Comdata. Lavorare è un privilegio?

La pandemia oltre a incidere drammaticamente sulla salute, sulla vita e sulle condizioni sociali del paese, ha messo in un angolo i diritti del lavoro, già pesantemente attaccati in tempi “sani”. Così per i lavoratori Comdata, e non solo per loro, alla precarietà sanitaria si aggiunge quella lavorativa.

Una manifestazione degli anni ’60. Ma i cartelli potrebbero esser stati scritti oggi.

Quello che accade in Comdata è solo uno dei casi in cui le condizioni lavorative, già non eccellenti, sono in peggioramento a causa della pandemia, ma in tutti i settori pubblici e privati, dell’industria e del terziario, l’emergenza sanitaria ha messo in secondo piano i diritti.

“Testa bassa e ringrazia che lavori” sembra il motto di questo tempo maledetto (“Il lavoro è un privilegio!” ha sentenziato qualche giorno fa Confindustria ai portuali di Genova). Un tempo dove i ritmi e gli orari di lavoro superano i limiti, provocando ansie e disturbi ai lavoratori e alle lavoratrici.

E’ chiaro che chi non lavora, chi ha perso il lavoro, sta peggio, ma questo non può far accettare che chi lavora venga sfruttato, ricattato, e anche sottopagato inserendosi nella moderna (sic) categoria dei “lavoratori poveri”.

 

Cosa accade in Comdata

Parliamo di Comdata perché è una delle più grandi, se non la più grande per numero di dipendenti, aziende del territorio. E anche perché appartiene ad uno dei settori dove sono più evidenti i passi indietro nella strada della dignità del lavoro. E’ il mondo dei call center dove si è formata una nuova classe di lavoratori paragonabili ai cottimisti di ieri, agli operai delle catene di montaggio. Dei numeri, delle macchine, più che delle “risorse umane”. Senza drammatizzare, ma con un profondo senso di realtà.

Nell’ultimo articolo su Comdata, parlavamo della nuova commessa per la prenotazione dei vaccini  in Lombardia (nome progetto “Aria”), di come circa 300 lavoratori da un giorno all’altro sono stati spostati sul nuovo lavoro, cambiando orari e turni senza il dovuto preavviso né possibilità di contrattazione. Era metà febbraio, dopo due settimane è di nuovo cambiato tutto. La commessa Aria si è rivelata un flop. Dai giornali lombardi e non solo si capisce il perché: la Regione Lombardia aveva scelto per le prenotazioni dei vaccini agli ultra ottantenni la piattaforma di Aria Spa (costo 22 milioni) invece del servizio suggerito dal governo offerto gratuitamente alle Regioni gestito da Poste Italiane. Ma oltre ad essere una scelta tutta da spiegare e sulla quale indagare (perché pagare un servizio a un privato invece di usare quello pubblico gratuito?), quella di Aria si è rivelata una scelta tecnicamente sbagliata, Il sistema è andato presto in tilt: convocazioni mai arrivate, appuntamenti fissati solo con qualche ora di anticipo, sms arrivati di notte per presentarsi la mattina dopo.
Per le scellerate scelte del cliente Regione Lombardia, una commessa che avrebbe dovuto impiegare diverse centinaia di lavoratori viene quindi meno. I lavoratori Comdata coinvolti si aspettavamo comunque di tornare alla commessa di provenienza (per lo più Inps) invece un centinaio di loro anziché riprendere la precedente attività sono stati messi in Fis (Fondo di Integrazione Salariale). La “cassa” è stata infatti prorogata da Comdata di ulteriori quattro settimane a partire dal primo marzo.

Perché il lavoratori non sono tornati a lavorare per Inps? Perché sembra che siano ballerini anche i volumi dell’Istituto di previdenza. Si è più volte sottolineato anche su queste pagine che parte dei problemi dei call center sono proprio i committenti che aumentano e diminuiscono i volumi senza regole né penali a quanto pare.

Nell’incontro richiesto dalle organizzazioni sindacali per chiarire la situazione della commessa Inps, e anche di Aria, Comdata ha comunicato che a seguito delle dichiarazioni del Presidente dell’Istituto di voler riportare all’interno i servizi di call center “di avere redatto una fotografia dei siti in cui la commessa INPS viene attualmente lavorata, tra cui quello di Ivrea, ed ha ribadito l’obiettivo comune  rispetto alla tenuta del perimetro occupazionale del sito eporediese.”

Queste dichiarazioni non tranquillizzano comunque i lavoratori perché lasciano il tempo che trovano in quanto le aziende non hanno nessuna difficoltà a farle se funzionali alla “pace sociale”, non avrebbero mai detto il contrario rischiando di provocare qualche reazione.

A riprova dei timori dei lavoratori, nello stesso incontro Comdata comunica che per far fronte alla riduzione delle attività sulla commessa Inps è necessario programmare nuova formazione (naturalmente in Fis perché così funziona in questo settore), ma non si capisce se per nuove commesse o per il potenziamento di commesse esistenti. Nel comunicato sindacale emesso al termine dell’incontro si legge anche che è stato sottolineato come “sin da subito la commessa di presa appuntamenti Vaccinazioni Lombardia potrà essere utile a ridurre le ore di Fis”.  Ma non si è appena saputo che la Regione Lombardia abbandona Aria?
Non ci state capendo più niente, vero?  Neanche i lavoratori.

Come se non bastasse tutto questo, Comdata ha anche comunicato per la sede di Ivrea 100 FTE[1]“insaturi”, lavoratori per i quali l’azienda dichiara di non aver lavoro, diciamo “esuberi temporanei”?. E come unico strumento per gestire l’insaturazione (bruttissimo termine) sembra che Comdata conosca solo la “cassa Covid19”. Non vi è infatti traccia di un quadro né della situazione attuale né di prospettiva sulle attività del sito di Ivrea.

Lo sbandamento dei lavoratori sta superando ormai i livelli passati che già erano da record.  Eppure non vi è protesta, solo tanto mugugno interiore, rassegnazione. In un settore dove era già difficile organizzare le mobilitazioni, vuoi per le caratteristiche di precarietà del lavoro e quindi ricattabilità dei lavoratori e delle lavoratrici, vuoi per la frammentarietà e l’isolamento del “corpo lavoratore” suddiviso in mille turni e chiuso in box con cuffia in testa e mini pause che non lasciano il tempo alla discussione. Vuoi infine per una modalità di fare sindacato che passa più sui tavoli di contrattazione che sull’organizzazione della mobilitazione dei lavoratori, anche a causa di quanto detto prima, oggi con la pandemia, con le persone che lavorano da casa, organizzare uno sciopero sembra sempre più difficile e per molti anche inopportuno. “Il lavoro è un privilegio”, Confindustria dixit.

Cadigia Perini

[1] FTE – Full Time Equivalent. Il che vuol dire un numero maggiore di lavoratori coinvolti considerando che la maggior parte dei lavoratori è in part time, spesso involontario