Se la mobilità e la ferrovia riguardano tutti

Prima di investire soldi e avviare progetti importanti occorre fermarsi e riflettere su quanto si sta per compiere. La lettera inviata ai comuni e soggetti promotori del protocollo d’Intesa mira a quest’obiettivo

passaggio-a-livello-segnali«Chiediamo alle amministrazioni coinvolte dal Protocollo di promuovere un incontro pubblico nel quale RFI quale soggetto proponente, la Città metropolitana e la Regione Piemonte quali soggetti istituzionali garanti del rispetto di una corretta pianificazione, possano presentare i progetti e avviare un confronto con il territorio».

Con queste parole termina il documento datato 2 dicembre e firmato da diverse associazioni del territorio canavesano, di quello valdostano e chivassese. Domenico Pignataro (Presidente del circolo Legambiente Dora Baltea Ivrea), Brotto Danilo (Pr. del circolo Legambiente “Pasquale Cavaliere” del Basso Canavese), Franceschinis Mirko (Pr. associazione Utenti Ferrovia Chivasso-Ivrea-Aosta) e Massimo Giugler (Pr. Associazione Pendolari Stanchi Vda) sottolineano con piacere l’attivazione di diversi enti istituzionali per promuovere una risoluzione che da troppo tempo comporta disagi sia ai pendolari che si spostano su rotaia, sia a quelli che si muovono su gomma, ma ciò che parimenti intendono evidenziare è l’approccio frammentato con il quale si sono affrontati questi problemi.
«Il tratto di linea ferroviaria» si legge «che va da Borgofranco a Quincinetto certamente presenta delle criticità, ma il problema dei passaggi a livello è presente su tutta la tratta piemontese della linea Chivasso – Aosta; dal punto di vista degli utilizzatori del treno, sarebbe altrettanto importante intervenire nella tratta a sud d’Ivrea, dove sono presenti sia un volume di traffico ferroviario molto più elevato, sia alcune gravi criticità come i passaggi a livelli di Cerone e di Arè.»
A queste premesse i firmatari hanno aggiunto: «Pensiamo quindi che sia necessario un approccio più ampio, coinvolgendo non solo 5 amministrazioni, ma tutte quelle che insistono sulla tratta oggetto di intervento e i relativi cittadini […]».
L’importanza del progetto e la dimensione dei capitali che dovrebbero essere impiegati (circa 25 milioni di euro) dovrebbero essere accompagnate da studi preliminari da affrontare assieme a figure esperte, specializzate e competenti, possibilmente prima che il protocollo d’intesa venga definitivamente accettato. Ciò che le associazioni suggeriscono è che venga varato uno «studio che metta a fuoco le esigenze di mobilità dei cittadini, studi i flussi attuali, coniughi le possibilità di spostamento con i vari vettori oggi esistenti, ponderi in prospettiva quali possano essere i flussi futuri e i futuri mezzi di trasporto, promuova l’utilizzo di mezzi di locomozione a emissione ridotta di Co2, in linea con gli obiettivi della programmazione europea 2014-2020 […]».

L’idea di fondo è semplice e coerente: stanno per essere smossi ingenti quantitativi di denaro che ripenseranno alcuni elementi di viabilità ferroviaria e stradale e, per fare questo, è fondamentale ragionare sulle possibili conseguenze di ciò che si sta per fare. Prima di avviare qualunque lavoro, allora, far sedere attorno allo stesso tavolo associazioni, istituzioni e soggetti proponenti potrebbe essere la strada giusta per una cooperazione in grado di migliorare la qualità dei servizi e di rendere l’iniziativa il più possibile partecipata e inclusiva.

La fretta, come si suol dire, è cattiva consigliera.

Andrea Bertolino