Incontro all’ANPI – “C’è chi dice no. Cittadini comuni che hanno rifiutato la violenza del potere”

In occasione della presentazione del libro del Professor Amedeo Cottino l’ANPI organizza, ad Ivrea, un incontro sul tema: “è possibile opporsi alla violenza del potere?”

E’ previsto per venerdì 3 novembre, alle ore 18.00, alla sede ANPI d’Ivrea, in via Dora Baltea 1 l’incontro di presentazione del nuovo libro del Professor Amedeo Cottino, Ordinario di Sociologia del Diritto all’Università di Torino dal titolo: “C‘è chi dice no. Cittadini comuni che hanno rifiutato la violenza del potere“, la cui prefazione è curata da Marco Revelli. E’ infatti possibile opporsi alla violenza? E’ possibile rifiutarla nelle condizioni in cui si trovò l’Europa sotto il giogo nazista durante l’ultima guerra? Cittadini comuni ed interi paesi seppero farlo; altri chinarono semplicemente la testa.
Condurra l’incontro il Professor Franco di Giorgi.

In questo saggio l’autore delinea una sorta di fenomenologia della coscienza umana in rapporto a una archetipica Scena della Violenza. Questa Scena non è duale, non si regge cioè sulla semplice contrapposizione dialettica bene-male, luce-tenebre, vittima-carnefice.
Essa presuppone sempre la medietà di un Terzo, il quale è sempre presente anche quando è di fatto assente e quindi svolge il suo ruolo nell’anonimato.

«L’Esecutore [della Violenza] – inoltre, scrive lo studioso – non è necessariamente un soggetto individuale (..). La violenza può essere esercitata da strutture e cioè da soggetti, per definizione, acefali» (p. 54). Le Vittime, dal canto loro, spesso «ignorano di esserlo».
Cottino a tal proposito porta l’esempio eclatante dell’industria dell’amianto in Italia, l’Eternit di Casale Monferrato, o quello della Thyssen Krupp di Torino.

Nella categoria del Terzo rientrano anche delle sotto-categorie, sia dalla parte del carnefice sia da quella della vittima. Dietro al carnefice si nascondono il mandante o i mandanti, i quali perlopiù manovrano dietro le quinte. Dietro alla vittima c’è non solo una sfuggente e defilata schiera di “collaborazionisti” (il Cieco, il Servo, il Pavido, l’Indifferente), ma anche tutta una cultura che ne giustifica e legittima il ruolo. A determinare la varietà delle sotto-categorie all’interno della categoria del Terzo è la capacità di mantenere alta o bassa l’asticella della compassione o della pietà, da cui deriva la possibilità o l’impossibilità di riconoscere la Scena della Violenza.

Una volta riconosciuta, tuttavia, ci sono “uomini comuni” che dicono di sì, che acconsentono ad essa, scegliendo per il male, e “uomini comuni” che, viceversa, dicono di no, scegliendo per il bene. Un tale riconoscimento della Scena archetipica della Violenza può essere individuale o collettivo.

Il riconoscimento collettivo, ad esempio, è quello dei cittadini danesi e francesi che, in virtù di tale presa di coscienza, si sono opposti agli ordini dei nazisti occupanti.
Il riconoscimento individuale presenta una varietà di casi specifici. Claude R. Eatherly: «il pilota che ha guidato il bombardiere nell’attacco atomico a Hiroshima, in cui perirono 200.000 persone» (Introd.); dopo aver preso coscienza dell’Altro all’interno della Scena di Violenza, Eatherly cominciò a «inviare denaro alle organizzazioni dei sopravvissuti al bombardamento» e a denunciare pubblicamente l’«orrore di cui è stato inconsapevolmente complice» (ivi). Il soldato tedesco Joseph Schultz, membro del plotone che nel momento dell’esecuzione ha voluto «condividere il destino dei partigiani jugoslavi condannati a morte» (ivi). Traudl Junge, la segretaria personale di Hitler che – al contrario dei fratelli Scholl – «abbagliata dalle luci del potere, si rifiutò ostinatamente di vederne le ombre» (p. 103). Hans Fallada, lo scrittore tedesco che, pur non riuscendo ad opporsi alle richieste del nazismo, alla fine, dopo la guerra – al contrario di Martin Heidegger – prese coscienza della brutalità di quel regime dittatoriale. Shlomo Venezia, l’ebreo italiano che lavorò all’interno di uno dei crematori di Auschwitz, e che, pur essendo ben consapevole della mostruosità del suo ruolo all’interno del Sonderkommando, in qualche maniera, per quanto gli era possibile fare all’interno di quel luogo infernale, si opponeva a quella Violenza pura.

A cura del professor Franco Di Giorgi