Gli “allarmi” propagandistici sulla spesa pensionistica per mettere giovani contro anziani

Per ostacolare il processo di privatizzazione del sistema previdenziale, si possono e si devono affrontare seriamente i problemi di sostenibilità futura dell’INPS, senza strumentalizzazioni, intervenendo sulle evidenti “distorsioni” e istituendo una pensione di garanzia.

E’ veramente strano che quando titolati esperti parlano di pensioni non scavino mai nei bilanci INPS. L’ultimo “allarme” lo leggiamo sull’inserto di Repubblica Affari & Finanza dello scorso 24 dicembre, in un’intervista rilasciata da Tito Boeri: “di fronte ad una spesa pensionistica che continua a salire in rapporto al PIL bisogna alzare l’età pensionabile ….”
Ci risiamo. Senza polemica, vediamo di entrar nel merito dell’argomento.

Una prima considerazione: che l’INPS abbia problemi di sostenibilità non è una novità e chi legge ricorderà come di ciò se ne sia parlato, su questo giornale, nel gennaio del 2017 a seguito di un’iniziativa pubblica di CGIL e SPI di Ivrea sull’argomento … e non si era delle cassandre. Passiamo quindi ad alcune precisazioni:
Rapporto Spesa previdenziale/PIL: non é vero che sia attorno al 17% (come denunciato in passato dal “Sole 24ore”) in quanto in essa è inclusa la spesa assistenziale (pensioni di invalidità, pensioni/assegni sociali, ecc.). Se quest’ultima venisse scorporata vedremmo che l’incidenza della spesa previdenziale scenderebbe al 12,88% (media UE 12,20 %). Se scorporiamo poi, ancora, le tasse che i pensionati versano all’erario, la suddetta percentuale è ulteriormente destinata a diminuire.
• Pensioni erogate in decrescita: nel 2016 erano 18.136.850, nel 2021 sono 17.799.649

Esaminiamo alcuni tra i principali fondi dell’INPS.
Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti
◦ Situazione Patrimoniale 2020: – 99,788 mld € (rapporto attivi/pensionati 1,76)
◦ Situazione patrimoniale FGPT (Cassa Integrazione, maternità, ecc.., anche qui confluiscono i contributi dei lavoratori dipendenti) +200,648 mld €
◦ Situazione patrimoniale totale dei fondi dei lavoratori dipendenti (somma algebrica delle 2 precedenti voci) +100,860 mld € (+104,351 mld € nel 2019).

Un attivo importante nonostante i risultati negativi attribuibili ai fondi di INPDAI (dirigenti), Elettrici, Telefonici, Trasporti (per queste ultime 3 categorie occorre ricordare il “contributo” dato dai prepensionamenti a seguito delle privatizzazioni, in cui non venne presa in considerazione la spesa di ricaduta sugli oneri previdenziali).
Infatti: il Fondo INPDAI, da solo ha una situazione patrimoniale: – 44,78 mld € (rapporto attivi/pensionati 0,19).
• Il caso EX INPDAP
◦ Situazione patrimoniale – 36,267 mld € (nel 2012 la cassa dei lavoratori dipendenti pubblici è stata incorporata nell’INPS portando in dote un debito enorme per i mancati versamenti contributivi da parte degli enti pubblici interessati).
• FONDO PARASUBORDINATI:
◦ Situazione patrimoniale: + 137,778 mld €
◦ Iscritti: 1.326.000 di cui 930.000 collaboratori e 396.000 liberi professionisti.
È il fondo tra gli autonomi che con il suo attivo salva tutti gli altri fondi di questa categoria.
• FONDO ARTIGIANI
◦ Situazione patrimoniale: – 81,277 md € (rapporto iscritti pensioni 0,88)
• FONDO COMMERCIANTI
◦ Situazione patrimoniale: – 18,720 md € (rapporto iscritti/pensioni 1,39)
• FONDO CD-CM (coltivatori diretti e mezzadri)
◦ Situazione patrimoniale: – 92,427 md € (rapporto iscritto/pensioni 0,38)

E veniamo ai versamenti (aliquote contributive) relativi ai fondi in questione:
• i lavoratori dipendenti versano il 33% di cui 1/3 trattenuto in busta paga e 2/3 versati dal datore di lavoro. In realtà, questi 2/3 sono da considerare reddito in quanto il datore opera come “sostituto d’imposta” (riscossore) per i propri dipendenti e così sono definiti internazionalmente (vedere Eurostat ed ISTAT).
• I parasubordinati versano mediamente il 33%
• i lavoratori autonomi versano, oggi, il 24 % (precedentemente il 22% su un reddito figurativo annuo. Nel 2015 era 15.000 €).
* dati rilevati da una elaborazione dello SPI Piemonte del bilancio INPS 2020

Queste sono solo alcune evidenti “distorsioni”, ma l’analisi potrebbe proseguire.
Affrontare seriamente i problemi di sostenibilità futura dell’INPS, senza strumentalizzazioni, significa prendere atto e cercare di risolvere questa situazione puntando ad una omogeneizzazione oppure separando le diverse casse e, dentro di esse, cercar di risolvere le situazioni beneficiarie. Che non significa perseguire soluzioni “punitive”, ma, nella prospettiva e con le opportune gradualità, puntare ai pareggi di bilancio. Comunque iniziare a parlarne e a discuterne trovando realistiche strade, senza nasconderlo alla pubblica opinione.
E smetterla una volta per tutte con la oramai vergognosa retorica e propaganda che mette anziani (visti come colpevoli del presunto sperpero in anni passati) contro giovani.
A tal proposito, quegli autorevoli giornalisti (una minoranza fortunatamente ma di peso) che puntano il dito indignati dovrebbero chiedersi come mai la loro Cassa previdenziale è finita in deficit, “scaricando”, come sta avvenendo, quanti hanno un rapporto di lavoro dipendente e i precari/free lance rispettivamente nel Fondo Lavoratori dipendenti gli uni e nel Fondo Parasubordinati gli altri. Lasciando però nel Fondo autonomo i “professionisti” che mantengono così i loro attuali livelli pensionistici, sicuramente non di fame. E’ questa la morale solidaristica che molti di loro predicano?

• Che dire poi di quanto le donne pensionate siano penalizzate rispetto agli uomini? Solo qualche dato per dare un’idea dell’argomento: Le donne rappresentano il 52,9% dei beneficiari delle prestazioni pensionistiche, ma la spesa destinata alle donne si ferma al 44,2%. I dati riferiti alle pensioni di vecchiaia, anzianità e prepensionamento del 2020, mostrano che, escludendo la gestione dei dipendenti pubblici, l’importo medio dei trattamenti delle donne è circa la metà rispetto ai trattamenti degli uomini. Per non parlare poi delle donne lavoratrici la cui instabilità occupazionale incide ed inciderà fortemente sulle future prestazioni pensionistiche (ad es., le lavoratrici piemontesi che hanno un impiego part time, e dichiarano di svolgerlo perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno, sono il 19,7% a fronte di un 5,9% rilevato per la componente maschile degli occupati.

• In ultimo, ma non per ordine di importanza, che dire sull’andamento delle entrate dell’INPS? La consistente persistenza di lavoro precario, ad intermittenza, ecc., i bassi salari italiani (ricordo che, secondo l’OCSE i salari medi annuali italiani sono diminuiti del 2,9% nel periodo 1990-2020, unico caso in Unione Europea) comporta un calo dei contributi in ingresso (altro che sostenibilità!) con la prospettiva di vedere, per i giovani e per tutti i precari, molto lontano il raggiungimento dei requisiti per la pensione (secondo una recente proiezione OCSE l’età pensionabile arriverebbe a 71 anni) e con prestazioni monetarie da fame. Di qui, tra l’altro, la giustezza della proposta di CGIL – CISL -UIL di una pensione di garanzia che in qualche modo metta un freno a tale situazione.

• Voglio ricordare, infine, solo la grande funzione di ammortizzatore sociale che le pensioni hanno, soprattutto in questi ultimi anni e con le attuali condizioni lavorative.

In conclusione mi domando se la Sinistra in generale, e quella di Governo in particolare, se la sentono di affrontare questi nodi che, al di là di qualche mia possibile imprecisione, comunque sussistono.
Navigare a vista su un tema come la sostenibilità dell’INPS, “rattoppando” per quanto possibile di volta in volta, può facilitare lo strisciante (in realtà sempre più manifesto) processo di privatizzazione del sistema previdenziale italiano. E se questo lo sommiamo all’analogo processo nella Sanità Pubblica ed alla “questione fiscale”, non ci si stupisca poi se alle elezioni si registrano alte percentuali di astensionismo e si raccattano voti nei centri storici e non nelle periferie delle città…. a proposito di rappresentatività sociale.

Giuseppe Capella