Il 10 giugno di trent’anni fa: 6 persone morte e 40 ferite nel disastro ferroviario all’imbocco della galleria di Caluso

Il racconto e le rivelazioni di un protagonista della lunga e cruenta battaglia che ha portato alla cacciata del Genio Ferrovieri e alla messa in sicurezza della Chivasso–Ivrea–Aosta

Pomeriggio del 10 giugno 1992. Un temporale si abbatte nella zona del basso Canavese. Niente di eccezionale, ma quanto basta a far mancare la corrente elettrica nella zona e anche ai semafori e alle apparecchiature che regolano il traffico dei treni intorno a Caluso.
In questi casi, la norma ferroviaria prevede che il traffico venga regolato attraverso telefonate tra stazioni contigue (in gergo ferroviario Blocco Telefonico) per assicurarsi che ciascun treno in linea possa partire verso la stazione successiva avendo i binari liberi.
Grazie a due telefonate tra i capistazione, il locale che da Candia va verso Caluso parte e però, uscito dalla galleria, si trova il semaforo inaspettatamente acceso sul rosso. I due macchinisti devono fermare il treno. In quei pochi minuti era tornata la corrente elettrica e, per intrinseca sicurezza, in questi casi i segnali ferroviari si posizionano sul rosso. Ma anche le normali apparecchiature di regolamentazione del traffico (in gergo ferroviario Blocco Elettrico-manuale) erano tornate in funzione.
Passano altri pochi minuti. Da Rodallo sta arrivando a Caluso un treno diretto che è programmato per arrivare a Ivrea senza fermate intermedie. Il capostazione di Caluso, utilizzando i comandi delle apparecchiature del Blocco Elettrico-manuale, chiede al capostazione di Candia il consenso per mandare su il treno, e quello di Candia gli risponde tramite l’apparecchiatura confermando il via libera.
All’imbocco della galleria lo schianto con il locale.
Come è possibile che due ragazzi che si sono scambiati telefonate alcuni minuti prima si dimentichino di aver lasciato un treno fermo sui binari tra le due stazioni? Può succedere? Oppure c’è qualcosa che ha provocato la dimenticanza?
Il magistrato avrebbe dovuto accertarlo. Se non lui, il processo. Ma era molto più semplice e comodo non indagare, scaricare la colpa sui due ragazzi, militari del Genio Ferrovieri, che patteggiando al processo se la sono cavata senza un interrogatorio, con una pena minima coperta dalla condizionale, e senza che si capissero le vere responsabilità della morte di 6 persone, del ferimento di altre 40, alcune delle quali hanno riportato invalidità permanenti.
Mi hanno chiesto di scrivere in occasione di quella sciagura di 30 anni fa. Devo confessare che già non mi piacciono le commemorazioni, e ancor meno se mi riportano alla mente persone che conoscevo, a cui volevo bene, che hanno interrotto la loro esistenza in quel maledetto giorno.
E allora permettetemi di ricordare questo disastro rivelando due fatti che all’epoca, per ragioni diverse, o non sono state divulgate, oppure sono state volutamente tenute riservate.
La prima rivelazione.
Con il Blocco telefonico, cioè lo scambio di telefonate tra i capistazione per instradare i treni tra una stazione e la successiva, viene compilato un registro nel quale si annota: l’ora della telefonata, chi la fa, chi la riceve, per quale motivo, la firma di chi ha operato. Questo, ovviamente, in ciascuna stazione.
Bene. A Candia il registro è a posto. A Caluso invece no! A Caluso le firme, teoricamente poste dalla stessa persona, sono PALESEMENTE MOLTO DIVERSE. E questo spiega come si fa a dimenticare un treno. Solo che gli atti processuali si sono potuti vedere solo a processo finito.
E la domanda è spontanea. Il Procuratore titolare dell’inchiesta non si è accorto che due persone diverse hanno firmato con lo stesso nome?
Negli anni successivi c’è stato un lungo andirivieni di carte processuali al Tribunale di Ivrea. Noi dell’Associazione Utenti Ferrovia chiedevamo che l’inchiesta approfondisse l’accaduto per individuare altre responsabilità del disastro, oltre ai due genieri capistazione di Candia e Caluso quel pomeriggio che si sono presi la colpa. Chi altri c’era in stazione a Caluso? Cosa facevano in quei minuti i marescialli al comando delle due stazioni? Quali responsabilità avevano le FS e il Genio Ferrovieri nell’aver affidato a ragazzini in addestramento la sicurezza dei passeggeri, decidendo che la linea fosse gestita con apparecchiature obsolete ed insicure, dove tutto era affidato alla capacità degli operatori senza alcuna protezione intrinseca che prevenisse l’errore umano?
Più volte gli atti sono stati rimandati al Procuratore della Repubblica perché approfondisse le indagini, ma costui, ogni volta, rispondeva che non c’era nulla da approfondire!
La seconda rivelazione.
Certo, grazie all’impegno di tanti, dopo quella maledetta sciagura siamo riusciti a cacciare la scuola del Genio Ferrovieri dalla Chivasso – Aosta. Ragazzi intorno ai vent’anni che imparavano a far andare i treni sulla pelle dei passeggeri. Siamo riusciti a far mettere in sicurezza la linea con l’installazione di sistemi di controllo del traffico più moderni ed evoluti, che allora non si potevano usare solo perché le scuole devono ben iniziare dalle elementari, non certo dall’università! Siamo riusciti a far elettrificare la linea tra Chivasso e Ivrea, e presto partiranno i lavori per elettrificare anche tra Ivrea e Aosta.
Ma tutto questo era subordinato alla cacciata del Genio Ferrovieri. Che è stata ottenuta con il concorso di tanti: l’Associazione Utenti, gli Enti locali, le organizzazioni sindacali, gli organi di informazione, i parlamentari di tutti i partiti politici, l’opinione pubblica più in generale.
Ma ha contribuito molto un’altra cosa, tenuta forzatamente riservata questa volta proprio da noi. Un giorno di poco meno di trent’anni fa alcuni ferrovieri sono andati in un ufficio giudiziario a Torino a raccontare in che modo si entrava nel Genio Ferrovieri, spiegando che la selezione dei concorrenti a questo ambito traguardo avveniva pagando una certa quantità di milioni (le vecchie lire) al maresciallo giusto. Il ricavato veniva poi spartito con il collettore dell’organizzazione dei marescialli e con il comandante generale del Corpo del Genio Ferrovieri.
Il procuratore di Torino avviò l’indagine, fece i necessari controlli bancari, individuò chi gestiva il traffico delle mazzette e chi ne traeva i benefici, e li rinviò a giudizio.
Anche in questo caso il processo si concluse con patteggiamenti, ma nel patteggiamento erano comprese le dimissioni dal Genio Ferrovieri! Arma che esiste ancora, ma è definitivamente scomparso il 2° Battaglione Esercizio linee, cioè non gestisce più alcuna linea ferroviaria.
Una precisazione. Entrare nel Genio Ferrovieri era così ambito perché, al termine dei tre o quattro anni di rafferma, dopo un esame pro forma, si passava alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato. E per molti anni, prima del 1992, il transito nel Genio era praticamente l’unico modo per entrare in FS.
Avrete capito che chi andò a farsi interrogare da quel magistrato rischiava moltissimo, ed è questa la ragione per cui non venne data alcuna pubblicità a questa iniziativa.
Avrete notato che non ho fatto alcun nome in questo articolo. Se interessano, contano i fatti. Sono passati 30 anni da quei giorni e da quelle dure vicende, e sarebbe inutile suscitare passioni e polemiche.
Ciò che conta è che, al di là delle alterne vicende di una difficile impresa iniziata più di 30 anni fa, quando un manipolo di persone iniziarono a lavorare per ottenere una ferrovia efficiente, l’obiettivo più importante sia stato ottenuto per intero: quello della sicurezza delle persone che salgono sui treni della ferrovia Chivasso – Ivrea – Aosta.

Agostino Petruzzelli