Emergenza Covid-19: sindacati e consiglieri chiedono intervento delle istituzioni

In una situazione che vede la tenuta dell’ospedale di Ivrea solo grazie al lavoro professionale di tutti gli operatori sanitari, pur con ancora molte carenze in termini di personale e dispositivi di sicurezza, da più parti si chiede l’intervento più efficace della Regione e si fanno pressioni sul sindaco di Ivrea affinché si affianchi alle richieste degli operatori

In questi giorni il NurSind Piemonte (un sindacato delle professioni infermieristiche) ha invitato gli infermieri e gli operatori sanitari scrivere al Presidente della Regione Alberto Cirio e all’Assessore alla sanità Luigi Icardi, fornendo il testo campione della lettera, in considerazione del fatto che «oltre ai ringraziamenti e agli elogi che ogni giorno arrivano dagli esponenti dalla giunta, non arrivano ancora, oltre ai dispositivi di sicurezza ed un numero di assunzioni adeguate, proposte per riconoscere, responsabilità, rischi, disagi e sacrifici che dall’inizio di questa emergenza e chissà per quanto ancora dovranno sostenere infermieri e operatori sanitari.» Un silenzio assordante anche rispetto ad altre regioni che si sono attivate, sottolinea il NurSind. «Lanciare un messaggio a chi è in prima linea e non conosce orari, che si è ammalato, che non può abbracciare i propri cari da tempo, a chi inoltre mette a repentaglio la propria salute e quella della propria famiglia per sconfiggere questa emergenza, pensiamo sia un atto dovuto», conclude la nota del sindacato degli infermieri.

La situazione dell’ospedale di Ivrea

La situazione dell’ospedale di Ivrea è stabile, che in una pandemia è un dato quasi positivo. I reparti Covid-19 attivi sono quattro, anche se è già pronto un quinto, che però non può essere aperto per mancanza di personale. Nell’ultima settimana sono state inserite alcune infermiere nei reparti Covid,, ma in numero ancora molto al di sotto del necessario. Giornalmente vengono spostati infermieri da altri reparti per permettere i turni di riposo, per un’assenza, una malattia, ma è chiaro che non è questa la soluzione per una gestione ottimale dei reparti Covid né per la gestione dei restanti reparti che allo stesso modo devono rimanere aperti ed efficienti. Per quanto riguarda i DPI, dispositivi di protezione individuale, ancora gli operatori non hanno tutti gli strumenti di protezione, negli ultimi giorni sono arrivate le mascherine, ma sono ancora insufficienti i camici speciali (impermeabili) per i reparti infettivi. In questo quadro continuano a non esser fatti i tamponi agli operatori sanitari che lavorano a fianco dei malati di Covid-19. Il tema dei tamponi è critico per tutta la Regione.

Gli interventi politici

Sul tema della carenza di tamponi sono intervenuti sia il gruppo consigliare del PD che in un comunicato del 4 aprile denunciano «Da più parti viene segnalato come il numero di tamponi effettuati nella nostra città sia al momento ancora troppo basso. È necessario che il Comune richieda con forza che entro pochi giorni questo numero possa aumentare, dando priorità a tutto il personale sanitario che sta lavorando in prima linea e alle RSA presenti nella nostra città, anche per evitare che si verifichino situazioni critiche come quelle verificatesi in altri Comuni.»
E il gruppo consigliare del M5S, nel suo comunicato del 3 aprile, chiede al Sindaco Sertoli di intervenire presso la Regione «Dopo le dichiarazioni del Sindaco secondo il quale nella nostra città si sono fatti circa 90 tamponi, un numero assolutamente irrisorio anche in considerazione del fatto che il nostro comune accoglie strutture molto esposte e fragili come l’ospedale, il penitenziario, e le case per anziani, il M5S di Ivrea ritiene che sia giunto il momento di intervenire rapidamente per la sicurezza sanitaria di tutti i cittadini. Chiediamo al sindaco di farsi portavoce con la Regione Piemonte per un rapido cambio di rotta, al fine di attuare una politica di “tamponi a tappeto” nella nostra città e in Canavese», facendo riferimento in particolare ai tanti cittadini eporediesi e canavesani si trovano in quarantena senza conoscere la propria condizione di eventuale positività, altri, con lievi sintomi, potrebbero aver contratto il virus e non saperlo, mancano controlli sugli operatori sanitari esposti nel loro importantissimo lavoro di cura dei malati, e i necessari esami nelle strutture a rischio quali le residenze per anziani e la casa circondariale.