Avanti verso l’8 marzo. Indietro nella pari dignità.

L’8 marzo si avvicina mentre sembrano allontanarsi ogni giorno i tanti passi avanti fatti dalle donne verso la pari dignità di genere in casa, nel lavoro, nella politica, nella cultura. Si avvicina l’8 marzo del diciannovesimo anno del terzo millenio e una donna può ancora morire per una “tempesta di emozioni” del suo partner.

Secondo i più recenti dati dell’Europarlamento, le donne hanno studiato di più, lavorano ma sono pagate di meno (in media 8.000 euro in meno all’anno rispetto agli uomini) e sacrificano più spesso la loro carriera per occuparsi dei figli.

Il lavoro

La crisi occupazionale sta colpendo in particolare le donne, le prime contro le quali le aziende si “accaniscono”: con turni variabili incompatibili con la gestione dei figli e della casa (ancora oggi quasi completamente sulle spalle delle donne), con trasferimenti lontani da casa, retribuzioni sempre più basse … tanto da far prendere in considerazione alle donne, quando hanno un partner con una occupazione, la rinuncia al lavoro.
Una società che scarica sulle donne il lavoro domestico e di cura (5 ore e 13 minuti in media al giorno contro 1 ora e 50 degli uomini: 3 volte tanto. fonte Censis 2016), e insieme le discrimina nei riconoscimenti sociali, fa sì che le donne abbiamo carriere lavorative discontinue, subiscano il part-time imposto assai più degli uomini (1 milione e 851mila donne contro 851mila uomini. fonte Istat 2018), subiscano perduranti penalizzazioni salariali che incidono anche sulla pensione. Anche la tanto sbandierata Quota 100 penalizza le donne. Dati recenti di fonte sindacale parlano per le lavoratrici del settore privato di una media di 25,5 anni di contributi contro i 38,8 degli uomini. In sostanza le donne che potranno accedere a Quota 100 saranno una piccola minoranza. E la discriminazione continua sulle retribuzioni. La legge impone la stessa paga fra uomo e donna a parità di ruolo, ma nella realtà le donne italiane hanno stipendi anche molto più bassi. In una relazione della Commissione Europea del novembre 2018 risulta che le differenze fra uomo e donna per ciò che riguarda la paga oraria in Italia sia fra le più basse d’Europa: il 5,3% contro una media UE del 16.2%. Ma quando si confrontano le retribuzioni annuali, ecco che il gap diventa del 43,7% contro una media UE del 39,6%. Questo perché le posizioni apicali continuano ad essere appannaggio maschile e le donne hanno più degli uomini contratti ad orario ridotto.

La politica

Le madri costituenti. In proporzione, considerando il contesto storico-sociale, erano molte di più allora che oggi.

Passando alla rappresentanza di genere nella politica, pur registrando la XVII legislatura un aumento delle parlamentari, e passando dal 17,2% al 34,62% in dieci anni, il numero rimane molto sotto il 50% paritario e ben lontano dal 61% del Ruanda (sic). E naturalmente le donne sono nettamente in minoranza rispetto ai “posti” di potere. Uomo è il presidente del Consiglio, come il presidente della Repubblica, e mai abbiamo avuto una donna alla guida del governo né della Repubblica. Sono tutti uomini i segretari dei partiti (salvo Giorgia Meloni, FdI, e Beatrice Brignone di Possibile). Erano tre uomini i candidati alla segretaria del PD, partito che dovrebbe appartenere a quell’ala politica che ha maggiore attenzione all’equilibrio di genere. Sono uomini anche i big del movimento pentastellato, il Diba, il Dima, il Fico, e i loro mentori (Grillo e Casaleggio). Maschio, e non potrebbe essere diversamente, è il capo del partito delle ruspe. E guardando al locale, erano uomini tutti i 5 candidati a sindaco di Ivrea.
Uomini uomini uomini … Sono uomini anche la stragande maggioranza degli invitati nei programmi TV di dibattito politico. Perfino dalla “femminista” Gruber ci sono molte serate in cui non ce la fanno proprio a trovare una giornalista, una politica, studiosa, all’altezza dei loro temi … mentre possiamo vedere tranquillamente “opinionisti” maschi del calibro di dagospia.

La comunicazione pubblicitaria

Cartellone a Palermo. Fatto poi ritirare dal Comune.

Non va meglio nella pubblicità e nel linguaggio. Accanto ai “moderni” spot in cui maschi d’Italia si affacendano nelle pulizie domestiche e nella cura dei bambini (sempre come comprimari, mai da titolari), si tornano a vedere pubblicità con la donna inchiodata al suo ruolo di angelo del focolare. Come in quello spot di uno dei maggior marchi della grande distribuzione dove una mamma infila nella valigia del figlio che sta per partire due bei caciocavalli piazzandoli direttamente sulle camicie (demente). Mentre il padre, con il petto gonfio tira fuori dal taschino una carta prepagata e la porge al figlio. Il messaggio è semplice. Una donna-mamma si preoccupa e può sopperire solo ai bisogni culinari del figlio, mentre il padre ha il potere, la gestione dei soldi e risolve tutto (lo spot non gira più nelle TV chissà se cancellato per le proteste di tante donne sulla rete). Al pari della pubblicità che relega la donne al ruolo di casalinghe e mamme, è violento, mortificante e pericoloso, il modello alternativo, quello della pubblicità sessista. Nonostante la crescita costante di femminicidi ad opera di uomini che vedono la donna come una proprietà, un corpo, un oggetto, non si smette di alimentare questa cultura sessista attraverso la pubblicità con l’uso del corpo della donna, naturalmente seminuda, collegata a riferimenti sessuali espliciti per promuovere qualsiasi prodotto, dalla birra alla connessione adsl, dai liquori alle montature per occhiali.

La famiglia. I femminicidi.

In Italia una donna è uccisa ogni 72 ore. “La coppia è l’ambito più a rischio”, ci dice l’Eures – Ricerche economiche e sociali, e lo sappiamo benissimo, basta ascoltare le cronache dei femminicidi. Tra il 2000 e i primi dieci mesi del 2018 le donne uccise sono state 3.100, una media di più di tre a settimana. E in quasi 3 casi su 4 (il 72 per cento) si è trattato di donne uccise per mano di un parente, di un compagno o ex.

Inutile dire, ma utile ricordare, che tutte le discriminazioni e politiche sessiste appena raccontate stanno alla base di questi femminicidi. Se la donna non acquisterà pari dignità in tutti gli ambiti della vita, sarà difficile invertire la tendenza. Occorre un cambio culturale a partire dalle scuole, dallo Stato, dagli uomini, dalle donne che devono liberarsi dal ruolo nel quale la società maschilista la vorrebbe relegare, prendendo consapevolezza del proprio essere persona, individuo, libera, degna di rispetto, autonomia, libertà.

Cadigia Perini

è tempo di sciopero globale!