Quando:
8 Febbraio 2022@14:50
2022-02-08T14:50:00+01:00
2022-02-08T15:05:00+01:00
Dove:
Cinema Boaro
Ivrea

Prima proiezione del Cineclub Ivrea, edizione 60

martedì 8 (con orari particolari 14.50, 17.10, 19.30, 21.50)

e mercoledì 9 febbraio, ore 15,30 e 18

regìa Mario Martone / soggetto e sceneggiatura Mario Martone, Ippolita di Majo / fotografia Renato Berta / montaggio Jacopo Quadri / scenografia Giancarlo Muselli, Carlo Rescigno / costumi Ursula Patzak / interpreti Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Eduardo Scarpetta (II), Roberto De Francesco, Lino Musella, Paolo Pierobon, Giovanni Mauriello, Gianfelice Imparato, Iaia Forte, Roberto Caccioppo, Lucrezia Guidone, Elena Ghiaurov, Gigio Morra, Greta Esposito, Alessandro Manna, Marzia Onorato, Salvatore Battista, Aldo Minei, Tommaso Bianco, Nello Mascia, Benedetto Casillo, Francesco Di Leva, Giovanni Ludeno / produzione Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori per Indigo Film con Rai Cinema, in coproduzione con Mariela Besuiewsky per Tornasol / origine Italia, Spagna, 2021 / distribuzione 01 Distribution / durata 2 h e 12’

Agli inizi del ‘900, nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Il successo lo ha reso un uomo ricchissimo: di umili origini si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca che nel cuore del pubblico napoletano ha soppiantato Pulcinella. Il teatro è la sua vita e attorno al teatro gravita anche tutto il suo complesso nucleo familiare, composto da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo.

Dietro la maschera. Ad inizio ‘900 il re incontrastato del teatro napoletano (e italiano) è Eduardo Scarpetta. Inventore del teatro dialettale, attore e commediografo, sbanca il botteghino grazie al personaggio di Felice Sciosciammocca (Miseria e nobiltà), personaggio capace di far dimenticare Pulcinella al pubblico partenopeo.
Arrivista e ambizioso, il successo lo ha trasformato in un uomo ricchissimo: la simbiosi tra vita e teatro è massima, al punto che tanto sul palcoscenico quanto nel dietro le quinte gravita tutto il suo nutrito e complesso nucleo familiare.
Moglie, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi (tra i quali i mai riconosciuti Titina, Eduardo e Peppino De Filippo…), Scarpetta domina la scena e il focolare.
Fino a quando non decide di imbarcarsi in un azzardo, la parodia de La figlia di Iorio, tragedia firmata dall’allora vate Gabriele D’Annunzio: denunciato per plagio (prima causa sul diritto d’autore in Italia), dovrà far fronte ad un periodo in cui quel delicato equilibrio creato fino ad allora rischia di andare in frantumi.
Attraverso la ricostruzione d’epoca di un periodo storico cruciale del nostro paese, dal punto di vista politico culturale e sociale (decisiva in tal senso l’auto-arringa conclusiva del protagonista – nel 1908 – in cui si profetizzano i prodromi di quanto avverrà da lì a un decennio), Mario Martone prende in prestito dallo stesso Scarpetta la frase che fece apporre sulla facciata della sua Villa La Santarella: Qui rido io diventa allora “epigrafe” doppiamente simbolica con cui provare a rimettere ordine nell’infinito disordine entro il quale si muoveva l’artista e l’uomo.
Toni Servillo giganteggia nel restituire la dimensione di una maschera capace di sedurre le folle e governare il sempre più ingovernabile apparato del dietro le quinte, mentre intorno a lui uno stuolo di ben più che dignitosi comprimari (da Maria Nazionale a Cristiana Dell’Anna, da Gianfelice Imparato ad Antonia Truppo, da Eduardo Scarpetta – che interpreta Vincenzo, di fatto il suo bisnonno – a Roberto De Francesco e Lino Musella, rispettivamente Salvatore di Giacomo e Benedetto Croce) fornisce il necessario e ineludibile apporto per l’indispensabile impalcatura destinata a sorreggere l’intero impianto.
Teatralizzando inevitabilmente, ma non per questo togliendo smalto all’intreccio di dinamiche familiari disfunzionali e malinconiche, Martone regala momenti di grande spessore filologico e filosofico (la bagarre al Teatro Mercadante quando gli infervorati dannunziani si scagliarono contro la parodia messa in atto da Scarpetta, oppure l’incontro con Benedetto Croce, la cui perizia fu decisiva nel riconoscere quanto “la parodia fosse nell’arte perché già presente nella vita”, pur riconoscendo mediocre l’opera di Scarpetta) ma, soprattutto, ragiona sulle varie declinazioni del potere: quello delle nuove mode che impongono l’affermarsi di tendenze affini allo “spirito del tempo”, contrapposto a quello del capocomico-padrone che pretende di instradare la sterminata figliolanza a portare avanti il frutto del suo genio (senza però mai riconoscerne ufficialmente il legame di sangue).
Un’eredità che la storia poi non ha potuto far altro che riconoscere, e celebrare, proprio grazie alla successiva affermazione di uno dei più grandi e importanti autori teatrali del Novecento italiano, Eduardo (De Filippo). Che da bambino trascorreva le nottate a ricopiare le commedie di quel padre “non ufficiale”, e a scriverne di proprie.
(Valerio Sammarco)

Qui rido io racconta la figura di un divoratore, un predatore di donne, famiglia e palcoscenico, devoto al culto della risata e degli applausi, per lui fattore cruciale, il respiro che alimentava il suo successo e la sua felicità. Un film scandito da nascite e debutti, trionfi e fischi, invidie e rancori. Con il terrore del suo unico spauracchio, l’insuccesso, fragilità di ogni artista dipendente da un pubblico che interagisce durante le esibizioni. Sta arrivando il cinematografo, anche lui, a rovistare nel suo terreno di caccia, in cui è in cima alla catena alimentare. Martone dirige un’irresistibile commedia popolare, in cui il ridicolo “è il rovescio del sublime”, in grado di rappresentare brillantemente un’epoca di trapasso, con un attore in splendida forma, Toni Servillo, capace di passare da uno Scarpetta che recita a uno nella vita, quindi al cinema. Due tecniche diversissime, impossibili da mescolare come acqua e olio, ma che lui riesce a rendere un flusso continuo e indistinguibile. Solo di una cosa Scarpetta non riesce a ridere, del tempo che passa.
(Mauro Donzelli)

PREMIO FRANCESCO PASINETTI PER LA MIGLIOR INTERPRETAZIONE MASCHILE A TONI SERVILLO (PREMIATO ANCHE PER “È STATA LA MANO DI DIO DI PAOLO SORRENTINO” E “ARIAFERMA” DI LEONARDO DI COSTANZO) ALLA 78.ma MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2021); PREMIO FONDAZIONE MIMMO ROTELLA A MARIO MARTONE E TONI SERVILLO; PREMIO LA PELLICOLA D’ORO PER LA MIGLIOR SARTORIA CINETEATRALE ALLA SARTORIA TIRELLI.