Consigli di lettura per le festività

Come ogni anno, in occasione delle festività natalizie i redattori e le redattrici di varieventuali omaggiano i loro lettori suggerendo letture da “gustare” davanti al panettone

Seguendo la stella. Come fu che un tunisino sposò una ticinese
di Andrea Vitali
Garzanti, 2013
Consigliato da Cadigia Perini

Per la gioia di una bambina, la piccola Hende, figlia del borgomastro Hubert Hanke, un intero paese del Canton Ticino si mobilita per allestire una processione dei Re Magi come non è mai stata fatta prima.
Una piccola storia romantica, ammantata di freschezza e semplicità, dove assistiamo ai preparativi per la realizzazione, in un paese del Canton Ticino, di una vera e propria processione di Re Magi, con tanto di cavalli e soprattutto con quella che è la figura di spicco tra loro, il re Baldassarre, il magio dalla pelle nera. Un borgomastro un po’ vanesio, le sue belle figlie e la moglie, “la borgomastra” dalle origini bellanesi, il loro fido aiutante Hutric, riusciranno nell’intento di riprodurre perfettamente questo momento suggestivo conclusivo del Natale? Dal lontano Oriente, forse qualcuno è già in cammino e segue una stella che lo aiuterà a compiere il lungo percorso verso un destino già scritto nel cielo e verso il quale dirigere la propria vita.

Documenti, prego
di Andrea Vitali
Enaudi, 2019
Consigliato da Cadigia Perini

L’esistenza di un uomo qualunque trasformata in un incubo indecifrabile. Una realtà, o un delirio, che si vive assieme al protagonista, mentre davanti ai suoi occhi sfilano personaggi formidabili, comici e drammatici.
È notte. Su un’autostrada del Nord Italia industriale corre una macchina con a bordo tre funzionari di una ditta commerciale. Tornano a casa da un viaggio di lavoro, sono stanchi, nulla di strano che decidano di fermarsi in un autogrill per bere un caffè e comprare le sigarette; una breve sosta prima dell’ultimo sforzo. Ma in quella stazione di servizio, sotto gli occhi indifferenti dei camionisti assonnati e delle ragazze del bar, il destino aspetta uno di loro. Una leggerezza e una banale dimenticanza lo faranno precipitare nelle maglie di un meccanismo giudiziario impeccabile nella forma, efficiente nei metodi, implacabile nelle conseguenze.

Resteranno i canti
di Franco Arminio
Bompiani
consigliato da Francesco Curzio

Spesso la poesia è considerata materia ostica, troppo intellettuale, o troppo frivola o troppo alta. Eppure da più di 2000 anni è in mezzo a noi e si ostina a rimanerci. Per apprezzarla a scuola c’è bisogno di un insegnante sensibile e appassionato, e non tutti lo sono. Per incontrarla fuori bisogna imbattersi in poeti come Franco Arminio che parlano una lingua familiare, da tutti i giorni, che però scava sotto l’apparenza, guarda dietro, guarda oltre. Perché la poesia, sembra dire, ce l’abbiamo sempre intorno, bisogna solo saperla vedere.
Sto al sole,/ guardo la domenica/ della gente,/ mi chiamano per dirmi che sei morto,/ e torno spugna,/ legna, topo,/ niente.
Franco Arminio ha pubblicato libri e raccolta con diversi editori tra cui Bompiani (Resteranno i canti, 2018 e L’infinito senza farci caso, 2019), Chiarelettere (Cedi la strada agli alberi, 2017). Il fulminante Cartoline dai morti, ed. Nottetempo, 2017, raccoglie immaginarie dichiarazioni delle lapidi di un cimitero, come una moderna Spoon River. Ero andato dal fabbro. Stavamo parlando della ringhiera. Come si fa a credere in dio quando uno muore mentre sta parlando di una ringhiera?
Al termine di Resteranno i canti c’è un piccolo decalogo in 10 note, che inizia con 1: Quando scrivi devi mirare al centro della terra, lì dove non potrà mai arrivare la pagina di un libro, la carta di una caramella. 2: Ti restano due parole. Poi una sola. Spendila bene.
Fino alla 10: Il poeta è uno che si espone. Ai versi bisogna affidare cose che ancora non abbiamo confidato a nessuno. Altrimenti si fanno ombrelli, merendine.

Le città invisibili (1972)
di Italo Calvino
consigliato da Elia Curzio

Marco Polo, ambasciatore in terre lontane, descrive all’imperatore Kublai Kan le città che ha visitato durante le proprie esplorazioni. Sono presentati così 55 testi, ognuno su una città dal nome inventato, intervallati dai dialoghi tra Polo e Kublai.
Sembrerebbe un libro da leggere per rilassarsi, ma Le Città Invisibili è tutt’altro. C’è un momento nella lettura in cui ci si accorge che tutte le città, in modi diversi, si sottraggono al normale ordine delle cose. Ogni città riproduce un tratto del nostro mondo contemporaneo, in cui tutto può essere messo in dubbio, essere finzione. Ed è così dalla prima riga del libro: Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quello che dice Marco Polo. Il narratore stesso è inattendibile, scopriremo anzi che ha inventato ogni città.
Eppure, mentre le inventava, Polo ha guardato al mondo reale: queste 55 città esprimono il grande smarrimento dei nostri giorni, in particolar modo nella parte finale del libro. Perinzia, per esempio, è una città costruita seguendo scrupolosamente i calcoli degli astronomi, in modo che i cittadini beneficino della grazia degli dei; ma i cittadini nascono tutti mostruosi, storpi, gobbi, con tre teste. Altre città sono costruite sul modello dell’inganno, del simulacro, del sentito dire. Calvino suggerisce che nulla va come dovrebbe andare, che le certezze sono cadute, invita a guardare a fondo nelle cose. Le città invisibili ha una rilevanza estremamente moderna, cerca di fare capire che noi lettori siamo parte della creazione dell’illusiorietà, dell’inganno, della stagnazione, delle città infernali, e anche che abbiamo la possibilità di tirarcene indietro.

Un gioco da bambini
di J. G. Ballard
consigliato da i.s.

I morti sono già lì all’inizio del libro: sono 32 e sono tutti adulti, i ragazzi invece sono scomparsi.
Scoprire chi è stato è abbastanza semplice, perché in questa storia l’importante non è chi ma perché, lì sta il geniale sugo nel racconto dell’acuto, e discusso, scrittore.
E per capire perché, è fondamentale osservare il dove. Siamo nel 1988, al Pangbourne Village, vicino Londra: una enclave dove si vive apparentemente splendidamente isolati, protetti dal male che sta tutto fuori.
Ci sono guardie, ci sono cancelli, ci sono sbarre e telecamere, ma soprattutto c’è un amorevole, totale controllo interno: qui, nel nucleo protetto di ogni famiglia, tutto si condivide, i libri, i film, le imprese sportive. Si parla, si spiega, si comunica anche in rete (interna!), e su tutto regna una gran pace.
Una pace mortale, secondo Richard Greville, il consulente psichiatrico chiamato dalla polizia a risolvere il caso.
Che naturalmente lo risolverà. Lasciandoci un po’ sbigottiti, ma anche turbati. E sghignazzanti.

Rosaura alle dieci
di Marco Denevi
consigliato da Lisa Gino

Per i consigli di lettura di queste vacanze natalizie vado un po’ indietro nel tempo, non perché le recenti uscite editoriali non meritino, ma perché voglio rendervi partecipi di una scoperta. Qualche settimana fa mi è capitato tra le mani un romanzo strepitoso dal titolo Rosaura alle dieci, scritto dall’argentino Marco Denevi, pubblicato per la prima volta a Buenos Aires da Ediciones Corregidor nel 1955, da Sellerio nel 1996 con traduzione di Glauco Felici (grazie a lui conosciamo Osvaldo Soriano), appena due anni prima della morte dell’autore. Il romanzo, opera prima, conobbe sin da subito un grandissimo successo tanto che vinse il Kraft, prestigioso premio letterario argentino e venne tradotto in inglese e tedesco già negli anni 60. La trama è semplice e complessa allo stesso tempo: Rosaura viene uccisa la notte stessa del suo matrimonio. Ma chi sia Rosaura, quale la sua identità, la sua vicenda al lettore non sarà dato di sapere. Di lei chi legge avrà soltanto le versioni che danno gli ospiti della pensione La Madrileña, dove una sera è apparsa dal nulla. E saranno versioni in cui si riflette prettamente il carattere dei testimoni dei fatti. Tra tutte, una è decisiva e vera, ma non per questo più credibile. La storia è dunque raccontata attraverso le dichiarazioni di alcuni personaggi, rese al poliziotto che indaga sul delitto, in forma di flash back. I fatti sono identici ma raccontati da punti di vista e con conoscenze diverse: magistrali variazioni sul tema. Per prima racconta la signora Milagros, proprietaria della pensione, poi è la volta di David Réguel, uno dei pensionanti, per terzo il presunto assassino, signor Antonio Canegato, anche lui pensionante della signora Milagros, per ultima la signorina Eufrasia Morales. Conclude un frammento di lettera di cui non vi anticipo nulla. Ognuno racconta la sua storia e, come tale, è assolutamente verosimile. L’architettura dell’intreccio narrativo è il pezzo forte del romanzo, insieme alla caratterizzazione dei personaggi, sia quelli che raccontano sia quelli raccontati. La scrittura è talmente viva da farveli apparire davanti, immaginandone la voce, il viso e l’atteggiamento. Alcuni vi strapperanno risate, altri vi innervosiranno, altri ancora vi faranno tenerezza, quel che è certo è che alla fine avrete voglia di conoscerli davvero, di vederli in azione sul placoscenico di un teatro e vi augurerete che qualche compagnia teatrale ci faccia un pensierino (su youtube trovate il film in spagnolo). Marco Denevi, seppur con meno testi al suo attivo, può tranquillamente rientrare nella rosa di quei grandi scrittori sudamericani del suo tempo, quali Borges, Marquez, Soriano e Cortázar, che noi celebriamo tanto. Sicuramente il suo scrivere merita di essere inserito appieno nella categoria di coloro che vale la pena leggere e avere nella propria bibioteca.
Buone Feste con Rosaura alle dieci, dopo il panettone e la tombola è quel che ci vuole!

Fine pena: ora
di Elvio Fassone
edizione Sellerio
consigliato da Pierangelo Scala

Letture per le vacanze di Natale? Libri da consigliare? Niente di più difficile, niente di più azzardato. Un libro è un viaggiatore di carta in cammino sulla strada delle parole. A volte non basta un’intera vita per incontrarlo, a volte ti passa accanto e non lo noti, a volte lo incontri, lo leggi e non lo assimili, un’occasione che non cogli, un viaggio che ti perdi.
Ogni libro ha un suo momento per rivelarsi, ubbidisce a un tacito appuntamento con il tuo bisogno di felicità. Ho consigliato libri a persone che quasi mai hanno condiviso il mio entusiasmo, ho citato capolavori, anche su queste pagine, che, pur essendo universalmente conosciuti, non hanno suscitato che tiepide emozioni. Alcuni trattavano argomenti contrari al diffusissimo bisogno di leggerezza che pervade soprattutto lo spirito delle vacanze, libri che risultano ostici perché stimolano la scomodità dei pensieri.
Gli unici libri che funzionano, attraverso i consigli, sono quelli che si riferiscono ad un argomento condiviso, quelli che si possono suggerire in punta di piedi soltanto a persone di cui, più o meno, si conoscono gusti e tendenze.
Qualche giorno fa, dopo aver discusso sulle condizioni della carcerazione in Italia con una persona che fa opera di volontariato in quella realtà, la stessa mi ha regalato un libro scritto da Elvio Fassone, edizioni Sellerio, dal titolo: “Fine pena ora”.
Si tratta di un rapporto epistolare maturato, nel corso degli anni di detenzione, da un ergastolano pluriomicida con il suo giudice. Ventisei anni di corrispondenza tra i due, un lungo susseguirsi di lettere tra una persona libera e colta e un altra rea e condannata che, espiando la sua pena, prende gradualmente coscienza di una vita possibile e alternativa a quella criminale di cui si è reso protagonista. Il libro, scritto molto bene e con eleganza letteraria, stabilisce un filo di contatto, tra chi è dentro e chi è fuori, accorciando lo spazio di incomunicabilità tra due mondi che, nella comune percezione, si intendono irreversibilmente divisi.
Il libro è importante perché non trascura tutte le possibili obiezioni ai provvedimenti di attenuazione della pena previsti dalla legge anche per gli ergastolani sulla via del ravvedimento. Provvedimenti che, tra l’altro, spesso si arenano a causa di tecnicismi inerenti situazioni che non non dipendono dal condannato. Il Salvatore incarcerato, e protagonista della storia, dopo ventisei anni di buona condotta si vede annullare l’ennesimo beneficio solo perché, ad esempio, nel carcere è scoppiata una rivolta di cui non è minimamente responsabile.
I libro esplora un mondo di segregazione a cui si è tentati, come detto, di voltare le spalle, un mondo che si preferisce bandire dalle proprie considerazioni. E’ utile perché illumina un regno d’ombra verso cui è facile assecondare la tentazione del pregiudizio.
Non sarà un libro-panettone, ma se le vacanze contemplano anche la tipologia delle letture istruttive, e ci si vuole informare meglio su come vivono e si disperano i reclusi e di come ragionino le leggi, allora questo è sicuramente un testo consigliabile.