C’era una volta il lavoro, c’era una volta la scuola

Durante un’assemblea al Gramsci di Ivrea, i sindacati invitano ad accettare di buon grado i tempi che cambiano

Dice la sindacalista della CISL che l’Alternanza Scuola Lavoro “non deve essere avviamento al lavoro”.
Dice che si tratta di “far conoscere agli studenti la realtà fuori dalla scuola”.
Dice che si possono progettare attività utili e interessanti.
Dice che deve essere il collegio dei docenti a decidere modi e tempi, “senza rinunciare ai propri diritti”.
Dice pure, casomai la platea non se ne fosse avveduta, che “la scuola non è più quella di trentacinque anni fa, dobbiamo farcene una ragione”.
Gli altri tre – CGIL, UIL, SNALS – non ribattono, fanno le statuine – e sia pure a denti serrati per una strategica alleanza anti populismo – dunque assentono.

Ed effettivamente, a osservare durante la “notte bianca dei LES” (Liceo Economico Sociale – a Ivrea attivo al Gramsci) i notevoli progetti presentati dagli studenti “ambasciatori della cultura della legalità”; a seguire i preparatissimi studenti del Turistico Cena lungo il tour al castello di Banchette; ad ascoltare le testimonianze di chi frequenta qualche mese la scuola all’estero o chi si dedica al volontariato… be’, sì, non si può negare che questo funzioni, che sia perfino esaltante.
Invece molti, molti dubbi dovrebbero frenare miopi entusiasmi.

1. Che c’entra questo con l’alternanza tra scuola e lavoro? Non dovrebbe tutto ciò rientrare nella normale pianificazione di istituti che hanno a cuore la mente dei propri studenti? Sperimentazione, volontariato, solidarietà, progettualità: se non è questo – e non lo è – lo stramitico “mondo del lavoro”, è invece l’ultima speranza per un’umanità che si va perdendo. E – sostenuto da cultura e conoscenza e studio perché non si riduca a sterile compiacimento – è uno dei primi compiti della scuola, da sempre.
2. Di grazia, qual è il meraviglioso mondo del lavoro che i giovani dovrebbero imparare a conoscere? Quello delle gabbie dei call center? Quello degli ufficetti zeppi di neolaureati pagati niente e sfruttati molto da altri giovani più rampanti e senza scrupoli? Quello degli operai rimpiazzati da robot molto più obbedienti? Quello delle boitine dove il padroncino ti alita sul collo e la parola sindacato è tabù? Quello del Turismo, nuova mistificante bengodi, che mentre distrugge il pianeta affama ogni coltissima guida, ogni disgraziato cameriere? Quello delle casse aperte la domenica e perfino di notte vedimai uno comprasse due caramelle? Quello del ricatto perenne e disarmante: o te o un altro dei mille che aspettano fuori?
3. Non sono di per sé la conoscenza, il sapere, la curiosità, la progettualità, la ricerca, l’approfondimento, la fatica mentale, lo studio “matto e disperatissimo” dei bellissimi obiettivi da perseguire? Non è quello della scuola il periodo della vita nel quale si cerca – e la ricerca in sé è proprio la gioia – se stessi, il mondo, la storia, un posto, un sogno, un’idea? Non è con questo bagaglio che ciascuno si prepara ad andare via, via dalla scuola, via dall’adolescenza, via, anche al lavoro?
4. E tutto ciò premesso, abbiamo coscienza di come per lo più si risolve l’ASL?
Facciamo un elenco, per quanto di certo non esaustivo:
– l’istituto non si occupa dell’alternanza, ci pensino i ragazzi d’estate, nello studio dell’amica della madre o ai mercati generali o in vacanza studio;
– l’istituto si occupa di ASL spedendo i ragazzi a fare di ogni, dalla frittura ai Mc alle camere in albergo alle fotocopie in segreteria, naturalmente gratis et amore dei;
– la scuola – eppur succede! – offre agli studenti, alla modica cifra di cinquecento euro, una crociera di una settimana “per osservare gli agenti del turismo”. Se il portafogli di mami e papi lo permette, ti sfanghi come niente 200 ore e la metà è andata (e intanto agenzie di viaggi e compagnie di traghetti tirano la carretta anche d’inverno);
– la scuola organizza l’attività didattica da ottobre a maggio, così da lasciare tutto il tempo all’ASL di esprimersi al meglio, mentre i docenti attendono di fare il loro mestiere e poi saranno indotti a recuperare le ore in più utili mansioni;
– ci sono poi istituti che la prendono sul serio, e allora è la fine del mondo: ore, giorni, settimane per progettare, presentare e scegliere attività coerenti al piano di studi, nominare un responsabile per ogni progetto e un tutor per ogni classe, poi mesi a realizzare, correggere, modificare, sostenere, infine relazionare e tirare un profondo sospiro. Se poi, in tutto ciò coinvolto, lui, l’insegnante preso per il sedere da mezzo Paese perché povero e scemo, trascura la Storia la Letteratura la filosofia e la Matematica, è solo perché “non ci sono più gli insegnanti di una volta”.
5. Un’ultima perplessità, a proposito delle prerogative dei docenti: ah!, è vero, i tempi sono cambiati, ammoniscono anche i sindacati una volta “di sinistra”. Infatti bisognerebbe farci un giro, in certi collegi, bisognerebbe che fosse il miticissimo mondo del lavoro a entrare in qualche scuola per scoprire dov’è finita la libertà e quant’è lontana la democrazia, per toccare il fondo nel quale certi dirigenti, indifferenti alla didattica quanto compiaciuti del proprio ego, han gettato la dignità dei docenti (un fondo, pure, nel quale alcuni stan belli caldi).
Ribellarsi? Certo, si potrebbe, in un mondo immaginario nel quale ci fosse, chessò, un sindacato a difenderti.
Robe da altro mondo, cose del passato che non torna.

i.s.