Un Polo culturale in cerca di identità

Il cantiere delle idee prova a raccogliere proposte e spunti per il rilancio di Piazza Ottinetti

In un convegno, anzi “workshop scientifico”, di due giorni, 7 e 8 giugno, tenutosi presso l’auditorium del Liceo Botta a Ivrea, si è conclusa una prima fase del processo che dovrà portare alla ridefinizione dell’area di Piazza Ottinetti , dove si affacciano il Museo Civico e la Biblioteca comunale, per diventare ”Polo culturale”.
Dopo i primi due incontri monotematici dei mesi precedenti, in questo “cantiere delle idee” organizzato dal Comune e dalla Fondazione Guelpa, sono stati chiamati a confrontarsi esperti nella gestione di reti bibliotecarie e musei provenienti non solo dal Piemonte ma anche da Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Abruzzo.
Qual è l’oggetto della discussione? Il Museo Garda è stato da poco ristrutturato ed aperto, la Biblioteca comunale necessita invece ancora di una profonda ricollocazione visto lo stato dei locali nei quali è ospitata e, giustamente, si vuole sfruttare questa ormai urgente necessità per ripensare tutto l’insieme della offerta culturale e dell’immagine stessa di Piazza Ottinetti. Non che questa esigenza non fosse mai venuta fuori prima: già nel 2011 era stato fatto un concorso per ripensare piazza ed edifici ma la scoperta di reperti romani sotto l’ex scuola Cena (non era difficile immaginarlo) aveva di fatto bloccato le velleità riformatrici e la crisi ha fatto il resto.
Ora per fortuna ci si rende conto che non è più sufficiente riaprire un museo o dare locali dignitosi a una biblioteca perché questi automaticamente diventino parte centrale nella realtà culturale di un territorio. I grandi mutamenti nella vita sociale, dovuti a mille cause ma comunque evidenti a tutti, unitamente a una estrema attenzione al reperimento di risorse, fanno sì che i processi importanti di rinnovamento vadano studiati e seguiti con grande cura, senza perdere per strada la partecipazione e la specificità di ogni territorio.
Sono molti gli spunti portati dai diversi relatori, supportati anche da esempi di analoghe operazioni realizzate in altre città, anche se diffusa è l’indicazione di capire innanzitutto quale sia l’anima che si vuole dare a questo nuovo cuore culturale, a chi si deve rivolgere, con chi si deve relazionare, che esperienza vuol fare vivere al frequentatore. Le domande suggerite sono molte, e naturalmente è più difficile fornire le risposte. Luca Dal Pozzolo, architetto e Direttore dell’osservatorio Culturale del Piemonte, raccomanda di preparare un progetto non blindato ma il più possibile a “bassa definizione” in modo che possa poi essere modulato anche in base agli utilizzatori. Antonella Agnoli, esperta in campo bibliotecario e membro del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, ragionando su Piazza Ottinetti nota che adesso è utilizzata in modo estemporaneo, non è una piazza che unisce per cui deve essere ripensata per farne un luogo piacevole, con panchine, ripari, vie di attraversamento e utilizzata nelle varie ore della giornata magari da pubblici diversi. Agnoli ha portato poi gli esempi di biblioteche non convenzionali ma di grande successo come la Biblio Toyen di Oslo, progettata dai ragazzi da 10 a 15 anni e a loro riservata (e gli adulti non ci possono andare) o quella ipermoderna di Thionville, pensata proprio per promuovere il senso di comunità e di accoglienza e che chiamare biblioteca è molto riduttivo. Claudio Rosati, museologo toscano, ha sottolineato l’importanza della formazione del personale in funzione di un progetto che interloquisca con le diversità della città mettendo al centro dell’attenzione non le collezioni ma i visitatori.
Più centrata sulla sostenibilità economica la giornata di giovedì, condotta da Roberto Cavallo Perin, docente di diritto all’Università di Torino. “Chi l’ha detto che le istituzioni devono comportarsi come imprese?”, si domanda Cavallo. Se il modus dell’impresa è la competizione quello dell’istituzione può essere anche la cooperazione, quindi basta al mito dell’azienda comunque. Il problema vero è che servono delle idee, e queste scarseggiano, per riconoscere a questo Polo, che si vuole creare, una sua identità particolare. Può essere l’unicità olivettiana, ancora oggi riconosciuta in tutto il mondo, come ha sottolineato Bandiera dell’Archivio Storico Olivetti, può essere la particolarità dell’Anfiteatro morenico, e quindi il paesaggio, gli sport all’aria aperta, ecc., può essere altro, ma questa scelta bisogna farla.
Daniele Jalla, presidente della Fondazione Guelpa, prova a tirare le fila chiarendo quale può essere il ruolo della Fondazione. Per ristrutturare l’edificio della Biblioteca bisognerà calcolare 5-6 milioni, forniti da Fondazione, Comune e Regione mentre è tutta la definire la questione della gestione e dei suoi costi (fattore molto contestato per il vicino Museo Garda). Strategico sarà il coordinamento con altri archivi e musei presenti in città (Archivio Storico Olivetti, diocesano, Tecnologic@mente, Archivio nazionale Cinema d’Impresa, …)

Tocca ai politici. Della Pepa, sindaco di Ivrea, propone di modificare la denominazione del Polo non più “di” Piazza Ottinetti ma “da” Piazza Ottinetti, a sottolineare l’apertura al resto della città. Una piazza che dovrà trovare orari per tutti e per tutte le fasce di popolazione e offrire spazi moderni e accoglienti in primo luogo ai 4000 studenti che giornalmente arrivano in città. L’assessore Benedino precisa che bisognerà arrivare a un progetto architettonico e a uno sulla gestione del Polo, ripensando il ruolo della piazza e trovando anche uno spazio esterno per i depositi e gli archivi, liberando così quelli in centro. Naturalmente non sarà questa amministrazione a portare a compimento questo percorso ma l’obbiettivo è di fornire alla prossima un progetto già approvato.

Un cammino sembra avviato ma ora viene la parte più impegnativa perché un conto è lanciare delle idee, un altro è valutare, scegliere non tanto un progetto architettonico quanto una connotazione identitaria che tenga insieme passato e futuro. Su questo spero non si finisca per affidarsi a qualche rinomato studio aspirante archistar, vincitore dell’annunciato futuro concorso, ma si riesca ad attivare un percorso di partecipazione veramente innovativo ma in gran parte da inventare, almeno ad Ivrea. Guardando ad altre esperienze però, in Italia e nel mondo, con un po’ di umiltà e di coraggio, scopriremo che altri ce l’hanno fatta e che può farcela anche Ivrea, (ex)patria dell’innovazione.

Francesco Curzio