Come sta il lavoro a Ivrea?

Parafrasando Woody Allen potremmo dire “Dio è morto, Marx pure, e anche il lavoro non si sente molto bene.” …

L’apparente pace sociale del settore lavoro non deve far pensare a una ripresa occupazionale improvvisa, quanto piuttosto alla rinuncia di lavoratori, sottoccupati e disoccupati a mobilitarsi. Bloccati dal “tanto non serve a niente”, dalla sfiducia nelle organizzazioni sindacali, nelle forze politiche e anche nelle istituzioni, nella loro capacità di trovare soluzioni.
Il lavoro d’altronde è stato messo in sordina dai neo-governanti nazionali dagli squilli di tromba, amplificati ad arte, sull’immigrazione, e anche da quelli locali che hanno direttamente cancellato l’assessorato al lavoro. Una svista, dicono… Un indizio piuttosto chiaro invece delle priorità della nuova amministrazione eporediese di centro-destra a trazione leghista guidata dal sindaco Sertoli. Lo dimostra anche l’eccellente assenza della parola “lavoro” nella presentazione delle linee programmatiche presentate dall’assessora al bilancio Piccoli nel consiglio comunale di ieri (alla quale il sindaco ha lasciato la parola come se il piano di programma fosse una questione di mero bilancio e non di scelte politiche). Nelle linee di governo locale sentiamo infatti parlare di sviluppo (non di lavoro) solo dal punto di vista delle imprese “Abbiamo già incontrato Confindustria, Confartigianato per capire cosa stanno facendo per raccogliere risorse a livello nazionale o europeo. Noi vorremmo fare da centro per coordinare gli sforzi. Tra i nostri obiettivi, infatti, c’è anche lo stare vicino alle imprese“, dice l’assessora Piccoli. Di stare vicino ai lavoratori in difficoltà, ai disoccupati, i sottoccupati attraverso politiche attive per il lavoro non se ne parla. E ancora leggiamo “Sul piano dello sviluppo economico le ricette sono quelle di attivare politiche di fiscalità di vantaggio e migliorare i servizi alle imprese ripensando l’incubatore per le imprese.”. Nessuno accenno all’ascolto delle parti sociali che forse qualcosa avrebbero da dire in una città con discreti problemi di occupazione e disoccupazione.

A che punto è la notte?

Delle macerie della grande industria Olivetti si è scritto e detto di tutto, sembrava ormai raso al suolo ogni residuo, ma in realtà ancora esistono alcuni nuclei da bombardare così la macchina implacabile del profitto-sopra-ogni-cosa è ripartita (non si è mai fermata). L’ultima notizia è il passaggio di 231 lavoratori, tra Ivrea (118) e Pont Saint Martin (113), dalla ACC (Advanced Caring Center), help desk Telecom, alla controllante Telecontact con conseguente passaggio dal contratto metalmeccanico a quello delle telecomunicazioni e adeguamento alle condizioni orarie e retributive di Telecontact, naturalmente tutte peggiorative. Ma cosa hanno a che fare i lavoratori di ACC di Ivrea, Pont e Carsoli in Abruzzo (una settantina) con Olivetti? Sono praticamente tutti “esuberi” espulsi da Telecom nelle ultime ristrutturazioni Olivetti: la Olivetti I-Jet di Arnad (con diversi lavoratori eporediesi), azienda di ricerca e produzione di testine a getto d’inchiostro venduta nel novembre 2013 alla svizzera SICPA che però ha acquisito solo la divisione di Ricerca e Sviluppo con 36 lavoratori sui più di 160 totali, 63 di questi, licenziati e riassunti alla ACC a Pont Saint Martin tutti al 4 livello con perdita dell’anzianità, tutti in cuffia, non importa quello che facevano prima. Stessa sorte è toccata a fine 2015 ai lavoratori della Olivetti Spa che per effetto della fusione per incorporazione con la Telecom Italia Digital Solutions muore per dar vita alla Olivetti Digital Solutions il 1 gennaio 2016. E come tutte le fusioni che si rispettino, l’operazione ha naturalmente creato degli “esuberi” (anzi si può praticamente affermare che fusioni e cessioni si fanno proprio per tagliare dipendenti), la maggior parte dei quali finiti proprio in ACC, cancellando in un colpo professionalità costruite negli anni in cambio di una cuffia in testa e di condizioni di lavoro e retributive ribassate.
Sempre rimanendo dentro la storia Olivetti (sì quella del patrimonio Unesco), si avvia alla chiusura anche la sede di Ivrea della TBS IT dove era confluito un gruppo di lavoratori di Agile ex Eutelia (l’azienda anch’essa ex Olivetti fallita per bancarotta fraudolenta, lasciando senza reddito circa 200 persone solo a Ivrea). A luglio scorso con un’azione unilaterale la proprietà decide il licenziamento di 98 lavoratori, 30 dei quali a Ivrea pari al 50% degli occupati nella nostra città.
Passando invece a un’altra realtà appartenente alla storia delle imprese pubbliche, versa in grave crisi (come era facile prevedere) il CIC, Consorzio per l’Informatizzazione del Canavese, venduta nel 2015 dai soci pubblici, fra i principali il Comune di Ivrea, alla società privata CSP Spa. Fra i “regali” all’acquirente le commesse in essere per un periodo di tre anni, fino a dicembre 2018. Data che viene vista con preoccupazione dai lavoratori, anche perché alcuni sintomi di smantellamento già ci sono e le indagini del 2017 della Procura e della Corte dei Conti di Torino sulle privatizzazioni dei centri informatici piemontesi e gli ordini di custodia cautelare per frode fiscale nei confronti della presidente di CSP Claudia Pasqui del giugno scorso, purtroppo confermano i sospetti che l’operazione CIC non fu un’operazione imprenditoriale ineccepibile. E una parte di responsabilità, almeno politica, va intestata alle amministrazioni pubbliche che non hanno saputo gestire il Consorzio come un bene comune fino ad arrivare a svenderlo.
Questo accade nella nostra città, e quelli citati sono solo alcuni esempi e non stiamo parlando della sottoccupazione dei contratti di poche ore settimanali che più che una retribuzione ti danno un sussidio, della difficoltà degli over 50 di rientrare nel mondo del lavoro dopo essere stati espulsi dalle azienda che hanno chiuso o sono andate altrove, della precarietà dei lavoratori interinali e dell’usura del lavoro nei call center.
Ma se la nuova amministrazione continuerà a parlare solo con Confindustria, questa dirà loro che non è vero che manca il lavoro, che sono le professionalità a mancare … e partirà il solito racconto delle tante aziende loro associate che hanno difficoltà a trovare i profili che cercano… Invece di quello al lavoro dobbiamo aspettarci l’assessorato alla confindustria?

Cadigia Perini