Alternanza scuola lavoro: bluff e storytelling

Forse l’obbligo sarà un bluff, ma tutto fa propaganda

I percorsi in alternanza sono definiti e programmati all’interno del piano dell’offerta formativa e sono proposti alle famiglie e agli studenti in tempi e con modalità idonei a garantirne la piena fruizione”: c’era una volta il decreto legislativo 77 del 2005, che introduceva l’Alternanza Scuola Lavoro (ASL).

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Quel decreto ne rimandava programmazione e organizzazione ai singoli istituti e stabiliva che ogni stage fosse poi valutato dalla scuola e andasse a rimpolpare il sistema dei crediti, “per il conseguimento del diploma o della qualifica”.
In sostanza: l’ASL era uno degli escamotage per alzare il punteggio di immissione all’esame di Stato.
Già così la faccenda era complicata, e complicatissima da una decina d’anni a questa parte, con una crisi che divorava occupazione e diritti, altro che fantasie di adolescenti intenti a coniugare “la formazione in aula con l’esperienza pratica” e “valorizzare le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali” (proprio la funzione della scuola, in un tempo che fu): non serviva più nemmeno il classico galoppino, ché – giuravano piccoli imprenditori – “qui non si muove foglia, non c’è nemmeno una fotocopia da fare”.
Docenti prestati – in nome di chissà che – a una causa non loro e umiliante, pietivano al telefono un posticino piccolo piccolo, dove lo studente, senza disturbare, si prestasse a qualsivoglia tediosa mansione.
Alla fine qualcosa si trovava e il resto si abborracciava, una vera tristezza.
Bastava tutto ciò? Naturalmente no, per chi, come Matteo Renzi, vuole passare ai posteri come colui che toglie gli studenti da polverosi tomi per far loro assaggiare il gusto della trincea.

Ci bocciano, ci sfruttano, ci danno l’happy meal:
è questa la loro scuola lavoro

Dieci anni dopo
Infatti nel 2015 arriva una legge che millanta d’esser buona come la pubblicità di un biscotto (o di un referendum, se è per questo).
Arriva in un’Italia semi-abulica, dove titoli e proclami contano a volte più della sostanza: perciò l’Alternanza Scuola Lavoro gratuita, senza reazione alcuna diventa obbligo, viene brandita come grimaldello per “attuare modalità di apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo” e acquisire “competenze spendibili anche nel mercato del lavoro”. Invece diventa – come illustrato nel numero precedente del giornale – un incubo vero e proprio per milioni di studenti.
Si scrive – al comma 33 dell’unico articolo di questa legge entrata in vigore a partire dall’anno scorso – che “i percorsi di alternanza scuola-lavoro […] sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio”.
Gli studenti ora non sono preoccupati: sono terrorizzati, anche perché l’ASL dovrebbe essere condizione obbligatoria per accedere all’esame di Stato.

Il bluff
In loro soccorso interviene il Governo, che stipula accordi con aziende quali McDonald’s e Zara (per valorizzare le vocazioni personali, s’intende).
Migliaia di studenti a Milano, Bologna, Palermo hanno eroicamente occupato ristoranti McDonald’s gridando “ci bocciano, ci sfruttano, ci danno l’happy meal: è questa la loro scuola lavoro”, naturalmente e totalmente ignorati dai media (i quali poi si sorprendono di non cogliere le tendenze in atto nei Paesi!).
E’ probabile che l’obbligo dell’ASL sia in parte un bluff, soprattutto per i tecnici e i professionali: nemmeno di lavoro non pagato ce n’è per tutti. Anche se ora i ragazzi perdono sonno e pace, si giungerà alfine a più miti consigli chiudendo un occhio ma pure due, nessuno se ne accorgerà.
Tanto, assai più importante della realtà è quel che si ferma sotto le coscienze per sedimentare nelle memorie: è la narrazione della realtà.

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