tratto da “L’anello forte” di Nuto Revelli
con Laura Curino e Lucia Vasini
drammaturgia, regia e video di Anna Di Francisca
musiche originali Paolo Perna
scene e costumi Beatrice Scarpato
realizzazione e collaborazione artistica ai costumi Alessandra Ochetti
fotografie Bruno Murialdo, Gloria Lunel e Wafaa El Khory
riprese video Quasar Multimedia
IL CONTATO DEL CANAVESE/TEATRO GIACOSA DI IVREA – TEATRO STABILE DI TORINO
in collaborazione con Fondazione Nuto Revelli; Archivi del Polo del ‘900; Archivio Nazionale Cinema Impresa – Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia
Nel centenario della nascita di Nuto Revelli, L’anello forte è un omaggio alle indimenticabili donne di cui l’autore ha raccolto le testimonianze.
Ruvide, ironiche, taglienti, esse si raccontano senza mai indulgere a compatirsi, anzi, cercano sempre l’aspetto divertente e paradossale delle loro vicende.
Alcune sono donne che si adeguano per forza alle ingiustizie della loro condizione, ma non stanno zitte e le denunciano ad alta voce.
Altre si ribellano e scelgono la libertà anche se significa scandalo.
L’anello, interpretato qui come segno di femminilità assoluta, lega la memoria di quelle che hanno lavorato nelle campagne e poi affrontato la rivoluzione dell’industria, muovendosi tra il desiderio di autonomia e libertà, gli impedimenti culturali e famigliari e il desiderio di garantire futuro a se stesse e ai loro figli. Storie struggenti e buffe, storie di soprusi ed emancipazione, raccolte in un Piemonte che irreversibilmente sta cambiando.
PROGETTO
Nel 2019 si ricorda il centenario della nascita e quindici anni dalla scomparsa di Nuto Revelli (1919-2004).
Da alpino prima e partigiano a capo della banda “Giustizia e Libertà”, Revelli si trasforma, nel dopoguerra, in scrittore e narratore degli orrori di cui è stato testimone e, in un secondo momento, si dedica in maniera molto originale e fedele alla ricerca sulla realtà piemontese, attraverso la raccolta di indimenticabili testimonianze.
Tutta la sua vita e le sue opere mettono in evidenza i grandi cambiamenti che avvengono nella società, dalla vita in campagna alla nascita del mondo operaio in città.
Tutto ciò, in particolare nelle testimonianze contenute ne L’anello Forte porta a un nuovo sviluppo dei ruoli degli uomini e delle donne.
Il tema del cambiamento diventa nel nostro progetto fortemente vivo e attuale, tanto da rendere questo spettacolo un’esperienza molto emozionante e di drammatica attualità. La donna è da sempre la componente forte e determinante della famiglia, ma anche quella che paga il prezzo più alto.
In prima persona le voci di donne che sono state l’anello forte della nostra società.
Ruvide, ironiche, taglienti, esse si raccontano senza mai indulgere a compatirsi, anzi, cercano sempre l’aspetto divertente e paradossale delle loro vicende.
La tenerezza viene mascherata con pudore e quando emerge commuove.
La gioia, quando c’è, è assoluta.
Nasce dalla fatica estrema e dalla necessità di combatterla con un’allegria esilarante.
Dopo ore e ore di fabbrica non si rinuncia alla balera.
Stremate dal lavoro, si canta.
Alcune sono donne che si adeguano per forza alle ingiustizie della loro condizione, ma non stanno zitte e le denunciano ad alta voce.
Altre si ribellano e scelgono la libertà anche se significa scandalo.
L’anello, interpretato qui come segno di femminilità assoluta, lega la memoria di quelle che hanno lavorato nelle campagne e poi affrontato la rivoluzione dell’industria, muovendosi tra il desiderio di autonomia e libertà, gli impedimenti culturali e famigliari e il desiderio di garantire futuro a se stesse e ai loro figli. Storie struggenti e buffe, storie di soprusi ed emancipazione, raccolte in un Piemonte che irreversibilmente sta cambiando.
Anna Di Francisca, autrice e regista cinematografica e televisiva, ha realizzato un testo che, partendo dalla selezione delle storie, racconta gli aspetti della condizione femminile oggi ancora attuali, come la ricerca di lavoro, tra la campagna e la fabbrica, in concorrenza agli uomini, la responsabilità dei rapporti familiari, la crescita dei figli.
Il nostro desiderio, insieme con gli eredi dell’autore, è quello di far vivere la figura di Nuto Revelli come giornalista di inchiesta ante litteram, dopo 15 anni dalla sua morte e nello stesso tempo raccontare la cultura del dopoguerra in Piemonte, regione che da sempre è terra di accoglienza di ondata migratorie. Queste comunità hanno accolto prima le donne che dal sud Italia venivano a sposarsi con i contadini piemontesi, poi gli emigranti dal meridione verso le fabbriche del nord ed oggi la terza onda, quella extracomunitaria.
Lo spettacolo utilizza musiche, documenti originali, fotografie, filmati d’archivio e filmati realizzati appositamente. La scena comprende i diversi linguaggi, mettendoli in risalto, senza appesantire lo spazio.