Agile, Manital, Olivetti …

Da un’esperienza straordinaria di lotta e resistenza a una riflessione su Ivrea

Come ha detto Cadigia Perini, introducendo il bel lavoro di Luciano Menaldino, in occasione del primo appuntamento della Festa in Rosso venerdì 15 novembre, la lunga lotta dei lavoratori di Agile-Eutelia ha segnato innanzitutto coloro che vi hanno preso parte.
Un’esperienza collettiva importante, per molti aspetti tragica ma rivendicata con forza dai protagonisti: un esempio tra i tanti che la lotta paga sempre, perché tiene aperta una speranza e dà un “senso” a situazioni altrimenti insostenibili, soprattutto a livello individuale. Va anche detto che storie come questa – come anche l’occupazione di Scarmagno – meriterebbero un’attenzione ben diversa da parte della città. Eppure c’è un nesso immediato con l’argomento che più appassiona l’establishment eporediese, cioè il riconoscimento dell’Unesco.
Dove stavano fisicamente i lavoratori di Agile quando ancora l’azienda per cui lavoravano si chiamava Getronics, prima di approdare all’area Montefibre? Stavano alla Ico, portineria del Pino.
E perché stavano lì? Perché in precedenza erano dipendenti di Olivetti.
Ma nelle tante parole spese di recente, in più occasioni, nel salone dei 2000 o davanti alla fabbrica dei mattoni rossi (dove c’era la Diebold) qualcuno si è mai ricordato di loro?
Eppure non solo ci sono ancora, ma molti sono pure lontani dalla pensione.
Che c’entra Manital?
Manital è nata da una delle prime operazioni di spezzatino di Olivetti: la cessione ad una newco – Manital appunto – della centrale termica di via Di Vittorio insieme ai relativi addetti. Poi negli ultimi anni, quando già la nave traballava, tutti a omaggiare lo spirito olivettiano per la sciagurata operazione del Castello di Parella, improbabile resort di lusso all’ingresso della Valchiusella e imperdonabile specchietto per le allodole.
Com’è possibile che tanti avventurieri, forestieri ma anche locali, abbiano trovato proprio ad Ivrea terreno fertile per le proprie scorribande?
E purtroppo lo spirito olivettiano è stato maldestramente chiamato in causa in troppe vicende che farebbero vergognare Adriano, in cui poi alla fine qualcuno che paga c’e sempre: i lavoratori.
In particolare a sinistra non guasterebbe una riflessione meno approssimativa. Soprattutto qui dove a partire dagli anni 80 il fatto che il partito dei lavoratori fosse anche quello di De Benedetti ha generato un equivoco di fondo ma soprattutto ha scavato un baratro nel rapporto con le persone che abbiamo tutti profumatamente pagato.
Se si pensa di celebrare l’età dell’oro proiettandola nel futuro, bypassando con disinvoltura quello che è successo negli ultimi 40 anni, si perpetua un errore ben sintetizzato da una dichiarazione del nostro esimio sindaco secondo cui “non si vive di ricordi”…soprattutto, aggiungo io, se i ricordi più recenti non sono tanto belli ed è meglio nasconderli sotto il tappeto.
Federico Bellono