.20–21.30
Mercoledì 22 maggio: ore 15.30 – 18.00

Regia: Wes Anderson / Interpreti: Jason Schwartzman, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Jeffrey
Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Edward Norton, Adrien Brody, Liev Schreiber, Hope Davis, Stephen Park, Rupert Friend, Maya Hawke, Steve Carell, Matt Dillon, Hong Chau, Willem Dafoe, Margot Robbie, Tony Revolori, Jack Ryan, Jeff Goldblum / Soggetto: Wes Anderson, Roman Coppola / Sceneggiatura: Wes Anderson / Fotografia: Robert D. Yeoman /Musiche: Alexandre Desplat / Montaggio: Barney Pilling / Scenografia: Adam Stockhausen / Distribuzione: Universal / Origine: USA-Germania / Durata: 105′

Scheda filmografica 29

Asteroid City, 1955. In un sito del deserto del Nevada, rinomato per il suo cratere dopo l’impatto di un asteroide gigante, si incontrano i destini di un reporter di guerra in lutto per la moglie, un’attrice che sa esistere soltanto nello sguardo degli altri, un nonno malinconico che prova a ‘raggiungere’ le nipotine, una scienziata sopraffatta dagli eventi e una varia umanità perduta in uno spazio troppo grande. Durante una convention di giovani scienziati in erba (la Junior Stargazer), confluiti nella cittadina turistica per presentare le loro invenzioni, un extraterrestre ‘cade’ dal cielo. Il governo degli Stati Uniti, allarmato dalla presenza aliena, mette tutti i convenuti in quarantena. Costretti in cattività, devono coabitare pazientemente, tessendo legami e varcando porte che conducono a una realtà in bianco e nero.
In concorso al 76° Festival di Cannes, due candidature a People’s Choice Awar, una candidatura a Critics Choice Award, una candidatura a ADG Awards,

Wes Anderson si rivela e rivela la sua condizione di artista, affrontando di petto le sue paure e i tormenti della creazione.
(…) Un film sul deserto del nostro scontento che comincia con un guasto. Un’auto in panne nel mezzo di nowhere, una città cratere, un enorme buco con cui autore, film e personaggi dovranno fare i conti e comporre, (ri)comporsi.
Al contrario dell’effervescente The French Dispatch, che saturava i piani nel tentativo di combattere l’assenza di appigli drammatici e tematici, Asteroid City fa corpo col vuoto. Se Wes Anderson ha sempre gestito la miniatura dei grandi spazi (Il treno per il Darjeeling, Moonrise Kingdom, Grand Budapest Hotel), questo deserto da cartoon è uno spazio troppo grande per lui, impossibile da governare. È un ‘trucco’ alieno in tre atti che confronta i suoi eroi col vuoto interiore per riaffermare meglio il potere delle storie.
Storie al quadrato e al cubo, perché Asteroid City è una pièce di teatro narrata da Bryan Cranston e adattata per la televisione da Adrien Brody. Un’opera teatrale in bianco e nero che diventa pure la storia a colori di coloro che danno vita al racconto. Attraverso un gioco di quinte e di flashback, la finzione si nutre della vita che attende in balcone e in una sequenza regale con Margot Robbie, in cui personaggi e attori si (con)fondono.
Fermo alla stazione di servizio di Steve Carell e nell’America paranoica degli anni Cinquanta, il cinema di Anderson ha messo in pausa la vita coi suoi mille personaggi, più consistenti
dell’armata stellare di The French Dispatch, che il sovraccarico decorativo finiva per devitalizzare. Sotto la parrucca bruna, Scarlett Johansson si innamora di Jason Schwartzman, eternamente orfano e melanconico dentro un dispositivo di cui attore e autore sono ormai prigionieri. O forse no. La risposta non è così evidente. Perché se il film precedente soffriva un approccio teorico che metteva sistematicamente fuori gioco l’emozione, Asteroid City è il suo sensibile contropiede.
Mai come oggi, il regista si è rivelato e ha rivelato la sua condizione di artista. La nuova frontiera di Wes Anderson è assumere finalmente la sua ossessione, la perfetta fotogenia della sua ossessione, è affrontare di petto le sue paure, i limiti della sua arte e i tormenti della creazione. E tutto passa attraverso il percorso emozionale dei suoi personaggi, che ritrovano una forza di incarnazione crudelmente assente negli ultimi lavori.
Il sistema Anderson non funziona ancora a pieno regime ma brucia i confini tra reale e finzione e ribadisce la necessità di sognare la vita per sublimare i drammi.
Perché il cinema è meglio della vita e ci aiuta a vivere.
Marzia Gandolfi

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