Vodafone: prove di forza

Vodafone Italia apre una procedura collettiva di trasferimento per 19 dipendenti di Ivrea verso Milano. Pretestuose le motivazioni, niente giustifica lo spostamento “fisico” delle persone

Nell’era del lavoro mobile e intelligente, della comunicazione multicanale, dell’ufficio leggero, dove non importa dove sei per svolgere il tuo lavoro, perché attraverso la rete puoi fare riunioni, formazione, condividere contenuti e quant’altro, ecco invece che il colosso telefonico con sede a Ivrea in via Jervis 13 motiva un trasferimento collettivo di 19 dipendenti da Ivrea a Milano con la necessità di ottimizzare l’organizzazione delle sedi con la creazione di gruppi omogenei e consistenti di attività. Nello specifico a Milano si creerebbe un “polo di eccellenza back office business” (attività amministrative per i clienti imprese) che necessita assolutamente della presenza fisica dei lavoratori di Ivrea.

L’annuncio dell’apertura di una procedura di trasferimento collettivo è stato dato dall’azienda nell’incontro con le organizzazioni sindacali di lunedì 29 maggio in Confindustria Canavese. Una doccia gelata per i lavoratori, infatti solo poche settimane prima, alla presentazione del piano industriale, l’azienda non aveva fatto alcun cenno a questa riorganizzazione né tantomeno ai trasferimenti che nei piani aziendali dovrebbero essere operativi dal primo di luglio. Cos’hanno fatto i 19 lavoratori per guadagnarsi tanta attenzione? Qualche idea ce la si può fare: i lavoratori che sono stati chiamati a colloquio per discutere il trasferimento sono quei 17, tutti tesserati e rappresentanti sindacali Cobas, che hanno portato avanti fino alla fine l’impugnazione della cessione del 2007 verso Comdata Care e ai quali il tribunale ha dato ragione imponendo a Vodafone di reintegrare i ricorrenti (rientrati a marzo 2016). Di sicuro le aziende vedono come il fumo negli occhi i dipendenti che osano opporsi ai piani industriali, passando per vie legali e vincendo le cause.  Allo stesso modo non sono graditi in azienda i lavoratori con prescrizioni mediche che limitano la loro operatività, così a far compagnia ai “ribelli”, ci saranno probabilmente quattro dipendenti parzialmente esentati dal lavoro in cuffia (quattro perché due delle lavoratrici reintegrate sono oggi in maternità e probabilmente il trasferimento non è compatibile con la loro condizione).  Il gruppo eporediese, nei piani aziendali, si unirà a colleghi con pari caratteristiche della sede di Milano. E stessa sorte sembra sia riservata ai lavoratori e alle lavoratrici di Roma dove i reintegrati sono un centinaio, la destinazione per loro potrebbe essere Napoli.

Il piano aziendale

L’obiettivo di questi trasferimenti è piuttosto manifesto: nel breve, la volontà aziendale di dare un segnale su “chi comanda” e un monito per i circa 300 lavoratori che hanno in corso nuove cause di opposizione alla cessione (di cui un centinaio a Ivrea) e questa volta seguiti dalle organizzazioni sindacali che pure firmarono l’accordo per la cessione di 900 dipendenti da Vodafone a Comdata Care. Nel medio-lungo termine, l’obiettivo potrebbero essere nuove esternalizzazioni, come mette in guardia il Coordinamento Nazionale Cobas Vodafone che scrive “si sta prefigurando una polarizzazione di dipendenti come già accadde nel 2006 per preparare la cessione di ramo d’azienda. E il modello può essere ripetuto per altre categorie di lavoratori “sgraditi”: chi non può fare turni serali, chi non ha una produttività personale non soddisfacente, …”
Non meno importante l’obiettivo immediato: far sparire in un colpo l’intera componente sindacale Cobas delle Rsu elette solo un anno fa.

La reazione

Il sindacato Cobas ha già annunciato che impugnerà la procedura di trasferimento, lo stesso ha dichiarato la responsabile territoriale Slc-Cgil, e nel comunicato unitario delle segreterie si legge “E’ davvero inaccettabile che una multinazionale che produce utili considerevoli si accanisca contro i Lavoratori la cui unica colpa, se può esser considerata tale, è stata quella di portare avanti un proprio diritto soggettivo sino a vedersi riconosciuta la ragione da un tribunale di questo paese. Ora davvero la misura è colma. Occorre che Vodafone Italia riacquisisca lucidità e smetta con questa serie infinita di ripicche e provocazioni nei confronti di questi lavoratori in gran parte composta da donne che ci regalano la fotografia incoerente d un’azienda votata al welfare ma che di fatto non tiene veramente conto delle reali esigenze del mondo femminile.”.
Il contrasto più netto è ovviamente quello dei Cobas che scrivono nel loro comunicato “Dimostreremo che non ci sono necessità organizzative alla base di questo abominio volto a distruggere le nostre vite e a fiaccare la nostra tenacia. Difenderemo la nostra organizzazione sindacale e non permetteremo che l’Azienda scelga quali interlocutori sindacali avere in azienda e quali tesserati. Contrasteremo con ogni mezzo la visione pericolosa di siti creati appositamente per farvi convergere persone sgradite e con problemi di salute. Salute e lavoro sono diritti sanciti dalla costituzione e Vodafone non è superiore alle leggi”. I Cobas del lavoro privato sono pronti presentare denuncia contro Vodafone per attività discriminatoria e intanto hanno avviato la “procedura di raffreddamento” prevista per legge prima della proclamazione dello stato di agitazione e dello sciopero nazionale contro l’annunciato trasferimento, “un’azione evidentemente indimidatoria e persecutoria (…) quale primo step di una riorganizzazione aziendale che attraverso il volano del trasferimento di sede mira alla riduzione del personale di Vodafone Italia.”.

E’ chiaro che occorre però una reazione molto più ampia di quella dei diretti interessati (che in questi giorni hanno anche volantinano in città per far conoscere la loro situazione), occorre la solidarietà e la partecipazione alle mobilitazioni da parte di tutti i lavoratori Vodafone e delle altre aziende eporediesi del settore, così facile alla precarizzazione del lavoro e della vita, e di tutte le forze politiche e sociali che hanno a cuore la difesa del lavoro dignitoso nel nostro territorio.
Il 14 giugno è previsto un nuovo incontro azienda-sindacati, molto probabilmente ci sarà un presidio, non lasciamo soli lavoratrici e lavoratori, il lavoro degno è un bene comune.

Cadigia Perini

Domenica 4 giugno in poche ore i lavoratori hanno raccolto quasi mille firme di solidarietà. Il testo sottoscritto da 950 cittadini:

“I/Le sottelencati/e cittadini/e esprimono solidarietà ai 19 lavoratori, e alle loro famiglie, in lotta contro la decisione aziendale di trasferirli dalla sede di Ivrea alla sede di Milano. Una decisione questa assolutamente incomprensibile all’interno di un’azienda del settore delle telecomunicazioni che possiede certamente tutte le tecnologie necessarie per evitare un trasferimento fisico del proprio personale da una regione all’altra del nostor paese. Un atto grave che appare connotato da una volontà discriminatoria e ritorsiva, in considerazione del fatto che colpisce 15 donne e uomini in precedenza reintegrati dalla magistratura e 4 donne con problemi di salute.”

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