Triste, solitario y final: il PD alle primarie del 3 marzo

In pieno Carnevale il “congresso” del PD, ovvero le primarie per l’elezione del segretario nazionale dopo la sconfitta elettorale epocale di un anno fa.

Si svolgeranno domenica 3 marzo in tutta Italia le primarie del PD per l’elezione del segretario e dei mille delegati all’Assemblea nazionale.
Come di consueto, come previsto dal “regolamento per il congresso 2019”, potranno partecipare al voto «tutte le elettrici e gli elettori che, al momento del voto (…) “dichiarino di riconoscersi nella proposta politica del Partito Democratico, di sostenerlo alle elezioni, e accettino di essere registrate nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori”».
Chi parteciperà alle primarie piddine sceglierà uno dei tre candidati a Segretario nazionale (Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti), ai quali sono collegate le tre liste per l’Assemblea nazionale, che otterranno un numero di eletti proporzionale alle percentuali ottenute da ciascun candidato segretario. Verrà eletto Segretario chi avrà ottenuto più del 50% dei voti, ma, «qualora nessun candidato abbia riportato tale maggioranza assoluta», l’Assemblea nazionale (già convocata per il 17 marzo) procederà al «ballottaggio a scrutinio segreto tra i due candidati collegati al maggior numero di componenti l’Assemblea».
La scelta di domenica 3 marzo, a un anno dalla storica sconfitta elettorale del 4 marzo 2018, è stata incurante del fatto che si tratti della domenica di carnevale, festa che si svolge in molte parti d’Italia, anche se certamente non in modo così totalizzante come qui a Ivrea e nell’Eporediese. Lo rileva anche il comunicato del Coordinamento PD del Canavese nel quale si legge che «la situazione ad Ivrea – per la concomitanza tra le primarie e il carnevale- ha richiesto una variazione del posizionamento del seggio e sconterà la massima attenzione dedicata dai cittadini al Carnevale proprio nella giornata di domenica». Saranno comunque 25 i seggi [vedi prospetto] in tutto il Canavese nei quali iscritti ed elettori del PD potranno votare, dalle ore 8 alle ore 20 di domenica 3 marzo, per il segretario nazionale. Furono un milione e ottocentomila a partecipare all’ultima tornata di primarie, ma in questa sarebbe considerato un successo la partecipazione di un milione di votanti.
Per il Coordinamento PD del Canavese le primarie saranno anche l’occasione per una raccolta di firme su «un documento “Siamo il Canavese che dice SI” che riassume le priorità per il nostro territorio».

 

Triste, solitario y final

E’ certamente a sproposito l’uso del titolo del bel romanzo d’esordio di Osvaldo Soriano (perché, seppur malinconico, è pieno di vitalità e di trovate) per riferirsi a questo ultimo “congresso” del PD. Eppure “triste, solitario y final” sembra riassumere bene i sentimenti (the sentiment direbbero oggi i markettari, delle aziende come della politica) che suscitano queste ennesime primarie del PD. Una bizzarra pratica, introdotta dalla nascita del PD nel 2007, che consente a chiunque di scegliere chi debba essere il segretario di una forza politica della quale la maggioranza dei votanti non fa parte. Primarie sempre centrate sulle “personalità” dei candidati e sostanzialmente slegate, e queste più che mai, da programmi, tesi, argomenti e proposte diverse e riconoscibili.
Triste è vedere come il partito che doveva raccogliere e fondere l’eredità di due grandi culture popolari potenti e importanti (pur con tutte le loro ombre) quali sono state in questo paese quella democristiana e quella comunista, giunga a una sconfitta elettorale epocale, qual è stata quella del 4 marzo dello scorso anno (e le tante che l’hanno preceduta e seguita), e non sia neppure in grado di interrogarsi, analizzare e confrontarsi in un congresso vero. Perché chiamare “congresso” questa pantomima delle primarie (o, peggio, le bizze di Renzi e le trovate di Calenda) risulta ridicolo, prima ancora che triste. Ridicolo che arriva alla farsa grottesca quando le stesse logiche vengono mutuate localmente, come è accaduto negli ultimi due anni nel PD eporediese (con le primarie per il segretario di circolo e i Ballurio’s shows).
Solitario sembra essere il destino scelto dal PD, non tanto e non solo per la supponenza e la “vocazione maggioritaria” di veltroniana memoria che talvolta riaffiora. E neppure per la scarsa volontà di qualcuno degli attuali candidati segretari di costruire alleanze con altre forze politiche e sociali. Solitario per la distanza ormai enorme tra il PD e i sogni e bisogni degli strati popolari, dei lavoratori, delle “periferie sociali”. Una distanza cresciuta con provvedimenti e scelte dei governi a guida PD e che oggi, dall’opposizione, si esprime con il farsi interprete dei diktat del finanzcapitalismo (per dirla con Gallino) e con la guerra al “reddito di cittadinanza” (che sarà anche mal congegnato e confuso, ma rappresenta una misura concreta contro la povertà e le disuguaglianze cresciute come non mai). Solitario perché non sembra destinata a grandi risultati la concorrenza (particolarmente scatenata qui in Piemonte con Chiamparino) con Lega e Forza Italia a chi “si fa più amico” di Confindustria e annessi e connessi. Fare a gara per mostrare di essere il miglior interprete degli interessi dei “mondi produttivi” (come fa, in sedicesimo, il locale documento “Siamo il Canavese del sì” che neppure in un passaggio cita i lavoratori o gli strati popolari), può creare l’illusione di avere nuovamente un ruolo come amministratori di territori, ma condanna definitivamente ad essere, appunto, interpreti di gruppi di interesse. Non certo progettisti di futuro che aggregano pezzi di società, suscitano passioni e stimolano azioni.
Final è, comunque vada, questo PD come l’abbiamo conosciuto in questi undici anni e mezzo di vita. Sia che Renzi e i suoi fondino un nuovo partito, sia che un Calenda qualsiasi lo svuoti definitivamente di senso e ne essicchi le residue esili radici. Un (improbabile) successo straordinario di Zingaretti in queste primarie potrebbe forse rallentare il processo, ma non l’esito. Un esito anche chiarificatore e che sarebbe perciò benvenuto, ma che desta qualche preoccupazione nell’attuale situazione di precarietà della democrazia. Nel nostro paese e nel mondo. Una situazione che in Italia è, comunque, figlia delle politiche blairiane, peraltro messe in atto qui fuori tempo massimo.
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