30 anni del Centro Gandhi di Ivrea

Il Centro Gandhi di Ivrea ha celebrato i 30 anni di attività, con due giornate di incontro pubblico

Il 6 maggio presso lo ZAC Movicentro, si è iniziato con la presentazione della vita e del pensiero del Mahatma di cui il Centro porta il nome. Avvalendosi del documentario “Gandhi rivoluzionario della nonviolenza”, ne ha parlato Paolo Candelari, cultore della nonviolenza, già presidente nazionale del MIR e da sempre collaboratore del Centro Studi Sereno Regis di Torino. Angela Dogliotti, presidente di questo CSSR, ha poi presentato la nonviolenza di fronte alle sfide del nostro tempo, nella prospettiva politica, culturale e spirituale. Lo scenario da decenni continua ad essere quello di un mondo a più velocità, con iniqua distribuzione dei beni, con miseria sofferta da gran parte dell’umanità e sovrabbondanza di beni da parte di una minoranza egoista e sprecona. Tra gli sprechi, il più inaccettabile, secondo gli insegnamenti gandhiani, resta quello delle spese militari, foriere di guerre e di minacce di guerre, persino con armi atomiche. Le vittime, come ben si sa, sono gli esseri umani e la natura del pianeta.
Questo argomento è stato ripreso nel concerto serale SI FA LA MUSICA, curato dagli amici di Emergency, che hanno proiettato immagini di denuncia dell’orrore delle guerre, mentre i gruppi Bang, Nobody, I Grigi, si alternavano a suonare e cantare brani evocanti i diritti umani e la pace.
A questa giornata hanno partecipato e portato il loro gradito saluto e augurio il sindaco di Ivrea Carlo Della Pepa e il Vescovo emerito Mons. Luigi Bettazzi, entrambi convinti che occorre seguire la via della nonviolenza per ottenere la pace. In questo senso Mons. Bettazzi ha richiamato gli insegnamenti da Papa Giovanni XXIII a Papa Francesco e il sindaco Della Pepa ha opportunamente criticato la logica del facile uso delle armi, soggiacente la recente legge che abroga il reato di eccesso di legittima difesa.

Sabato 13 maggio al Castello di Albiano si è svolta la seconda giornata, con il racconto a più voci della storia del Centro Gandhi, dal suo inizio nel 1987 ad oggi. Beppe Marasso, con sua moglie Angela, ne è stato il principale promotore e animatore, finchè si è trasferito a Torino; ma ancora oggi i coniugi Marasso, continuano a stimolare la vita del Centro, che è diventato sede associata del Centro Studi Sereno Regis di Torino ed è tornato dopo tanti anni ad essere sede del rinato gruppo MIR di Ivrea.
La nascita e la vita del Centro Gandhi, come luogo di incontro di persone e associazioni interessate e impegnate per la pace, la nonviolenza, i diritti umani, la tutela dell’ambiente, la cultura, la partecipazione democratica dei cittadini, la solidarietà con chi fa più fatica, si comprende in una città e un territorio che hanno espresso negli scorsi decenni molti movimenti e iniziative nell’ambito dei temi suddetti. Sono stati ricordati tra gli altri: il Comitato per il controllo popolare sulle scelte energetiche e il collettivo obiettori di coscienza al servizio militare dei primi anni ’80, l’obiezione di coscienza alle spese militari (con i pignoramenti di libri finiti nella biblioteca civica di Ivrea, per il valore della quota non versata dagli obiettori al fisco pari al 2,5%, cioè la percentuale della spesa italiana per le forze armate), le Siass (iniziatore dei mercatini del biologico), Amnesty International, Legambiente, Servas Porte Aperte, la Società teosofica, l’Associazione vegetariana, gli amici della poesia e letteratura, i federalisti europei, l’Ivrea Social Forum, La Tavola della pace, Massa Critica Ivrea amici della bici, il Cantiere Articolo 3 (tutti cartelli ai quali il Centro Gandhi ha partecipato e che talvolta si sono incontrati nella sua sede in via Arduino 75).
Per ricordare i 30 anni di attività, nel salone del castello sono stati esposti i volantini e i manifesti di varie iniziative passate e sono state proiettate fotografie, che hanno fatto riaffiorare alla memoria dei presenti, persone care e vicende vissute con gioia: le giornate di scambio di lavori, le manifestazioni per la pace, le conferenze organizzate, le allegre cene di autofinanziamento con alimenti vegetariani.

Tra le ultime iniziative è giusto ricordare la presentazione nelle scuole della Mostra “Pace, guerra e nonviolenza in 150 anni di storia dell’Italia”, la Campagna per la difesa civile non armata e nonviolenta, con 600 firme raccolte in Canavese, che sono servite a portare in Parlamento una proposta di legge che speriamo riesca presto a concludere il suo iter legislativo. La maestra Federica Ricci ha presentato poi la bella esperienza di educazione alla pace condotta a scuola con i bambini, supportata nei laboratori da studenti del Liceo Gramsci.
L’eterogeneo gruppo Portaverta, formato da giovani richiedenti asilo di varie nazionalità, guidati da Andrea Gaudino, ci ha allietato col suono di strumenti a percussioni, prima del pranzo.
Nel pomeriggio sono state presentate due toccanti testimonianze sulla tragedia dei kurdi e sui profughi dal Medio Oriente.
Claudio Tamagnini, ha raccontato l’ultima sua missione nel Kurdistan turco. In precedenza era stato due volte per tre mesi in Palestina, come volontario dell’International Solidarity Movement e poi prese parte alla Freedom Flotilla 3 diretta a Gaza e fermata dalla marina israeliana.
Sulla sua esperienza in Turchia ha scritto il libro “Fuochi bombe prigioni: la Turchia di Erdogan”. Con due volontari internazionali ha potuto vedere la condizione di oppressione patita dai curdi, nelle città di Diyarbakir, Nusaybin, Cisre, vicine al confine con la Siria, distrutte dalle milizie turche. Sono stati tra i primi occidentali a entrare in quella zona, dopo il colpo di stato che ha portato il regime di Erdogan ad essere ancor più brutale contro i curdi. La loro visita è stata presto interrotta con l’arresto, la detenzione per quattro giorni e l’espulsione. Poichè la Turchia fa parte della Nato ed è funzionale al blocco dei profughi diretti in Europa, della grave tragedia dei curdi in Turchia si parla poco sui mass media italiani.
Della tragedia dei profughi ha raccontato Ahmad Al Khalil, giovane palestinese, appassionato videomaker, che dopo essere stato nei campi profughi in Libano, ha percorso il lungo viaggio fino in Italia, attraverso la Turchia, la Grecia, la Serbia e l’Ungheria. A una cinquantina di persone presenti al Castello di Albiano ha mostrato le immagini riprese con il suo smartphone, dei profughi provenienti dai paesi sconvolti dalle guerre mediorientali.
Gli amici del Centro Gandhi ringraziano la comunità del castello di Albiano e lo ZAC, per avere contribuito alla riuscita dell’evento con la logistica e i pregevoli pasti.

Pierangelo Monti