Avere vent’anni

Morti bianche (Carlo Soricelli, Osservatorio indipendente morti sul lavoro)

Due cose, su tante, mi colpiscono della tragedia di Torino dove tre montatori hanno perso la vita cadendo dalla gru che ha ceduto, sfracellandosi al suolo.
La prima è che è accaduta a Torino, la mia città, anche se non ci abito più da tempo. Via Genova, luogo della tragedia, la conosco bene e l’ho percorsa spesso, anche negli ultimi anni, fermando la macchina di fronte all’ingresso laterale dell’ospedale Molinette. Ma, a parte gli amarcord, morire di lavoro soprattutto a Torino, dopo il disastro Thyssen, non doveva più accadere. E invece.
La seconda è che Filippo Falotico, una delle tre vittime, aveva vent’anni. E amava il suo lavoro. C’è chi a vent’anni pensa a lauree, master, impieghi dai nomi inglesi incomprensibili però così “trendy“. Filippo montava sulle gru: era un trapezista contemporaneo e si divertiva. Fino a ieri.
Purtroppo, in Italia di lavoro si continua a morire, troppo. Fa ancor più male quando si muore a vent’anni, come è successo a un ragazzo come Filippo, che postava immagini per raccontare il suo sentirsi bene a quelle altezze vertiginose. Il selfie con i suoi due compagni di squadra, morti anch’essi, è quasi insopportabile.

Chissà se questa ennesima tragedia ci faccia discutere seriamente di morti sul lavoro, anziché litigare (e sfottersi) tra fazioni per la liceità o meno di uno sciopero generale. Di Filippo Falotico ha scritto, con la sua consueta sensibilità, Niccolò Zancan nel ritratto pubblicato su La Stampa.
Quotidiano di Torino, appunto.

Davide Valenti