Dalle bare ai sarcofagi. Chi di panchina ferisce di panchina perisce?

Panchine in piazza Maretta. Sembra un tipico argomento agostano, un po’ futile, leggero, da spiaggia. E un po’ lo sarà, ma dietro a tutto questo c’è un problema invece serio: la mancanza oggi come ieri di una idea urbanistica della città, di quale Ivrea vogliamo negli anni venti del terzo millennio.

Lo stanno dicendo in diversi: nel 2018 le panchine “bara” della giunta Della Pepa in piazza del municipio scatenarono una rivolta popolare mai vista (nemmeno per le tante chiusure di aziende), si può dire che furono la buccia di banana che fece traboccare di vuoto il vaso che l’amministrazione di centro-sinistra (al di là del potenzialmente importante riconoscimento Unesco) non era riuscita – in particolare negli ultimi cinque anni – a riempire di idee.

Le panchine “provvisorie” di piazza Maretta rischiano oggi di far traboccare un altro vaso, quello dell’attuale giunta di centro-destra che per livello di idee per far tornare Ivrea la bella di carducciana memoria se la giocano alla grande con la precedente amministrazione.

Le due imprese (panchine bara e panchine sarcofago) hanno infatti due punti in comune: il mancato coinvolgimento e partecipazione di chi in quelle piazze ci abita, ci passa, si ferma, ci lavora (per dovere di cronaca dobbiamo dire che dopo le prime proteste per gli ingombri in piazza, la giunta ha promesso il coinvolgimento dei residenti, dei commercianti e dell’associazione “Fagiolata Benefica del Castellazzo” che utilizza piazza Maretta durante lo storico carnevale di Ivrea) e l’essere un intervento spot non inserito in un progetto globale di rinnovo urbano.

Piazza Maretta grida vendetta. Piazza Gioberti vorrei riaverti

Quello che sta succedendo in piazza Gioberti, Maretta per tutti, va però al di là del gusto personale che può far amare o odiare un certo arredo. L’errore di fondo, il dramma, è il non capire che quella piccola piazzetta, sbilenca, racchiusa fra edifici centenari, attraversata da via Guarnotta (Elio, partigiano), con il rumore della Dora in sottofondo, quella piazza è bella di suo, così al naturale. Ogni aggiunta, negli anni in tanti ci hanno provato, la offende, ne toglie l’incanto d’altri tempi. Possono essere inserite delle panchine, ma sul suo contorno, affinché chi decida di fare una sosta in questo antico scorcio della nostra città se la possa godere appieno. E naturalmente via le auto, niente parcheggi. In tutta Europa si tolgono i parcheggi nei centri storici, ad Ivrea fanno al contrario.

 

 

Il primo tentativo (foto La Voce)

Sì, lo sappiamo, l’amministrazione del sindaco Sertoli con il suo assessore all’arredo urbano, edilizia privata, lavori pubblici, manutenzioni, sicurezza e difesa del suolo, urbanistica, l’architetto Michele Cafarelli, ripete in ogni occasione, fino a scriverlo in cartelli appesi nella piazza, che la sistemazione dell’arredo è provvisoria (ed è il secondo tentativo, nel primo avevano piazzato direttamente le panchine sulle piattaforme di cemento).
Dicono che i sarcofagi (loro non usano questo termine, ma rende bene l’idea) con le panchine appese sono stati recuperati nei magazzini comunali, che le basi di cemento per raddrizzare i vasoni (sic) sono temporanei, che i parcheggi non potevano cancellarli. Ma se le premesse sono queste, la piazza è stata tranciata da questa fila di vasoni con terra ma senza piante, fioriere cilindriche sparse qua e là (senza fiori), e sei parcheggi in bella mostra, il timore di interventi umani inopportuni e abbruttenti è alto.

Ad ogni modo, anche se poco fiduciosi, aspettiamo la fase 2 (e dimentichiamo come si fa con gli incubi la 1) a settembre, quando l’amministrazione dichiara arriverà il progetto definitivo, concordato con chi vive la piazza (passanti frequenti e nativi trasferitisi purtroppo esclusi).

Dicevamo sembra un tema agostano, ma è più serio. Infatti l’amata piazzetta si apre al fondo di via Arduino, in epoca romana asse viario primario, il decumano massimo, con le sue vie secondarie e da una di queste lo scorcio del castello del Conte Verde, dalle rosse torri. Un incanto. Ma un incanto triste perché la metà degli esercizi commerciali hanno le serrande chiuse e non perché è Ferragosto. La città si spegne, non è linda, ha luoghi abbandonati, anche quelli costruiti da grandi architetti. Di ricaduta Unesco dopo tre anni non c’è quasi traccia, e noi stiamo qui a piazzare panchine provvisorie.

cp

 

Chiudiamo in poesia

Non riuscivamo a crederci.
E ci siamo dati appuntamento lì.
Lì dove io sono nata, sì sì proprio in piazza Maretta, loro ci hanno giocato, l’hanno vissuta di più.
Poi ci ho abitato da adulta.
Ok è temporanea.
Per me è come se l’avessero messa in coma farmacologico, in attesa che si riprenda.
Che riprenda a respirare da sola.
È una piazza complessa, perché ha molta personalità.
Difficile da normalizzare.
Bisognerebbe accettarla così come è, non cercare di cambiarla, di modificarne il carattere che è un misto di “burberità” e accoglienza.
Non sarà il cuore della città, ma sicuramente ne è un rene.
Facciamola filtrare in armonia e santa pace.

Miriam Perini (14/8/2021)