Arrivederci Catherine

Anche la Spaak ci ha lasciato.

Una fotografia tra le pagine del mio diario di scuola, un’immagine piccola come un francobollo, il volto di Catherine con la frangetta e quel sorriso smagliante reso indelebile da un bianco e nero in carta lucida, ritrattino da portare quotidianamente con sé, da preservare come in un patto di fedeltà tra innamorati. Cara Catherine non c’è voluto molto a perdere la testa per te, non c’è voluto molto per eleggerti a sogno di conquista ideale, personificazione della bellezza irraggiungibile. Ero un adolescente in quei primi anni sessanta, uno che i pantaloni corti li aveva smessi solo dopo i 16 anni, ingenuamente ragazzo senza nessuna voglia di diventare grande. Tu per me sei stata l’imprinting dell’immagine femminile, il viso dolce e bellissimo, gli occhi di una donna che vestiva l’estate di emozioni incancellabili. Tu e il jukebox, le canzoni intonate dalla tua voce, il tuo corpo snello, la spiaggia e i pomeriggi al sole delle vacanze estive, tu che splendi involontariamente provocante, magicamente seducente, come se l’intero mondo maschile fosse a rimorchio del tuo fascino. Come si fa a dimenticare quella scena in cui balli il twist in quel film dal titolo che è un programma, “Diciottenni al sole” di Camillo Mastrocinque? In quegli anni sessanta, una donna come te, insediatasi nella mente di un ragazzo ne diventa un modello di riferimento che cerca riscontro e plausibilità nel mondo reale, che cerca di approdare all’esperienza tangibile. Così io, ero uno dei tanti che avevamo cercato inconsciamente la nostra Spaak tra le compagne di scuola oppure tra le amicizie del tempo libero oppure ancora nelle possibili rivelazioni di una auspicabile sorpresa come il passaggio di una donna per strada che avesse gli stessi tuoi capelli lisci, la stessa frangetta. Ma lo stile della tua persona, il tuo charme, cara Catherine, non aveva uguali nel mondo reale. Tu, complice il cinema, fabbrica di sogni in profumo di eternità, sbaragliavi ogni possibile rivale. A renderti super c’era anche la donna che sei stata nei tuoi personaggi, quel misto di spudoratezza sensuale che tanto scompigliava, con il vento della modernità, l’insopportabile perbenismo e il falso moralismo dell’epoca. Impossibile dimenticare la ragazzina del Sorpasso, il film di Dino Risi del 1963, impossibile dimenticare il tuo bikini bianco, il tuo tuffo in mare mentre parli con tuo padre, impersonato dal grande Vittorio Gassman.  Eri nata in Francia il 3 aprile del 1945 e io il 2 aprile di 5 anni dopo. Anche se fossi partito con l’autostop per incontrarti, a quei tempi non avrei nemmeno avuto i soldi per offrirti un caffè. Come liberata dalla dittatura del sogno, la cosa invece era incredibilmente riuscita a un mio amico e ancora oggi, a pensarci, sembra un tuo regalo per i miei ricordi. E’ successo che questo mio amico, in qualche città lontana da Ivrea, ti aveva visto passare sul marciapiedi e, di punto in bianco, aveva scommesso con chi era con lui che sarebbe riuscito a conoscerti quindi, sfidando ogni timore, aveva attraversato la strada per raggiungerti. Come nella scena di un film, il gruppetto era rimasto a guardare finché tu Catherine, tu la mitica Spaak non ti eri lasciata accompagnare a prendere un caffè nel bar lì vicino, scambiando cordialmente qualche chiacchiera con quello sconosciuto che, evidentemente, ben padroneggiava l’arte della gentilezza rassicurante. Bene, quell’episodio aveva lasciato a bocca aperta gli amici presenti e quelli eporediesi, mai paghi di farsi raccontare, per l’ennesima volta, l’episodio. Come vedi Catherine, la tua storia e la tua persona, la tua immagine di bellezza e di classe vivono in noi e se vado a scavare a fondo, nel bagagliaio impolverato dei miei ricordi, ritrovo persino un mio principio di puerile gelosia nei tuoi confronti quando, ad appena 18 anni, ti sei sposata con Fabrizio Capucci.

Provo a ricordare qualcuno dei tuoi film, quelle classiche commedie all’italiana in cui sei stata protagonista. Eri francese ma in Italia ci stavi benissimo e per noi sei sempre stata la più italiana delle attrici d’Oltralpe. Hai recitato in film come “Dolci inganni” di Alberto Lattuada nel 1960, “La noia”, il già citato “Il sorpasso”, “La parmigiana” che conservo in vhs tra i miei scaffali, la “Calda vita”, “La voglia matta” con Ugo Tognazzi, ma sapevi fare di tutto con grazia e garbo, una creatura di livello e di talento assoluto. Anche Monica Vitti ti ha stimato e voluto nella sua ultima opera: “Scandalo Segreto”. Come tutte le persone speciali non avevi solo bellezza, ma qualità e classe da vendere, una vera icona del mondo artistico, cantante, attrice, ballerina, presentatrice, donna di estrema raffinatezza. Il tuo “Harem” televisivo, trasmissione dedicata alle donne, ti ha visto nella veste di donna matura, più bella che mai, elegantissima ed eccellente conduttrice.

Catherine ci hai fatto trepidare tutti con la tua maliziosa e turbante trasgressività, con la tua intelligenza e adesso te ne sei andata pure tu. Perché?, mi chiedo scioccamente, con una domanda che tu non ti saresti mai posta, capace come sei stata di accettare gli esiti difficili della vita così come hai accettato la tua malattia. Ti ha portato via un’emorragia cerebrale che ti affliggeva da qualche tempo. Te ne sei andata a 77 anni, sempre nel mese di aprile, lasciandoci in custodia un archivio di immagini bellissime che solo temporaneamente, nel vuoto del momento, sembrano dissolversi al nero ma che invece resteranno come parte pulsante del nostro vissuto, della nostra gioventù e della nostra crescita. Siamo i ragazzi della tua generazione, siamo i tuoi ammiratori e adesso arricchiremo i ricordi con quelle cose di te che forse ancora non sappiamo. Rivedremo i tuoi film con occhi riconoscenti o, grazie a You Tube, rigusteremo episodi salienti degli stessi. Nella scena della “Noia”, in cui balli sulla canzone di Rita Pavone, sei una volta di più irresistibile. In quella  in cui entri nel bar, nel film “I dolci inganni”, e ascolti, nella malinconia del tuo personaggio, la canzone di Bindi, appoggiata al jukebox, noi restiamo come ipnotizzati a guardarti mentre l’eco di quelle note che dicono ”Arrivederci” ci toccano nel profondo di un’incipiente tristezza.

Arrivederci Catherine, arrivederci.

Pierangelo Scala