Dalle radici alle prospettive. Dalla storia della città una proposta per il futuro

Ivrea, diventata sito Unesco, si candidi ora a luogo di formazione e accrescimento del capitale umano attraverso un nuovo CFM 

 “La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”, Gustav Mahler

Lo scopo di questo scritto è far considerare quanto lungo possa essere un processo culturale perché giunga a dare dei frutti condivisi e riconosciuti e come occorra non considerare mai davvero concluso un percorso ma interrogare la realtà per cercarne una prosecuzione.
Il 1° luglio 2018, Ivrea ha avuto dall’Unesco il riconoscimento di essere un patrimonio culturale dell’umanità.
E’ un risultato che va riconosciuto al gruppo di lavoro fatto di persone di Enti diversi (Comune di Ivrea, Fondazione Olivetti, Fondazione Guelpa) testardamente sostenuti dall’amministrazione comunale del Sindaco Carlo Della Pepa.
Queste persone hanno sopportato per anni critiche, dileggi, maldicenze e stupidaggini varie: come succede spesso a chi percorre nuovi sentieri e, come pare, una certa Ivrea abbia riservato, a suo tempo, anche a Camillo: “ma ingegnere una macchina per scrivere? Ma chi la vorrà mai!?”
Dato a Della Pepa e ai suoi quel che è dovuto, credo di sapere chi, nel finire del 1998, vent’anni fa, disse che si poteva pensare di candidare Olivetti-Ivrea a patrimonio dell’umanità con il riconoscimento Unesco.
Per la precisione, rispondendo a una domanda di un giornalista, disse: “se diventerò Sindaca di Ivrea la prima cosa che farò sarà chiedere all’Unesco il riconoscimento di Via Jervis come patrimonio dell’umanità”.
Sappiamo che non è così semplice, ma credo sia stata la prima volta che quella ipotesi sia stata pronunciata.
A prometterla fu Gitana Scozzari, allora men che trentenne laureanda in medicina che non diventò sindaca nel dicembre 1998.
Come mai Gitana aveva quel desiderio? Perché è forse in quegli anni che inizia ad essere considerata l’esperienza Olivetti (che aveva imboccato una crisi sul piano produttivo e occupazionale che la stava portando alla quasi estinzione) come una esperienza di inestimabile valore umanistico, sociale, politico, in una parola: culturale.
Vi sono alcune sollecitazioni-provocazioni che giungono da fuori: Laboratorio Teatro Settimo produce un lavoro teatrale, “Camillo: alle radici di un sogno” che ri-mette in circolazione idee, aspirazioni, utopie che si realizzano.
L’Archivio Storico Olivetti fa sapere di voler svolgere un ruolo nuovo e più attivo; Eugenio Pacchioli e Bruno Lamborghini sono fra gli artefici dell’apertura di nuove prospettive.
A dicembre ’94 viene eletto Sindaco Giovanni Maggia, che credo si possa dire il maggiore studioso della storia di Camillo e Adriano, della fabbrica e della città, del lavoro e delle idee.
Ho avuto la fortuna di vivere da vicino un po’ di quel periodo dentro il Consiglio e la Giunta Comunale.
Ricordo con riconoscenza chi veniva a proporre e aiutava a realizzare diverse iniziative: le serate su “I poeti Olivettiani”  (Giudici, Scotellaro, Fortini, Bigiaretti, Sinisgalli) oppure la pubblicazione di uno splendido volume di fotografie di Gianni Berengo Gardin “Una città una fabbrica: Ivrea e la Olivetti”.
Ricordo che eravamo preoccupati di non cadere e suscitare nostalgie del passato e maledizioni del presente.
Speravamo che nell’eredità del passato ci fosse qualcosa che potesse servire al presente e al futuro.
L’dea del MaAM (Museo virtuale dell’Architettura Moderna) nasce in quegli anni
A fine ‘98, dopo tanto tempo riapre il teatro civico.
Il Teatro Giacosa viene riaperto con la presentazione del lavoro teatrale “Adriano Olivetti: Il sogno possibile” prodotto dal Laboratorio Teatro Settimo con finanziamento del Comune di Ivrea e collaborazione per ricerche storiche dell’Archivio Olivetti.
Archivio che era nel frattempo diventato una Associazione con la partecipazione del Comune, della Provincia, della Fondazione Olivetti e altri).
E poi la pubblicazione del volume “Le architetture Olivettiane a Ivrea” (Boltri, Maggia, Papa, Vidari – Ed. Cangemi per Fondazione Olivetti)
Insomma la tappa di oggi, con il riconoscimento Unesco, ha radici lontane e molti coltivatori della piantina.
Molti di più di quelli che cito in questo scritto: come dimenticare le “Spille d’oro”, per esempio?

Il riconoscimento Unesco rappresenta una tappa, un passaggio, non un arrivo.

Occorre evitare che si pensi a Ivrea futura come un luogo da visitare e basta: c’è molto da mostrare e da vedere, è vero; ma se non vogliamo diventare un luogo dei ricordi e della nostalgia è altro quello che deve nascere.
Nella storia industriale Olivetti rappresenta qualcosa di quasi unico perché tutto era orientato alla crescita della persona nella sua interezza.
La persona può essere lavoratore, genitore, figlio, consumatore, contribuente, …… cittadino.
Sempre e inevitabilmente è persona con un’aspirazione e un destino di crescita.
A questa crescita era orientato il “Sistema Olivetti”
Gli edifici, le fabbriche, le case, le sedi di servizi sono “prodotti” di quell’Idea al pari delle macchine per scrivere, per calcolare, per programmare, anch’esse belle e funzionali.
Prodotti di una impresa, di un imprenditore di idee, come recita una pubblicazione delle Edizioni di Comunità (Franco Ferrarotti –una testimonianza su Adriano Olivetti – Un imprenditore di idee)
Ora a me pare che fermarci a mostrare i “prodotti” sia come guardare il dito e dimenticare la luna che viene indicata.
Saremo felici se molte persone vorranno venire a vedere questo piccolo borgo che ha, anche nella vicinanze, tante altre cose belle da mostrare.

Ma perché non tornare al sogno già sognato?

Il sogno che divenne realtà fu quello di accrescere le conoscenze, e non solo professionali, delle persone.
Il simbolo di quella concezione fu il CFM Centro Formazione per Meccanici che diede cultura a centinaia di giovani; e non era solo un centro di formazione professionale: basterebbe ricordare il nome di un insegnante per capire che era molto di più. Il nome di Ferdinando Prat, un educatore.
Anche oggi arrivano giovani a Ivrea, da anni arrivano.
Oggi non sono più chiamati da una grande azienda. Arrivano spinti dalla speranza di una vita migliore, per sé, e per quelli che hanno lasciato in Africa o in Asia.
Perché, allora, non pensare a Ivrea (e anche al territorio) come alla città della crescita umana, dell’educazione, della formazione professionale di queste persone che sono risorse disconosciute, avvilite e sprecate come sono i migranti richiedenti protezione e speranza?
Arrivano con speranze, attese, disponibilità e hanno lasciato al “paese” persone che attendono aiuti.
Oggi non c’è la grande azienda che li ha chiamati e che offre formazione, crescita e lavoro; oggi occorre che altri offrano formazione e crescita professionale e che metta a disposizione risorse inutilizzate di cui, evidentemente non sappiamo cosa farcene: e saranno poi loro a inventarsi il lavoro!
Il nuovo CFM dovrebbe cambiare solo il significato della “M” non solo più Centro Formazione per Meccanici, ma Centro Formazione Migranti (meccanici, infermieri, agricoltori, pastori, allevatori, informatici, imprenditori, cooperatori, …)
E non sarebbe occasione di lavoro anche per chi vive da sempre qui?
Ivrea può candidarsi a questo? A che si spendano qui, in formazione e accrescimento del capitale umano, fondi italiani e dell’UE oggi destinati invece a mortificare speranze e disponibilità.
E’ possibile proporre una riflessione a Enti locali, associazioni datoriali e sindacali, della cooperazione, Università, agenzie formative e quelli che dimentico?

 Non abbiamo mai chiesto a nessuno a quale fede religiosa credesse
In quale partito militasse
O da quale regione d’Italia egli e la sua famiglia provenissero
Adriano Olivetti 24.12.1955

Armando Michelizza

P.S. senza alcuna pretesa che sia l’unica idea