CARACAS

Martedì 19 marzo : ore 15.00– 17.10–19.20–21.30
Mercoledì 20 marzo: ore 15.30 – 18.00

Regia: Marco d’Amore / Interpreti: Marco d’Amore, Toni Servillo, Lina Camélia Lumbroso / Fotografia: Stefano Meloni / Scenografia: Fabrizio D’Arpino / Tratto dal romanzo “Napoli ferrovia” di Ermanno Rea / Distribuzione: Vision / Origine: Italia / Durata 110’
variazione di programma: sostituisce Priscilla

Scheda filmografica 23

Giordano Fonte è uno scrittore napoletano che si aggira in una Napoli che inghiotte e terrorizza ma allo stesso tempo affascina, una città che non riconosce più dopo esservi tornato dopo molti anni. Ma non è solo. Con lui c’è Caracas, un uomo che milita nell’estrema destra e che sta per convertirsi all’Islam, alla ricerca di una verità sull’esistenza che non sa trovare. Giordano canta l’amore impossibile tra Caracas e Yasmina attraversando una città dove tutti sperano di non perdersi, di salvarsi. Tutti, anche Caracas e Giordano, sognano di poter aprire gli occhi dopo un incubo e scorgere, dopo il buio della notte, una giornata piena di luce.
Tratto dal romanzo “Napoli Ferrovia” di Ermanno Rea, Caracas è il secondo film da regista di Marco D’Amore, il primo però dove si separa dal cordone ombelicale di Gomorra e dal personaggio di Ciro l’Immortale. D’Amore è anche interprete e sceneggiatore del film, insieme a Francesco Ghiaccio, e ritrova, oltre al contesto napoletano, pure Toni Servillo. Al suo fianco aveva già recitato nel film che ha dato la prima vera spinta alla sua carriera: Una vita tranquilla di Claudio Cupellini.
(Andrea Fornasiero)

UN GIRONE DANTESCO IN UNA NAPOLI MOLLE.
MARCO D’AMORE GETTA IL CUORE OLTRE OGNI OSTACOLO.
Giordano Fonte è un celebrato scrittore napoletano che torna dopo tanti anni nella sua città dove annuncia che smetterà di scrivere. Caracas è un uomo che non ama le mezze misure, milita in un gruppo violento di estrema destra e sta per convertirsi all’Islam. Yasmina è la sua amata, drogata persa nei vicoli della città. Dal loro incontro-scontro, dopo il buio della notte, s’intravede una nuova alba per Napoli.
Marco D’Amore, attraverso il romanzo di Ermanno Rea “Napoli Ferrovia”, torna a raccontare la sua Napoli dove i labirinti personali dei tre protagonisti cercano una salvifica via di uscita.
Il cameratismo d’un gruppo di paracudisti, non militari, che, di giorno, sembrano quasi danzare leggiadri nell’aria per poi, di notte, far sprofondare nella terra, con i loro bastoni e catene al grido di “Dux”, gli immigrati nei vicoli napoletani. L’incipit di Caracas, con la musica contundente di Rodrigo D’Erasmo, è travolgente ed è il manifesto del film, dello stile del regista e del suo sguardo.
Il cielo (e il mare), con la luce, aprono e chiudono, con una circolarità coerente, un racconto fatto di buio, di perdizione, per la quarta prova registica di Marco D’Amore che, dopo aver diretto alcuni episodi di Gomorra – La serie e del suo midquel/spin-off L’immortale, in Caracas torna a raccontare la sua città ma più come un ideale proseguimento del suo documentario ramingo Napoli magica. Con in più la mediazione del testo, complesso perché cronachistico, “Napoli ferrovia” di Ermanno Rea il cui “Nostalgia” è stato recentemente portato al cinema da Mario Martone con una compagine produttiva molto simile a quella di Caracas.
È un momento d’oro per Napoli attraversata da sguardi così forti che mettono in scena la scrittura di Rea raccontando al contempo la trasformazione di una città, amata/detestata, con l’importante apporto del melting pot presente sia in Nostalgia che in Caracas. In quest’ultimo caso la forma diaristica trova nella sceneggiatura di Francesco Ghiaccio e di Marco D’Amore soluzioni arrischiate che lavorano su diversi piani temporali e sui diversi punti di vista. Si inizia con quello del personaggio di Caracas (Marco D’Amore) che sceglie di passare da un gruppo di estrema destra paramilitare all’Islam con la pace cercata e trovata nella preghiera musulmana e nei suoi riti preparatori. Si passa poi a quello di Giordano Fonte (Toni Servillo) che, tornato dopo tanto tempo nella sua Napoli, in una conferenza annuncia il suo ritiro ma poi l’incontro leggero con degli scugnizzi lo riporterà alla sua giovinezza e gli aprirà un’inaspettata e nuova vena creativa. Infine tocca al personaggio femminile di Yasmina, tossicodipendente in cerca di amore (una strepitosa Lina Camélia Lumbroso vista in alcuni videoclip di Enea Colombi, in Italia, e di Guillaume Alric, in Francia dove ha recitato anche nel film di Guillaume Nicloux La tour) rappresentare il corpo martoriato di Napoli con le sue vene/viscere dispiegate.
Marco D’Amore sceglie di raccontare questo intreccio, con il viaggio labirintico nella città, fisico e mentale dei tre protagonisti, prediligendo in parte i toni da girone dantesco, affidando alla fotografia di Stefano Meloni il compito di mostrare una Napoli notturna, bagnata, molle e ammuffita, una “città spugna” che ricorda, solo per la pioggia che cade incessante, quella di Igort e del suo 5 è il numero perfetto, peraltro sempre con Servillo.
Ma se l’ambientazione sovraccarica funziona, l’accumulazione con l’amplificazione degli elementi musicali incessanti, la voce fuori campo di Servillo che ripete che «a volte è meglio non sapere le cose, il bello della vita è proprio questo: ignorare che cosa accadrà domani, anzi, che cosa accadrà tra un istante. Del resto, come potremmo nutrire qualunque speranza nel nostro futuro, se lo conoscessimo già?», gli onirismi e poi i vari finali e sottofinali a effetto, finiscono per costituire una ridondanza barocca che rischia di annebbiare e confondere per eccesso un film che getta il cuore oltre ogni ostacolo.
(Pedro Armocida)

Il regista e protagonista: Marco d’Amore.
Promosso dal trionfo internazionale del crime drama Gomorra – La serie, grazie al personaggio del mafioso Ciro, Marco D’Amore entra in quell’onda di tendenza che lo renderà noto in tutta Italia. Definito un vero e proprio fenomeno della recitazione, cavalca la sua fortuna accettando varie scritture. Diventa il protagonista di Un posto sicuro, una pellicola sui disastri dell’Eternit, e lancia feroci sguardi alle cineprese di Perez. di Edoardo De Angelis e di Alaska. Entra poi nel cast di Brutti e cattivi (2017) e del road movie Drive Me Home – Portami a casa, sconvolgendo totalmente la personificazione peculiare alla quale era avvezzo lo spettatore italiano. Non più il camorrista rodato Ciro Di Marzio, ma il biondo camionista gay Agostino.
Passato alla regia di alcuni episodi della quarta stagione di Gomorra, dirigerà anche il lungometraggio L’immortale, riprendendo proprio i panni del personaggio che lo ha reso celebre.

Parla il regista
Caracas è un figlio del nostro tempo, solo e perduto. Caracas è il Cristo della ferrovia, ultimo tra gli ultimi. Caracas odia il mare e bestemmia Napoli tra i denti.
Al suo fianco ha trovato un grande vecchio, un romanziere che si aggira nei budelli di una città che non c’è più, che non riconosce più, ma che è stata casa sua. Giordano vuole smettere di scrivere perché sa che essere tornato è stato un errore.
La Napoli di Caracas è una città abbandonata e sfatta, bellissima. Abusata e sfrontata. Dannata. Napoli non è Napoli, è un barrio sudamericano, una favela brasiliana, una baraccopoli indiana.
Eppure tra i vicoli di questa babele, nell’umido delle sue strade, tutti sentono di poter realizzare i sogni e ballare avvinghiati di passione.

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