Il potere delle parole

Cronache elementari

Quando ero una bambina – e ancora non sapevo che avrei fatto la maestra – le parolacce che si usavano di più nella mia scuola erano quelle che potremmo definire basic: cretin*, stupid*, scem*.
Se un amico ti offendeva c’erano frasi prèt-à-porter di facile utilizzo: Non mi hai fatto niente, faccia di serpente – Non mi hai fatto male, faccia di maiale – Chi lo dice lo è cento volte più di me.
Probabilmente, in contesti diversi dal mio, le cose andavano diversamente, e volavano parole anche più pesanti.
Ora che sono maestra noto spesso, nei bambini, due tipologie di atteggiamenti.
Tipologia A: alunni totalmente incapaci di reagire di fronte a un’offesa o a un insulto. Per loro la soluzione è ricorrere sistematicamente all’intervento dell’adulto di riferimento.
Tipologia B: alunni iper-reattivi, che insultano pesantemente anche per una minima cosa, arrivando a coinvolgere nelle loro invettive anche i familiari stretti del malcapitato cui si rivolgono.
Anni fa ho avuto la fortuna d’incontrare sul mio cammino la Comunicazione Nonviolenta di Marshall Rosenberg e ne sono rimasta affascinata. Molti dei problemi di noi esseri umani dipendono da una difficoltà di comunicazione. Con noi stessi e poi con gli altri.
Mi domando quante cose cambierebbero se imparassimo a conoscerci e ad ascoltarci fin da bambini, a comprendere i nostri bisogni e a distinguerli dai desideri. Potremmo legittimarci da subito a esprimere con naturalezza le nostre emozioni e sentimenti, ad avere empatia prima di tutto verso noi stessi per aprirci poi agli altri.
Per Rosenberg nei bambini è innato il linguaggio della Giraffa, il linguaggio del cuore. Il linguaggio che viene loro insegnato, invece, è quello della mente, che pretende di sapere chi è e che cos’è la persona.
È il «linguaggio dello Sciacallo», in cui la testa è così impegnata ad analizzare che cosa e chi sono le persone, da rendere estremamente difficile il mettersi in contatto con le sensazioni del cuore. Spesso lo Sciacallo parla con voce gentile e suadente, convincendo noi stessi o gli altri di non avere valore, di non meritare amore e cura, di essere sbagliati. Quella che Rosenberg propone è una tecnica, uno strumento – uno tra i molti, perfettibile e non sempre attuabile – ma che ha il grande merito di portarci a riflettere su ciò che oggettivamente accade, per poi andare a fondo nel sentire le emozioni che suscita dentro di noi, inevitabilmente legate ai nostri bisogni e sentimenti. L’ultimo passaggio consiste nell’esprimere con chiarezza delle richieste, senza pretenderle, e nel ricevere empaticamente le richieste dell’altro, senza sentirvi un obbligo, per una relazione autentica ed una vita reciprocamente più ricca e piena.
Quando ho spiegato ai miei bambini come parla la Giraffa e quali parole usa lo Sciacallo, hanno capito subito. Hanno colto che non ci sono bambini Giraffa o bambino Sciacallo, ma che quelle due voci sono dentro a ognuno di noi e vanno entrambe ascoltate e comprese. Per loro il passo più difficile è stato rendersi conto di quanto siano, a volte, aggressivi e giudicanti verso se stessi, di quante volte le parole dello Sciacallo siano proprio quelle che rivolgono a loro stessi, ogni volta che dicono: «È stata colpa mia, sono cattivo, non so fare nulla, non valgo niente».

Mi sento così condannata dalle tue parole,
mi sento giudicata e allontanata,
prima ancora di aver capito bene.
Era questo che intendevi dire?
Prima che io mi alzi in mia difesa,
prima che parli con dolore e paura,
prima che costruisca un muro di parole,
dimmi, ho davvero compreso bene?
Le parole sono finestre, oppure muri.
Ci imprigionano o ci danno libertà.
Quando parlo e quando ascolto,
possa la luce dell’amore splendere attraverso me.
Ci sono cose che ho bisogno di dire,
cose che per me significano tanto,
se le mie parole non servono a chiarirle, mi aiuterai a liberarmi?
Se sembra che io ti abbia sminuito,
se ti è parso che non mi importasse,
prova ad ascoltare, oltre le mie parole,
i sentimenti che condividiamo.

Ruth Bebermeyer

Betta Dolcemiele – Maestra

Di Marshall Rosenberg, Le parole sono finestre, oppure muri; Parlare pace; Il linguaggio Giraffa.