Comdata: la risposta dei lavoratori c’è stata. L’azienda meno.

Alta adesione dei lavoratori e delle lavoratrici Comdata allo sciopero con presidio martedì 8 gennaio in concomitanza con l’incontro in Confindustria Canavese.

Un’adesione allo sciopero forse mai vista in Comdata, le organizzazioni sindacali parlano del 70%. Uno sciopero ben organizzato, preparato il giorno precedente con tre assemblee (per poter coprire tutti i turni), uno sciopero riuscito. I lavoratori han capito che dovevano dare un segnale forte all’azienda, così sono arrivati in tanti, circa 300, poco prima delle 11 a riempire marciapiede, cortile e atrio delle sede canavesana di Confindustria, per dimostrare la loro determinazione a difendere il proprio lavoro. Una presenza che ha “impressionato” il rappresentante aziendale che si è lamentato con i sindacati colpevoli a suo dire di aver creato “allarmismo” inutile nei lavoratori. Comdata dimentica che l’allarme lo ha creato lei stessa quando il 17 dicembre ha annunciato di punto in bianco 200 esuberi e i contratti di solidarietà con la riduzione del 60% dell’orario di lavoro. Non avevano calcolato che anche nel loro settore dove il precariato, il ricatto, la frammentazione, la fan da padrona, c’è un limite superato il quale anche il più remissivo dei lavoratori capisce che o si muove adesso oppure si muoverà solo per ritirare le cuffiette e andare a casa.
I lavoratori di Ivrea hanno incassato anche la solidarietà dei colleghi di Torino che hanno rifiutato di fare gli straordinari che chiedeva l’azienda per rispondere alle chiamate della commessa Enjoy che non sarebbero state evase da Ivrea. Bravi!
Discreta anche la presenza delle forze sociali e politiche, c’era la deputata M5S Jessica Costanzo che ha portato il caso Comdata in Parlamento (la deputata ha chiesto di assistere all’incontro, ma l’azienda non ha acconsentito), i consiglieri di minoranza Fresc e Perinetti, una delegazione del Circolo PRC di Ivrea, “semplici” cittadini presenti per dare il proprio sostegno alla lotta dei lavoratori Comdata. Di nuovo, come nell’assemblea aperte del 17 dicembre, brillava invece per la sua assenza l’amministrazione comunale di Ivrea. Il sindaco “giustificato” perché in Africa, non giustificato invece per non aver mandato uno dei suoi assessori al suo posto, vicino ai lavoratori, come ha dichiarato di voler essere nell’incontro del 21 dicembre, magari poteva stare fuori al freddo con il lavoratori l’assessora Piccoli, indicata dal sindaco Sertoli come futura assessora la lavoro, o la vicesindaca, o altro assessore. Nulla, Ivrea non pervenuta.

La nuova richiesta di Comdata

Presidio dei lavoratori Comdata davanti Confindustria Canavese

Comdata a differenza di quanto dichiarato nell’incontro del 17 dicembre quando chiedeva l’attivazione dei contratti di solidarietà, ha informato i delegati e i funzionari sindacali di voler aprire una procedura di FIS (Fondo di Integrazione Salariale per le aziende che non hanno la cassa integrazione) per 180 lavoratori per 7 settimane, cioè per il numero massimo di settimane che può ancora chiedere dopo le 13 di cui ha già usufruito per 363 dipendenti dall’aprile 2018. I sindacati erano arrivati all’incontro determinati a non firmare alcun accordo per i contratti di solidarietà senza la presentazione di un piano industriale credibile, e si sono invece trovati davanti un’azienda che ha cambiato idea, forse per avere più tempo per preparare, cercare di far digerire, un accordo per la solidarietà o forse perché non ha una efficace strategia per muoversi in questo contesto di mercato. Prova ne è che Comdata non presenta alcun piano industriale, di rilevante si viene a sapere solo che i flussi di 187 ora a Livorno verranno a Ivrea, ma non piace a nessuno il “mors tua vita mea“. Non si può continuare a trattare la questione Comdata su tavoli separati. La questione è nazionale, l’azienda deve accettare di discutere il quadro generale italiano. Le resistenze aziendali hanno diverse motivazioni collegate fra loro: non vogliono creare allarme presso i clienti che ci mettono un niente a spostarsi su altri call center in Italia o all’estero. Spostare un servizio di call center non è come spostare la produzione di macchinari (che poi si spostano anche quelli…), purtroppo ci vuole molto poco tempo e lavoro per deviare le chiamate su altre società. Piuttosto viene da chiedersi se non sia l’ora di porre dei limiti allo strapotere dei grandi clienti dei call center, di porre delle penali importanti quando non vengono mantenuti i volumi concordati. E di nuovo si torna alla necessità, urgenza per il paese, di affrontare anche il tema dei servizi telefonici a livello nazionale, e di più, a livello europeo. Dall’altro lato l’azienda continua a ribadire che la sua intenzione è quella di continuare a investire su Ivrea, di non essere in crisi (sic), di avere solo un problema di calo di volumi di attività in una situazione contingente di mercato molto complicata, come scrivono nella lettera inviata il giorno dopo l’incontro alle organizzazioni sindacali e alle Rsu, “a causa di una contrazione temporanea dei volumi di lavoro sulla propria sede di Ivrea si trova costretta a richiedere l’intervento del Fondo di integrazione salariale (FIS).”

Prossimi passi

Oggi, 10 gennaio, è stato convocato il Coordinamento nazionale delle Rsu Comdata per fare il punto della situazione e definire azioni congiunte per contrastare la crisi occupazionale in atto e in prospettiva di Comdata. Domani, 11 gennaio, si terranno le assemblee in tutte le sedi per aggiornare i lavoratori
Lunedì 14 gennaio ci sarà l’incontro in Regione di azienda e sindacati con l’assessora al lavoro Giovanna Pentenero.

Il quadro è molto critico e complesso e non potrà essere risolto positivamente per i lavoratori senza l’intervento fattivo delle istituzioni da quelle locali fino a quelle nazionali e senza il cambio di passo dell’azienda che deve pensare ai suoi dipendenti come a un valore e non solo un costo, un’azienda con un miliardo di giro d’affari, presente in 22 paesi nel mondo con più di 110 sedi e 55.000 dipendenti, non può non essere in grado di essere anche un’azienda socialmente responsabile.

Cadigia Perini