Incontro all’ANPI – Un eterno ritorno? Cos’è il neofascismo 2.0

Venerdì 16 marzo, alle ore 18.00, presso la sede dell’ANPI di Ivrea in via Dora Baltea lo storico Claudio Vercelli parlerà di neofascismo 2.0

Cari amici, nel merito dell’avanzata delle destre in Italia (e non solo) l’Anpi è impegnata nel combatterla e riaffermare l’antifascismo che solo può salvare la democrazia e le nostre libertà. Mettiamo in gioco la Memoria storica ed il valore della Costituzione. E’ però indubbio che sia necessario conoscere e comprendere ciò che si vuole affrontare, altrimenti risulteremo deboli e inefficaci nella nostra azione. Importanti sono quindi le analisi su questo fenomeno. Per questo non dovete assolutamente perdere l’incontro che vi proponiamo: venerdì 16 marzo, alle ore 18.00, presso la sede dell’ANPI di Ivrea in via Dora Baltea lo storico Claudio Vercelli parlerà di neofascismo 2.0 e fascistizzazione dal basso.

«… Il giro di boa, non a caso, avvenne in un primo momento negli anni Novanta, quando a fronte del crescere della «destra di governo» che raccoglieva le spoglie del Movimento sociale italiano, si andava accompagnando l’emersione, violenta e subitanea, del fenomeno dei cosiddetti «naziskin». Nell’approssimativo e seducente linguaggio del giornalismo il termine si incaricava di indicare (e circoscrivere) la presenza di quei giovani che appartenevano a gruppi neonazisti e neofascisti, dediti a un linguaggio aggressivo e a condotte violente, ossessivamente attratti dal ricorso all’intimidazione e alle pratiche intolleranti contro gli appartenenti alle minoranze di colore e non cristiane. Il medesimo atteggiamento era riservato agli omosessuali e ai tossicodipendenti, altre due categorie bersaglio poste alla sommità dei loro deliri ideologici. Il tratto distintivo dei «naziskin» – in Italia manifestatisi come fenomeno soprattutto mediatico nel 1993, l’anno in cui Berlusconi offriva il suo generoso assist alla candidatura di Gianfranco Fini come sindaco di Roma, anticipo della sua imminente «scesa in campo» – era l’esprimere non solo una specifica collocazione politica ma soprattutto il farlo attraverso il ricorso ai simboli della subcultura skinhead: tatuaggi, testa rasata, giubbotto bomber, magliette polo, jeans attillati, stivaletti anfibi, insegne e decorazioni con rimandi alla tradizione celtica…».

Mario Beiletti